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LA VISIONE

Luigi Moio: “per il vino del futuro servono scienza, conoscenza e approccio multidisciplinare”

Le riflessioni del presidente Oiv (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), nel Congresso Mondiale n. 45, a Digione (14-18 ottobre)

Studiare e condividere conoscenza, ancora più di oggi, con un approccio sempre più multidisciplinare per rispondere meglio a questioni complesse, perché il vino - che è un vettore di cultura, così come berlo è un atto culturale - in futuro, sia sempre di maggiore qualità, nonostante l’impatto sempre più sensibile del cambiamento climatico e dei suoi effetti, per avere una viticoltura sempre più mirata e funzionale a quello che si vuole produrre, e perché quello che finisce nel calice sia il riflesso del territorio, in maniera sempre più puntuale. Passa da qui il futuro del vino mondiale secondo Luigi Moio, presidente Oiv (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), come ha spiegato lui stesso, nel discorso che, a Digione, ha aperto il Congresso Oiv n. 45 (di scena da ieri al 18 ottobre, nel quadro dei festeggiamenti per i 100 anni dell’“Onu del Vino” (1924-2024).
Il professor Moio, che, nel suo discorso, ha ripercorso la storia dell’Organizzazione e sottolineato il valore fondamentale di questo organismo per la crescita scientifica del settore, ma anche per la sua tutela culturale, guardando al futuro, ha sottolineato che “il Congresso è, per me, il cuore pulsante della cooperazione scientifica internazionale. Questo è il terreno della ricerca e della conoscenza che alimentano le attività Oiv. Riunisce, ogni anno, tra i 500 ed i 700 ricercatori e professionisti della vigna e del vino da cinque diversi continenti. Quest’anno il tema, scelto dalla Francia, “la vigne et le vin: un patrimoine innovant face aux défis du siècle” (“la vigna ed il vino: un patrimonio innovativo di fronte alle sfide del secolo”, in italiano), mi è sembrato molto pertinente ed attuale. Questo riassume, in poche parole, tutte le moderne sfide legate al mondo della vite e del vino. Leggendo il programma scientifico, confido nella capacità dei ricercatori di far progredire la conoscenza e trovare delle soluzioni: ad esempio, sono stato colpito dal gran numero di comunicazioni riguardo al patrimonio genetico dei vitigni e sull’identificazione di nuove varietà maggiormente resistenti alle malattie ed alla siccità. Nel programma ho trovato anche molte innovazioni volte ad una migliore performance ambientale ed al miglioramento della resilienza della vite come fattore d’adattamento al cambiamento climatico”.
Una questione, quella del climate change, ineluttabile, tangibile anche in vigna, e che va affrontata guardando anche all’innovazione, e con un approccio multidisciplinare, sottolinea il professor Moio, per continuare a produrre vini di alta qualità. “Il vino del futuro - spiega il presidente Oiv - avrà bisogno di sempre più conoscenza, e la viticoltura dovrà essere funzionale al vino che si vuole ottenere, perché il vino dovrà essere sempre più il riflesso del suo territorio. Nonostante i cambiamenti climatici, dobbiamo continuare a produrre vini di alta qualità, tanto nelle zone di produzione storiche quanto in aree nuove. La vigna ed il vino dovranno continuare ad essere quelli che conosciamo, anche in un avvenire fortemente influenzato dalle sfide che abbiamo, adesso, ben presenti: mutamento climatico, sviluppo sostenibile, protezione dell’ambiente, della biodiversità, esigenze di trasparenza, sicurezza e salubrità da parte dei consumatori. La complessità crescente di queste problematiche rende comunque complicato un approccio scientifico, con il rischio di un rallentamento del processo di crescita della conoscenza soprattutto se, come in passato, è portato avanti da un singolo ricercatore rinchiuso nel suo laboratorio, piuttosto che da un’equipe. Qualche anno fa un solo ricercatore aveva la possibilità di risolvere alcuni problemi tecnici sia nello studio della vigna che in quello del vino. Ma oggi, a causa della complessità delle sfide che abbiamo davanti, è necessario avere collaborazioni tra più organismi di ricerca con diverse specializzazioni. In pratica, è necessario avere un numero maggiore di ricercatori che lavorano al raggiungimento dello stesso obiettivo. Tutto questo suppone, ovviamente, un rapido trasferimento delle informazioni, una circolazione sempre maggiore di conoscenze ed idee ed un numero sempre maggiore di relazioni umane. Ecco perché, a mio avviso, l’Oiv è un riferimento scientifico mondiale nel settore vitivinicolo: promuove il dibattito scientifico tra ricercatori dei diversi Paesi membri (oggi 50, che rappresentano il 75% del vigneto mondiale, l’87% della produzione, ed il 71% dei consumi di vino a livello globale, ndr), cosa che sarà ancor più fondamentale in futuro, nel secondo secolo della sua vita, per il progresso della vite e del vino. Per me non è possibile pensare ad un futuro senza vino perché il vino è un vettore di cultura e berlo è un atto culturale. Ma, soprattutto, non è possibile pensare al vino senza l’Oiv. Sono certo che in futuro questa storica e prestigiosa istituzione - ha concluso Moio - che con la monumentale sede di Digione rafforzerà ulteriormente la sua immagine e la sua universalità, sarà sempre più indispensabile e vitale per l’industria vitivinicola mondiale, per il suo carattere diplomatico e la sua indipendenza scientifica”.

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