
Dalla sostenibilità all’innovazione nel settore vitivinicolo, con l’ecodesign al centro, per ridurre l’impatto ambientale dei prodotti, dalla progettazione dei packaging al contenuto della bottiglia, con la consapevolezza che le scelte su materiali come tappo, vetro ed etichetta possano portare ad una produzione più sostenibile e responsabile, con benefici che coinvolgono l’intera filiera. Questo il cuore del dibattito di “Habitat”, il terzo appuntamento dedicato alla sostenibilità promosso, ieri a Milano, da Argea, il principale gruppo privato italiano nel settore vitivinicolo (controllata dalla società di private equity italiana Clessidra), capace nel 2024 di produrre un fatturato per 464,2 milioni di euro, la maggior parte legata all’export, e che mette insieme cantine come Zaccagnini, Poderi dal Nespoli, Cuvage, Ricossa e Botter, senza dimenticare l’acquisizione nel 2025 dell’importatore statunitense WinesU. Argea che, per l’occasione, ha presentato il proprio progetto di ecodesign, il nuovo Gualdo di Poderi dal Nespoli, primo vino dell’azienda certificato biosimbiotico, e il “Report di Sostenibilità” 2024, che mette in evidenza risultati concreti e obiettivi misurabili lungo quattro direttrici: filiera, terra, persone e direzione.
Ma c’è stato spazio anche per un tema sempre attuale, quello del mercato del vino italiano, tra il “peso dei dazi” da sostenere e la direzione da intraprendere per il futuro. Ne ha parlato, a WineNews, Massimo Romani, ad Argea: “quest’anno non si possono fare riflessioni molto strategiche. I dazi americani hanno condizionato pesantemente l’andamento, in un certo modo accelerandolo anche, quando erano stati ventilati, prima della loro introduzione. Per cui - continua Romani - c’è stata nei primi mesi dell’anno una partenza vivace, soprattutto verso gli Stati Uniti, ma anche il fenomeno di “cross contamination” nelle altre geografie. Ad esempio il Canada, come contro dazi, ha di fatto tolto dagli scaffali tutti i vini americani, e l’Italia e la Francia hanno preso, principalmente, quel posto vuoto. Una partenza vivace che con i dazi prima al 10% e poi al 15% si è, però, raffreddata. I dati degli ultimi due mesi sono non positivi rispetto al 2024, ma avevamo accumulato un po’ di vantaggio nei primi mesi dell’anno. Quello che dobbiamo capire è come il tema dei dazi impatterà sul potere di acquisto dei consumatori americani e di quelli degli altri Paesi che, comunque, hanno avuto degli effetti collaterali da questi dazi. Per dare una risposta dovremo capire come andrà il primo semestre 2026 quando la situazione si sarà già stabilizzata, e gli eventuali aumenti di prezzo saranno stati scaricati, e allora si riuscirà a comprendere come il consumatore reagirà”.
Un mercato, quello del vino, che, ovviamente, si differenzia da prodotto a prodotto. “Ci sono alcuni vini - prosegue Romani - su cui io sono ottimista, altri che avevano già iniziato un percorso di stanchezza e continuano ad averla. Prosecco e Pinot Grigio stanno andando bene, in tutto il mondo, anche in America, non ci sarà abbondanza e continueranno a performare bene perché, ormai, sono nei gusti e nelle abitudini del consumatore. E poi ci sono vini, come quelli rossi o “di corpo”, che continueranno, secondo me, ad attraversare un periodo di pesantezza, e questo lo segnalano anche le cantine italiane che sono un po’ “pienotte”.
Riguardo ai dati dell’export, ancora in segno positivo, in arrivo dagli Stati Uniti, la spiegazione di Romani è che “c’è stata una “mini corsa” a creare magazzino a prezzi pre-dazi e in più c’era una prospettiva di ulteriore indebolimento del dollaro. Di conseguenza nella prima parte dell’anno molti importatori hanno caricato un po’ di più, ma i consumi non sono andati così tanto dietro”.
Tanti studi e previsioni dicono che, comunque, il mercato del vino è destinato ad un calo e che si deve lavorare per forza di cose sul valore. Ma è davvero possibile fatturare e vendere di meno ed avere utili e margini migliori per continuare a crescere ed investire? Per Romani “serve tempo perché bisogna cambiare un sistema tipico di un Paese. L’Italia viene da un percorso di premiumizzazione e di qualità. Se la tendenza è bere meno, ma bere meglio, dobbiamo agire di conseguenza, non dobbiamo avere grandi produzioni in vendemmia, ma quelle giuste. La Francia è passata da 45 a 35-37 milioni di ettolitri: non significa distruggere la filiera, ma renderla virtuosa. Certo, bisogna farlo con tutto un percorso di accompagnamento. L’Italia ha prodotto 47-48 milioni di ettolitri quest’anno. Sono tutti vendibili con soddisfazione?”.
