Il vino dealcolato che “non è vino”, la crisi dei consumi che va presa come tale, senza cedere a chissà quale disperazione, “perché di vino se ne beve ancora tanto”, la questione del ribasso dei prezzi, a partire da Bordeaux, che non deve essere drammatizzata se si passa da 400 a 300 euro a bottiglia, mentre, ovviamente, è più pesante se si parla di vini da pochi euro, dove il margine è già bassissimo: ecco alcuni dei tanti spunti, lanciati a WineNews, da Michel Rolland (qui la video intervista), semplicemente, l’enologo più influente della sua epoca, in un confronto che per noi è diventato ormai una piacevole consuetudine. Visto che si parla di un professionista che in sessanta anni di carriera vissuti da protagonista ha nobilitato il ruolo stesso dell’enologo, e cavalcato in prima linea i decenni in cui il grande vino è diventato desiderio e simbolo delle élites del mondo, dalla sua Bordeaux, prima, ma passando anche per California, Argentina, Cile ed Italia, con consulenze e collaborazioni come quelle con la Caprai, leader ed autentico faro del territorio del Sagrantino di Montefalco, la meravigliosa Tenuta di Biserno a Bolgheri, che ha riunito i tre Antinori (Piero, Lodovico e Ilaria, oggi condotta da Niccolò Marzichi Lenzi), o la nuova star bolgherese, Tenuta del Nicchio di Lodovico Antinori e della figlia Sophia, o, ancora, quelle passate per realtà come Ornellaia e Masseto, oggi di proprietà della famiglia Frescobaldi, ancora a Bolgheri.
Un campione assoluto del mondo del vino, ma anche un acuto osservatore e spesso un anticipatore di tanti cambiamenti del settore. E, allora, partendo da uno dei temi del momento, ecco il suo pensiero sul vino dealcolato. “Del vino senza alcol si parla parecchio, è una moda. Il problema è che non è vino, e non essendo vino non mi interessa. È una bibita, e devo dire che ci sono delle bibite che sono ben migliori del vino senza alcol, quindi se parliamo di business è un conto, ma se si deve bere vino, non può essere senza alcol”. Viene da chiedersi, allora, se secondo Rolland cambia qualcosa se si parla di vino a basso tenore alcolico, o con la sottrazione di due-tre gradi di alcol: “io il vino lo gusto, e se mi piace, non mi importa quanto alcol abbia, se, invece, non mi piacesse perché ha troppo alcol lo direi: non è il grado alcolico che mi fa dire se un vino è buono o meno”, dice Rolland.
Che è lapidario anche sul tema della crisi del settore. “La crisi c’è, ma dov’è la crisi ? C’è una crisi dei consumi, come avviene sempre in presenza di instabilità geopolitica, e in questo momento storico con le guerre in corso tutto si complica un po’, il consumo è indubbiamente calato, ma lo stesso lo avevamo visto con la guerra in Iraq anni fa. Ma non so se si può parlare di una reale crisi dei consumi. Può essere che i giovani bevano meno alcol, è vero, ma consumano vini di qualità migliore, quindi, per i produttori di vino di qualità, non è un grosso problema. Si stanno estirpando le vigne, ma quelle che vengono estirpate sono quelle meno buone, e per me non c’è niente di male. Secondo le ultime statistiche, la produzione mondiale si è abbassata di diversi milioni di ettolitri di vino, il consumo è calato, ma la proporzione tra produzione e consumo è rimasta la stessa, quindi non voglio dire che la situazione sia soddisfacente, ma non penso che ci troviamo di fronte ad un problema insormontabile, e sebbene il trend del consumo sia al ribasso bisogna mettersi in testa che al mondo si consumano ancora oltre 200 milioni di ettolitri di vino, quindi per i produttori che fanno buon vino c’è ancora posto ...”, dice Rolland.
Certo è che la crisi di Bordeaux, sia sui vini entry level, che sono quelli più colpiti, sia su quelli di fascia più elevata, che nelle ultime due campagne “en primeur” hanno visto ribassi dei prezzi del -30-40% ogni anno sull’anno precedente, tornando di fatto ai livelli di dieci anni fa, fa riflettere. “Se parliamo di Bordeaux, che un pochino conosco - ironizza Rolland - se il prezzo si abbassa da 400 a 300 a bottiglia, io credo che ci sia ancora un po’ di margine. Quando, invece, in altre regioni, bisogna abbassare il prezzo da 8,5 a 6,5 euro, per esempio, io credo che sia lì il vero problema. Se i “Grand Cru” si abbassano di 100 euro e pensate che sia un affare comprateli: può darsi che lo sia. A 300 euro a bottiglia io non mi metto di certo a piangere per la sorte dei “Premier Grand Cru” di Bordeaux”. Parola di Michel Rolland.
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