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CONSUMI

Il bio italiano continua a crescere, vendite a +4,4% a valore e +2,6% a volume nei primi 4 mesi 2025

Così Fedagripesca-Confcooperative, nel convegno “CooperaBio-L’agricoltura biologica si rafforza con la cooperazione” alla Cooperativa Gino Girolomoni
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La pasta di Gino Girolomoni, il “padre” dell’agricoltura biologica in Italia

In un contesto agricolo sempre più segnato da sfide ambientali, pressioni economiche e cambiamenti nei comportamenti di consumo, il settore del biologico italiano si conferma come uno dei pilastri della transizione verso modelli produttivi sostenibili. Nonostante le difficoltà legate all’inflazione e alla frammentazione del tessuto imprenditoriale, il biologico continua a crescere, trainato da una domanda interna ed estera in costante evoluzione. Il binomio bio-made in Italy si rivela un fattore strategico di successo, grazie all’elevata reputazione e percezione sui mercati internazionali: per il 49% delle aziende del settore food e il 64% di quelle del comparto wine, l’origine italiana e la notorietà del territorio di produzione rappresentano elementi chiave per l’export biologico. L’Italia si colloca, inoltre, sul podio tra i Paesi produttori bio di maggiore qualità secondo i consumatori dei principali mercati esteri: negli Stati Uniti, il 45% associa il biologico di qualità al nostro Paese, mentre la quota di utenti bio stranieri interessati al prodotto italiano varia dal 23% nel Benelux all’85% nei Paesi nordici. Questi dati confermano come il biologico italiano non sia solo una risposta alle sfide ambientali, ma anche un asset competitivo per l’agroalimentare nazionale, secondo l’ultimo rapporto “Rivoluzione Bio” 2025 di Nomisma.
Un segnale particolarmente rilevante arriva dal canale della grande distribuzione organizzata (Gdo), dove il valore degli acquisti domestici dei prodotti bio, nel primo semestre 2025 ha registrato un incremento del +10,6% sullo stesso periodo 2024, con una dinamica positiva che supera quella del settore agroalimentare nel suo complesso, fermo al +5%, secondo i dati del Ministero dell’Agricoltura. Un altro recente studio realizzato da Nomisma nel progetto Ita.Bio - piattaforma nata dalla collaborazione tra Ice Agenzia e FederBio per promuovere il biologico italiano sui mercati internazionali - conferma l’elevata propensione dei consumatori di tutto il mondo a scegliere prodotti biologici made in Italy.
Per restare competitiva, tuttavia, l’Italia deve affrontare nodi strutturali come la necessità di aggregazione, innovazione e chiarezza normativa. Ed è in questo quadro che si è inserito il convegno “CooperaBio - L’agricoltura biologica si rafforza con la cooperazione”, di scena, nei giorni scorsi, a Isola del Piano, a Pesaro e Urbino, alla Cooperativa agricola Gino Girolomoni, il “padre” dell’agricoltura biologica in Italia, alla presenza, tra gli altri, del presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati Mirco Carloni, e dove esperti, istituzioni e rappresentanti del settore hanno discusso le prospettive e le criticità del comparto.
Secondo Fedagripesca-Confcooperative
“nei primi quattro mesi 2025 (gennaio-aprile) le vendite del prodotto biologico sono cresciute del +4,4% a valore e del +2,6% a volume, nonostante le difficoltà legate all’inflazione. Il trend positivo si conferma anche in Europa, con +10% in Germania e +8% nel Regno Unito”.
Tra i temi discussi al convegno, il rischio che il sostegno alle superfici si traduca in rendite improduttive, come sottolineato da Gabriele Canali, professore associato di Economia ed Estimo Rurale alla Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha ribadito “la necessità di innovazione, ricerca e chiarezza tra certificazioni”. Canali, inoltre, ha evidenzia “il ruolo cruciale dell’aggregazione, non solo per la competitività sui mercati esteri ma anche perché genera altri benefici importanti a partire dalla difesa della vitalità delle aree interne”.
Anche il presidente della Commissione Agricoltura della Camera Carloni ha sottolineato la virtuosità dei modelli aggregativi che, come nel caso dei Distretti del Biologico, “mettono insieme imprese unite da valori comuni, riuscendo a dare competitività al territorio. Anche nelle Marche -le imprese hanno dimensioni molto piccole: se non c’è aggregazione non possiamo stare sul mercato e la cooperazione riesce a dare in tal senso un vantaggio economico competitivo”.
Raffaele Drei, presidente Confcooperative FedagriPesca, ha invitato, infine, “a superare la contrapposizione tra biologico e convenzionale, sottolineando come entrambi rappresentino un’offerta integrata e sostenibile, e auspicando politiche agricole comuni che favoriscano l’aggregazione. L’agricoltura italiana è in assoluto quella più rispettosa al mondo sia dell’ambiente che dei consumatori. I dati sulla presenza di residui di fitofarmaci dei prodotti sul mercato lo confermano”. E anche dal punto di vista normativo ha concluso Drei, “ciò che è auspicabile per il settore biologico vale anche per il settore convenzionale, tra cui le future politiche agricole comunitarie e la necessita di sostenere l’aggregazione”.

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