Sui progetti di espansione di Argea, Romani conferma, a WineNews, l’interesse per una delle grandi regioni del vino italiano. “La Toscana rappresenta l’8-10% in valore dell’export di vino italiano - sottolinea Romani - noi facciamo dell’export una bandiera, stare fuori è dura per noi. Ma non abbiamo, al momento, trovato nessun “innamoramento” da questo punto di vista, non c’è nessuna trattativa. Noi mettiamo insieme la finanza e le famiglie, dobbiamo trovare qualcuno che voglia vendere ad Argea, ma voglia comunque reinvestire in Argea, facendo un pezzo di strada con noi”.
Tornando ad “Habitat”, l’evento ha riunito i principali attori della filiera, dalla grande distribuzione alla logistica e ai produttori di materiali, per confrontarsi sulle opportunità dell’ecodesign e sulle sfide di un settore in rapida evoluzione, la tavola rotonda, moderata dal giornalista Giorgio Dell’Orefice (Radiocor e “Il Sole 24 Ore”), ha visto la partecipazione di Daniele Colombo, Wine & Spirits Category Manager Esselunga, Alessandro Rossi, National Category Manager Wine Partesa, Matteo Basinotti, ad M2X Fortis, e, per Argea, di Michael Isnardi, Qhse & Sustainability Director, con Giacomo Tarquini, Group Marketing Director, e Scipione Giuliani, direttore acquisti Vino & Ops Romagna. “Come azienda leader del vino in Italia - ha commentato Romani - che esporta la maggior parte della propria produzione nel mondo, sentiamo la responsabilità di guidare il settore verso un futuro più sostenibile. Le nuove generazioni di consumatori, sempre più attente all’impatto ambientale e sociale, ci chiedono autenticità e impegno concreto: i risultati raggiunti dimostrano che competitività e responsabilità possono convivere, creando valore per l’azienda, per i territori e per il mercato globale”.
In questa occasione, Argea ha presentato il proprio progetto di ecodesign, il nuovo Gualdo di Poderi dal Nespoli: primo vino dell’azienda certificato biosimbiotico, prodotto in 10.000 bottiglie, che mira a unire viticoltura rigenerativa, valorizzazione del territorio e packaging sostenibile: capsula, tappo, etichetta e bottiglia sono tutti elementi progettati per ridurre al minimo l’impatto ambientale, con un alleggerimento del vetro del 16% rispetto agli standard e un potenziale risparmio annuo di oltre 460 tonnellate di vetro se estesa alle 7,7 milioni di bottiglie bordolesi Uvag utilizzate nel 2024 dal gruppo. “Con Gualdo abbiamo voluto coniugare il valore del territorio di Predappio con un approccio alla sostenibilità che non riguarda solo la vigna, ma anche la bottiglia che arriva al consumatore - ha spiegato Giacomo Tarquini, Group Marketing Director Argea - è un vino che mostra come il Sangiovese di Romagna possa essere interprete di innovazione, qualità e responsabilità ambientale allo stesso tempo”. L’agricoltura biosimbiotica integra i principi del biologico con una pratica innovativa: l’inoculo nel terreno di microrganismi vivi (micorrize e bioti microbici non Ogm) che vivono in simbiosi con le radici della vite. Questo rafforza la pianta, migliora l’assorbimento dei nutrienti, incrementa la biodiversità del suolo e accresce la capacità di resistenza agli stress idrici e climatici. Un progetto che è stato selezionato come caso di studio in un Progetto Prin (Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale) guidato dall’Università di Chieti-Pescara, per misurare concretamente l’impatto dell’eco-design sulla filiera vitivinicola. “Con l’agricoltura biosimbiotica Argea introduce in vigna un metodo innovativo che unisce i principi del biologico alla simbiosi naturale tra radici della vite e microrganismi del suolo. Grazie alle micorrize e ai complessi microbici, le piante sviluppano un apparato radicale più profondo e resistente, capace di assorbire meglio i nutrienti e di reagire a stress climatici e patogeni. È una pratica rigenerativa che non solo rafforza la vitalità del terreno, ma ci consente di valorizzare i territori e di offrire vini certificati biosimbiotici, dimostrando come sostenibilità, natura e innovazione possano andare di pari passo”, ha dichiarato Scipione Giuliani, direttore acquisti Vino & Ops Romagna di Argea.
