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ATTUALITÀ

Il mondo del vino può sperare in un 2025 di crescita? Sì, per Jean-Marie Cardebat (Euawe)

Il presidente dell’European Association of Wine Economists: “la crescita americana stimolerà i flussi commerciali e dovrebbe favorire le vendite”
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Segnali di fiducia per il mercato del vino nel 2025? (foto generata con Ai)

Che la situazione legata al mondo del vino, a livello internazionale, sia giudicata difficile da molti è un dato di fatto, parere giustificato, in primis, da fattori come cambiamento climatico, tensioni internazionali, inflazione e consumi che si dirigono altrove soprattutto da parte delle nuove generazioni. Però, ci sono anche dei segnali positivi da non “annegare” nel clima di sfiducia generale, e gli addetti ai lavori non vedono, infatti, tutto “nero”. Un messaggio che, nonostante tutto, vuol far sperare in meglio, arriva da una voce ritenuta tra le più autorevoli nel settore, quella di Jean-Marie Cardebat, professore francese di economia (Université de Bordeaux - Inseec) e presidente dell’Euawe, l’European Association of Wine Economists. Cardebat, riporta il magazine online “Vitisphere”, in un suo intervento andato in scena alla fiera Vinitech, a Bordeaux, nei giorni scorsi, prevede che la crisi delle vendite di vino finirà entro il 2025 grazie alla stabilizzazione delle condizioni economiche globali e dalla rinnovata crescita del commercio.
Un’inversione di tendenza nelle vendite, decisamente ottimistica, che secondo Cardebat dovrà essere accompagnata in modo attivo dal settore: l’industria deve infatti bilanciare le decisioni a breve raggio con strategie a lungo termine per garantire la propria resilienza. Come? Promuovendo l’innovazione, adattandosi ai cambiamenti climatici ed espandendosi in nuovi mercati, il settore vitivinicolo può emergere dalla crisi attuale più forte e meglio attrezzato per le sfide future, per esempio. Cardebat ha evidenziato come il consumo di vino rispecchi i cicli economici, con le vendite che hanno avuto un boom durante i periodi di ripresa economica e prosperità: è il caso della fase post Seconda Guerra Mondiale e dell’ondata di globalizzazione degli anni 2000. Si tratta di un prodotto “suscettibile ai cicli economici. Quando l’inflazione aumenta o i redditi diminuiscono, i consumatori danno priorità a beni essenziali come l’alloggio e il cibo”. Guardando alla fase attuale, secondo l’economista, “la crescita americana (anche questa una previsione tutta da verificare, senza contare i possibili problemi portati dai dazi promessi da Trump, ndr) stimolerà i flussi commerciali globali, portando ad un nuovo ciclo economico che dovrebbe favorire le vendite di vino”.
Eppure Cardebat, nell’intravedere un potenziale di ripresa, mette in guardia contro i rischi a lungo termine causati dall’eliminazione dei vigneti, un tema che, come WineNews ha raccontato a più riprese, è di stretta attualità in Francia. Riduzioni significative della superficie vitata, in particolare a Bordeaux, potrebbero risolvere le difficoltà finanziarie, a breve termine, dei produttori, ma rischiano di creare lacune nel mercato. Fabrice Chaudier, consulente di mercato e coautore, insieme allo stesso Cardebat e a Gérard Spatafora, direttore associato dell’agenzia E-Studioz.wine, del “libro bianco”, “De la bouteille au verre, comment réinventer votre approche commerciale”, ha spiegato che “l’eliminazione dei vigneti potrebbe offrire un sollievo a breve termine, ma aprire opportunità per i concorrenti. Per ogni 10.000 ettari sradicati a Bordeaux, altri ettari vengono piantati altrove, come in Messico”. Sia Cardebat che Chaudier sostengono un approccio proattivo e anticiclico per rafforzare il settore durante le recessioni economiche con investimenti in adeguamenti agronomici, e quindi la transizione dai vigneti a bacca rossa a varietà a bacca bianca per allinearsi alle preferenze dei consumatori in evoluzione; il trasferimento dei vigneti ad altitudini più elevate e più fresche per mitigare gli effetti del cambiamento climatico; e l’utilizzo dei fondi per la conversione e non per la distruzione per sostenere la competitività a lungo termine. La parola chiave è lungimiranza perché, per Chaudier, “l’industria del vino spesso reagisce troppo tardi, gettandosi a capofitto nelle crisi senza considerare le ripercussioni future”.

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