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SCENARI

L’agricoltura al centro, tra Italia ed Unione Europea, con tante sfide per il futuro

I messaggi delle istituzioni Ue e nazionali dal Forum di Coldiretti e The European House - Ambrosetti, a Roma, con la Pac post 2027 sotto i riflettori

Sarà che in Europa - o meglio in un’Unione Europea, che “è un gigante incatenato, con 500 milioni di abitanti e una cultura altissima, ma politicamente non conta quasi nulla”, ed “una macchina burocratica che si occupa di tappi e gabbie per le galline”, secondo lo storico Luciano Canfora, e che lo scrittore Marcello Veneziani descrive come “ un vero e proprio guanto rovesciato: debole rispetto al mondo esterno e al tempo stesso impositiva e vessatoria verso il suo interno” - “senza i contadini, non si governa”, ha detto il segretario generale Coldiretti, Vincenzo Gesmundo. Fatto sta che, alla proposta di una Pac post 2027 da parte della Commissione Europea che non ha trovato praticamente nessun consenso, il Parlamento Ue è pronto a dire no, se non riterrà la proposta adeguata. È uno dei messaggi arrivato nella seconda giornata di lavori del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione n. 23, organizzato da Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House - Ambrosetti, ieri e oggi, al Casino dell’Aurora Pallavicini di Palazzo Rospigliosi a Roma. E che ha visto sul palco, tra gli altri, la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, il Commissario Europeo per la Politica regionale e di coesione Raffaele Fitto, ed il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha idealmente “raccolto il testimone” dal collega di Governo e Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha chiuso i lavori di ieri.
“Abbiamo imparato molto dalle ultime elezioni: la lezione più importante è che serve un’Europa capace di ascoltare e reagire, per garantire sicurezza alimentare, sviluppo economico e futuro alle comunità rurali. Siamo stati eletti anche da voi, con un mandato preciso: far funzionare le cose, semplificare la vita di agricoltori, famiglie e imprese. Ridurre la burocrazia e rendere le regole più semplici significa permettervi di pianificare, investire e crescere”, ha detto la Metsola agli agricoltori, sottolineando che “sui fondi destinati all’agricoltura è in corso un dibattito su come rivedere la misura. Fino al 2026 possiamo lavorare per trovare un accordo tra Parlamento e Consiglio. Il Parlamento è pronto a dire no se la proposta non sarà adeguata, ma continueremo a lavorare sulle proposte e sulla mediazione fino al 2026. I gruppi politici sono già molto attivi sul fronte della politica agricola. Anche voi potete collaborare con i partner degli altri Paesi. Gli agricoltori saranno - e devono essere - al centro del dibattito. Sappiamo bene che quando non lo sono, i risultati non rispondono ai reali bisogni dei territori. Per questo, il nostro obiettivo è modernizzare gli strumenti europei, difendere il bilancio agricolo e tenere lo sguardo fisso su ciò che conta davvero: le persone e chi produce valore. La prossima Pac dovrà proteggere i redditi degli agricoltori, garantire condizioni eque, sostenere la produzione alimentare e promuovere l’innovazione, affinché le comunità rurali non solo sopravvivano, ma prosperino”, ha detto ancora Metsola.
Dal “fronte europeo”, è arrivato anche il messaggio del Commissario Raffaele Fitto, che sui lavori per la futura Pac ha ricordato: “la proposta della Commissione Europea rappresenta un segnale di avvio del percorso. Naturalmente, verificheremo il lavoro in corso con il Parlamento e con il Consiglio. Vorrei sottolineare alcuni punti fondamentali della proposta della Commissione.
La proposta parte dalla salvaguardia del primo pilastro dell’agricoltura, confermando risorse pari a quasi 300 miliardi di euro, analoghe a quelle previste nell’attuale bilancio. Vi è una nuova impostazione per il secondo pilastro dell’agricoltura, che sarà inserito all’interno del Piano nazionale e regionale, con un ammontare superiore ai 450 miliardi di euro. Questo include il secondo pilastro dell’agricoltura e la politica comune della pesca. Si tratta di un approccio differente, con una struttura di bilancio nuova, su cui stiamo lavorando”, ha detto, tra le altre cose, Fitto.
Ma l’impianto della proposta della Commissione, ha ribadito dal canto suo il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, non piace all’Italia. Ed in particolare, ha detto Lollobrigida, “la nazionalizzazione delle politiche agricole è un pericolo. Questo è il problema. Il nostro Governo, fatto noto, è il Governo che nella storia repubblicana ha investito più risorse nell’agricoltura. Vi devo dire la verità. Noi avremmo teoricamente poco da temere oggi se dovessimo ripartire le risorse all’interno del bilancio. Abbiamo dimostrato di avere capacità di attrarre all’interno del nostro bilancio del Ministero dell’Agricoltura risorse, non perché è bravo il Ministro, ma perché c’è una consapevolezza di tutto il Governo rispetto all’importanza del settore primario. Potremmo non temerlo. Che cosa possiamo temere anche in Italia? Che un Governo che consideri qualche fattore contingente o qualche investimento protempore che permette di raccogliere maggior consenso, prioritario rispetto agli investimenti sull’agricoltura, immaginando qualche provvedimento, che so, folle come un reddito di cittadinanza, migliore rispetto all’investimento sul settore agricolo. Può darsi che in altre nazioni, non solo in Europa, i Governi pensino di utilizzare i fondi destinati all’agricoltura per alti settori importanti che portano, però, ad avere un consenso maggiore sul breve periodo e, invece, siano meno incidenti su un investimento strategico. Questo è il rischio. In più, minare con la nazionalizzazione delle risorse agricole o della scelta sulle risorse agricole una visione di carattere complessivo rende inefficace l’indirizzo che pur la von der Leyen ha dato al Commissario Hansen di raggiungere la sovranità alimentare europea come garanzia rispetto ai venti contingenti che in Europa abbiamo riscoperto”, ha detto Lollobrigida.