“Habitat” ha, inoltre, messo in luce le nuove preferenze dei consumatori, con particolare attenzione alle generazioni più giovani, sempre più sensibili ai valori ambientali e sociali. I relatori hanno condiviso l’idea che la vera sostenibilità si realizza solo se l’intero settore si muove all’unisono, dal produttore al distributore, passando per fornitori e partner. Per Daniele Colombo, Wine & Spirits Category Manager Esselunga, una delle principali catene italiane nel settore della grande distribuzione, “nella grande distribuzione organizzata la sostenibilità è un tema complesso da quantificare, perché non esiste una categoria dedicata ai “prodotti sostenibili” e gran parte del valore si genera a monte, nella fase produttiva. Oggi molte aziende stanno adottando pratiche agronomiche a basso impatto sull’ambiente e sull’uomo, ma non sempre comunicano questi sforzi. Il risultato è che il consumatore riceve un messaggio debole o frammentato. Per rispondere alle aspettative delle nuove generazioni e rendere davvero percepibile il valore della sostenibilità, è necessario un impegno condiviso lungo tutta la filiera: produttori, distribuzione e comunicazione devono lavorare insieme affinché il messaggio arrivi forte e chiaro all’utente finale”. Per Alessandro Rossi, National Category Manager Wine Partesa, player di riferimento nella distribuzione e consulenza beverage per il canale horeca, “oggi la sostenibilità del vino non è più un dettaglio, ma un criterio che potrebbe cambiare davvero il mondo della ristorazione. Sempre più ristoranti scelgono vini biologici, biodinamici o certificati, bottiglie leggere o formati alternativi che riducono costi e impatto ambientale. Ma non è solo questo: la sostenibilità è anche nel piatto, attraverso la scelta delle materie prime, ad esempio. Una parte dei clienti, soprattutto quelli giovani, sono attenti a queste scelte, le riconoscono, le premiano e le vivono come parte dell’esperienza gastronomica. Un ristorante che lavora con prodotti a km zero, stagionali e biologici cerca di avere in carta vini coerenti con la stessa filosofia, perché è lì che si gioca la credibilità. La sostenibilità diventa così un vantaggio competitivo: migliora la reputazione, rafforza la fidelizzazione e riduce sprechi e costi a lungo termine. Ma serve comunicazione: non bastano tecnicismi, occorre un linguaggio semplice, emozionale e trasparente, capace di raccontare storie di vignaioli, territori, comunità. Ed è fondamentale parlare alle nuove generazioni con i loro strumenti, social, eventi, esperienze digitali, perché per loro il vino non è solo cosa c’è nel bicchiere, ma il racconto che possono fare di ciò che bevono. Senza il loro coinvolgimento, la sostenibilità resta astratta; con loro diventa il futuro della ristorazione e del vino”. Michael Isnardi, Qhse & Sustainability Director Argea, ha aggiunto come “in Argea la sostenibilità è l’approccio stesso del nostro modello di business e vediamo nell’innovazione dei prodotti in ottica Esg (Environmental, Social, and Governance, ndr) come una reale opportunità di investimento per le aziende: integrare criteri ambientali e sociali fin dalle prime fasi di progettazione di bottiglie, tappi, etichette e packaging permette di creare prodotti più innovativi e competitivi proprio come i consumatori ci chiedono. In Argea, dopo avere lavorato al percorso di sostenibilità aziendale ora ci stiamo spingendo sulla progettazione dei nuovi prodotti, che coinvolge l’intera filiera, promuovendo collaborazione e generando valore condiviso”. La sostenibilità passa, quindi, anche dalla scelta mirata dei prodotti, come possono essere, ad esempio, i tappi. Matteo Basinotti, ad M2X Fortis,ha raccontato un progetto ad hoc: “con Fortis Vini Organic abbiamo voluto portare sul mercato un tappo tecnicamente perfetto e al tempo stesso rispettoso dell’ambiente. La certificazione Ok Biobased, 4 stelle ottenuta da TÜV Austria, il livello massimo, testimonia che il prodotto è composto per oltre l’85% da materia di origine organica. Significa che, al termine del suo ciclo di vita, il tappo può tornare a essere nutrimento per la terra, in piena coerenza con lo spirito di “Habitat” e con la volontà di Argea di collaborare con partner che condividono un approccio concreto e responsabile alla sostenibilità”.
Sempre nel corso di “Habitat”, Argea ha presentato il “Report di Sostenibilità” 2024. Tra i dati più significativi, l’86% dei fornitori di vino qualificati Esg (in crescita sul 65% del 2023) e la copertura di oltre il 60% del vino acquistato attraverso il Patto di Sostenibilità della Filiera, che oggi coinvolge 26 cantine. Sul fronte ambientale, Argea ha acquistato il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili, ridotto i consumi del 7,3% in un anno e aderito alla “Science Based Targets initiative” per validare obiettivi di decarbonizzazione a breve termine e il net zero al 2050. Anche in tema di risorse umane i progressi sono tangibili: il numero di infortuni si è quasi dimezzato, con indici di frequenza e gravità ben al di sotto dei target di frequenza e gravità rispettivamente di 5,67 e Ig 0,21, mentre le ore di formazione sono state oltre 5.600, di cui quasi la metà dedicate a salute e sicurezza. Sul fronte del packaging, il tasso di riciclo ha raggiunto ottimi risultati grazie all’impiego di bottiglie riciclate (70%), cartoni (40%) e tappi (50%). E con l’adozione dei nuovi standard europei Esrs, Argea è, infine, tra le prime aziende italiane del vino a muoversi in linea con la Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd).
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