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A TU PER TU CON JANCIS ROBINSON, MASTER OF WINE E FIRMA TRA LE PIÙ AUTOREVOLI E RISPETTATE DEL MONDO DEL VINO. CHE A WINENEWS PARLA DELLA REPUTAZIONE DEL VINO ITALIANO, DI TERRITORI, VITIGNI, E DI CONSIGLI DA SEGUIRE PER CRESCERE ANCORA ...

Italia
Jancis Robinson intervistata da Alessandro Regoli

Dici Jancis Robinson e pensi ad una delle firme più autorevoli e rispettate del mondo del vino. Master of Wine tra le più affermate, scrittrice di libri, contributor di importanti testate come il “Financial Times”, consulente per i vini della British Airways, e così via. Il suo account Twitter, tra i più seguiti dell’eno-sfera mondiale, conta oltre 187.000 follower. E WineNews l’ha intervistata a Vino Vip Cortina, per chiederle il suo punto di vista sul vino italiano, e non solo.
Quale è, secondo lei, la vera reputazione del vino italiano nel mondo. È davvero alla pari con la Francia, in generale?
Credo che negli Stati Uniti sia quantomeno alla pari con la Francia, se non superiore: sfortunatamente per l’Italia, in Gran Bretagna siamo troppo vicini alla Francia, che quindi ci è più familiare, mentre il Belpaese per il wine lover medio britannico è ancora un po’ misterioso. Ma vedo che tutti noi amanti del vino italiano stiamo cercando di cambiare questo stato di cose, ma ci vuole impegno. Francia e Gran Bretagna sono lontane 30 chilometri, tutto sommato, e quindi...
Il nostro patrimonio di vitigni autoctoni, nel mercato globale, è davvero una risorsa o rischia di essere troppo difficile da comunicare, almeno ad un primo approccio?
Credo che ci sia tanto pubblico, adesso, interessato alle varietà nuove, e quindi l’Italia può trarne beneficio, visto che ne ha così tante, specialmente indigene, come Nebbiolo, Sangiovese, Barbera ... ci sono, per così dire, delle “peculiarità” delle varietà italiane che sono notevoli, e quindi non credo che ci si debba preoccupare più di tanto di come comunicare il vino italiano. D’altro canto Tesco da quattro anni ha messo sul mercato una propria etichetta di Teroldego, e se non è mercato di massa quello di Tesco ...
Al di là di Toscana e Piemonte che sono i top riconosciuti, quali sono le regioni o i territori del vino italiano che a livello qualitativo stanno lavorando meglio secondo lei?
Direi che la Sicilia al momento è molto popolare, c’è parecchio “buzz” positivo sul vino siciliano, poi la Puglia, per il mercato di massa, e poi la Campania, che sembra avere più “trazione” al momento. Anche il Veneto è importante, anche se un po’ più confusionario per via della varietà dell’offerta, ma credo che sempre più gente si renderà conto del fatto che ci sono parecchi ottimi Soave, Valpolicella o Amarone. Purtroppo non vediamo molto Friulano, in Gran Bretagna, mentre l’Alto Adige è leggermente più compreso in termini di gusto.
Quanto è importante il brand del produttore, anche in territori già famosi e importanti per il vino? È il territorio che traina il produttore, o il leader che apre i mercati al territorio?
Dipende. Si può dire, per fare un esempio, che Caprai ha reso l’Umbria famosa al mondo. Sono i produttori d’alta gamma che creano l’impatto, non ci sono molti produttori di fascia bassa capaci di farlo, perché anche se hanno grosse vendite, in termini di volumi, non avrebbero impatto sugli appassionati. Ma ci sono anche casi diversi, come il Piemonte, per esempio, che è una massa enorme di centinaia di produttori diversi, con reputazioni e prodotti diversi, molto complesso, al punto che gli inglesi sono abbastanza “spaventati”, o disorientati, dal Piemonte
I grandi vini di Bordeaux, soprattutto in Asia, stanno soffrendo. Può essere un’opportunità per crescere per i grandi vini italiani?
È decisamente un’opportunità, perché il nuovo collezionista di vini sta cercando qualcosa di nuovo da comprare, qualcosa che non sia Bordeaux, e neanche Borgogna, perché semplicemente non ce n’è abbastanza per tutti. E quindi sono sicura che ci siano enormi opportunità per i migliori vini d’Italia, senza dubbio.
Più in generale, che consigli si sente di dare ai produttori italiani?

Direi cercare più esposizione sui social media, mettere l’indirizzo web sulle etichette, avere una persona, preferibilmente che parli inglese e italiano, che si occupi solo di social media, perché è importante stabilire una relazione con il consumatore usando il linguaggio del mercato in cui si vuole entrare. E poi viaggiare, essere aperti di mentalità, assaggiare quanto più vino non italiano possibile, per avere il polso della situazione e confrontarsi con il mondo. E ancora, dico: guardate la vostra etichetta con occhio critico, specialmente con qualche “profano”, perché se non riuscite a raccontare il vostro vino con facilità dovete considerare la possibilità di dover adattare la vostra etichetta in questo senso, specialmente le retro-etichetta, perché è uno strumento perfetto per comunicare il contenuto della bottiglia ai consumatori. Voi lo conoscete, ma loro no, spiegatelo meglio. Anche se il vino viene comprato on-line o al ristorante, quantomeno la persona che compra la bottiglia può comunque leggere la retro-etichetta per capirvi, ed è una cosa importante.
Info: www.jancisrobinson.com

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