A stringere il focus sull’Italia, invece, era stato, ieri, il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, peraltro alle prese, in queste ore, con i lavori sulla Legge di Bilancio. “I numeri dell’agroalimentare italiano parlano da soli: dieci anni fa l’export valeva 37 miliardi di euro e ci si chiedeva se fosse realistico arrivare a 50 nel 2025. Oggi abbiamo superato i 70 miliardi di euro. È il risultato della forza del sistema agricolo e agroindustriale italiano - ha detto Giorgetti - che ha saputo intercettare la domanda mondiale anche dopo lo shock pandemico. L’agricoltura vive la globalizzazione in modo particolare: a differenza di altri settori, l’agricoltore resta legato alla sua terra. Ciò che può sembrare un limite è, invece, un valore: il legame con il territorio è il vero motore della qualità e dell’identità dei nostri prodotti. Il 2025 - ha rimarcato, però, Giorgetti - segna tuttavia una fase di trasformazioni globali profonde. Sta cambiando il sistema di regole che aveva governato il commercio internazionale fin dagli accordi di Bretton Woods. Le nuove politiche protezionistiche, in particolare statunitensi, creano distorsioni della concorrenza che penalizzano le nostre imprese, le quali rispettano standard ambientali e sanitari tra i più elevati al mondo. Non possiamo accettare che modelli economici o politici fondati sul “dumping” spiazzino le nostre produzioni, fondate, invece, su valori culturali e regole condivise. È necessario ridefinire le regole del commercio globale per proteggere chi compete correttamente. Dobbiamo farlo valorizzando i nostri punti di forza: la qualità del lavoro agricolo, la capacità della filiera, la forza del marchio Italia, sostenuti da un efficace sistema pubblico di supporto all’export. Il Governo continuerà a fare la propria parte anche sul piano interno, sostenendo la domanda attraverso il rafforzamento del potere d’acquisto e la riduzione della pressione fiscale. Con la riforma del cuneo fiscale, la riduzione dell’Irpef e il rinnovo dei contratti, vogliamo favorire una crescita dei redditi che alimenti la fiducia e i consumi. Sul versante dell’offerta, prosegue il lavoro di riprogrammazione del Pnrr e delle misure a sostegno degli investimenti agricoli. Con le iniziative avviate dal 2023, le risorse destinate al settore hanno raggiunto i 15 miliardi di euro, un vero e proprio record. Naturalmente - sottolinea ancora Giorgetti - tutto questo deve avvenire mantenendo la sostenibilità dei conti pubblici. È bene ricordare che ogni euro speso in più significa maggiori imposte domani. È una regola che deve guidare ogni scelta di politica economica. Il Governo ha riportato il Paese in avanzo primario: ciò significa che non stiamo creando nuovo debito per le scelte attuali, ma solo per gli interessi sul debito ereditato. È un principio non solo contabile, ma morale. Concludo ricordando un progetto a cui tengo molto, nato proprio in questa sede due anni fa: la valorizzazione del patrimonio fondiario pubblico. Si tratta di un’iniziativa importante per l’economia e per l’agricoltura, perché l’accesso alla terra resta uno dei principali ostacoli per i giovani imprenditori agricoli. Dopo due anni di lavoro con l’Agenzia del Demanio e la Cassa Depositi e Prestiti, siamo pronti a costituire un fondo dedicato alla valorizzazione dei terreni agricoli pubblici. Lo scorso marzo è stato firmato il primo accordo operativo con Invimit. È un esempio concreto di come si possano utilizzare le risorse pubbliche per generare valore e opportunità per l’agricoltura italiana”.
Ma in ogni caso, tutti sanno che la partita vera dell’agricoltura, anche italiana, si gioca in campo europeo, come ribadito dal presidente Coldiretti, Ettore Prandini: “il bilancio comunitario 2025-2030 prevede un aumento degli investimenti, ma la maggior parte delle risorse va al settore bellico. Riarmare l’Europa mentre si riducono fondi per agricoltura e alimentazione è un rischio che non possiamo permetterci. Il cibo è la vera arma strategica di un Paese: garantisce coesione sociale, sviluppo economico e occupazione. Paesi come Cina e India - ha detto Prandini - hanno costruito la loro influenza globale puntando sulla sicurezza alimentare, mentre gli Stati Uniti rafforzano le proprie filiere interne con politiche protezionistiche”, ha aggiunto Prandini, sottolineando come l’Italia e l’Europa devono affrontare la sfida di rafforzare la produzione interna, ma senza adeguati fondi la politica agricola rischia di restare marginale. Nel 1980 la Politica Agricola Comune rappresentava il 73% del bilancio comunitario, oggi oscilla tra il 14 e il 15%: così si mette a rischio un settore vitale per l’intera collettività. Il messaggio è chiaro anche per i cittadini: il 70% degli italiani sostiene la difesa della Pac, riconoscendone l’importanza per la sicurezza alimentare e sociale. Se vogliamo un futuro stabile e competitivo, il cibo deve tornare al centro delle politiche comunitarie. L’Italia può e deve guidare questa svolta”, ha concluso Prandini.

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