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AAA vino, cercasi millennials italiani: se in Usa trainano i consumi di vino i coetanei in Italia non sono diversi. A patto di considerarli nuovo mercato e un’opportunità. Analisi WineNews per Vinitaly, con commento della sociologa Marilena Colussi

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AAA vino, cercasi millenials Italia

Curiosi, multiculturali, esterofili, sempre connessi e per niente imbarazzati nell’ammettere di capirne poco in fatto di vino, hanno voglia di sperimentare, prodotti ma anche esperienze, e, per farlo, si affidano ai consigli e al passaparola che viaggia sui social tra coetanei, magari giovani “influencer” come loro, o andando ad eventi in cui si divertono, influenzandosi a vicenda e consumando vini adatti ad ogni occasione, rossi per quelle più formali, bianchi in quelle più casual, le bollicine sempre più di moda: ecco i millennials, la Generazione Y che in Usa traina, ora e in futuro, i consumi del mercato del vino n. 1 al mondo, partner straniero più importante per l’Italia enoica (1,05 miliardi di euro di export per il vino imbottigliato, più 194,9 milioni di euro in valore per gli sparkling wine, nel 2015). Come i loro coetanei a stelle e strisce, i millennials italiani - oltre 11,9 milioni di persone tra i 18 ed i 35 anni (dati Istat) - considerano il cibo elemento di identità territoriale e il suo consumo l’espressione del proprio modo di essere, un alimento ma anche un piacere, ma a differenza dei giovani americani, secondo un’analisi WineNews per Vinitaly, la rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com), è più facile individuare dove vanno i loro gusti in altri settori, dalla musica al web, dai videogiochi ai talent show - da Fedez a Mariano di Vaio, da Call of Duty a MasterChef - piuttosto che in quali prodotti wine & food si traducono.
“Come spesso accade sono gli americani a diffondere le parole che poi entrano in circolazione. Ma i millennials, sono i “1.000 euristas” spagnoli, o i precari in Italia - oggi la generazione “Jobs Act” - per la prima volta, cioè - spiega la sociologa Marilena Colussi a WineNews - abbiamo di fronte una generazione che vive cose comuni in tutto il mondo, grazie a internet, con la quale è nata e che la mette in connessione. La differenza la fanno i numeri, con i millennials italiani che sono meno che in altri Paesi. E il modo in cui, secondo la propria cultura, si approcciano con il cibo ed il vino. Il millennial italiano apprezza il vino ed ha un rapporto storico con questo, il millennial Usa è indicato come quello su cui puntare perché oltreoceano il vino è diventato di moda più recentemente, perché sta vivendo con questo un rapporto in termini moderni, e continuerà a berlo ancora a lungo visto che si vive più a lungo. Anche in Italia bisogna guardare ai millennials come se fossero non una nicchia, ma un nuovo mercato ed un’opportunità. E pensando a loro come ambasciatori del nostro vino all’estero”.
C’è anche un’altra cosa che accomuna la Generazione Y: sentirsi ancora intimoriti nell’approccio con il vino - dal pronunciarne erroneamente il nome al doverlo assaggiare al ristorante - tanto che i millennials Usa, nonostante un consumo regolare di vino, si sentono ancora dei neofiti (secondo gli ultimi dati Nielsen a Wine to Wine 2015 by Vinitaly, i bevitori potenziali, sopra i 21 anni di età, in Usa sono 230 milioni, con i millennials che consumano in media 30 litri di vino l’anno, spendendo attorno ai 400 dollari). “In Italia abbiamo sempre pensato al wine lover come una persona dai 40 anni in su, per cultura, capacità di spesa, perché va al ristorante, con l’apice rappresentato dai 50 ai 60 anni - sottolinea Marilena Colussi - e se finora le aziende hanno puntato sul brand e sull’esclusività, ora dobbiamo coltivare i millennials. Che bevono molta birra e spirits, sono sensibili alle novità, ma di prodotti che sono antichi. Sono pragmatici e non apprezzano un eccesso di sofisticazione di immagine. Per questo per il vino la comunicazione è fondamentale, capire come e con quali prodotti, ascoltandoli, usare il loro linguaggio, spiegare quello che non sanno, coinvolgerli e proporre il vino in modo nuovo, perché lo apprezzino”.
Tra coetanei si assomigliano anche nel fatto di non avere nessun imbarazzo ad ammettere di saperne poco sul vino. Curiosi e con la voglia di sperimentare, secondo Sopexa Usa, divisione americana dell’agenzia francese che si occupa di promozione del wine & food (non solo di Francia) in tutto il mondo, non hanno trovato ancora i loro vini di riferimento, un loro stile, e informarsi per loro è determinante, fin dall’etichetta, specie se accattivante ed attraente, ma anche dalla possibilità di farlo in prima persona, rivolgendo domande al produttore - e cogliendo l’occasione per un viaggio enogastronomico - o al venditore. Ma ad oggi, però, alla fine prendono in mano il loro smartphone e sono più interessati a sapere quello che altra gente dice di quel vino, e la loro scelta quasi sempre ricade su brand noti e conosciuti, per andare sul sicuro.
Nonostante la famiglia resti la prima fonte di informazione, il calo dei consumi di vino in Italia (che si aggira sui 35 litri di vino all’anno, con 27 milioni di consumatori totali, l’80% della popolazione maggiorenne in Italia, ma di cui solo 1,3 abituali, che bevono cioè almeno mezzo litro di vino al giorno; fonte: Osservatorio del Vino italiano di Uiv, Ismea, Wine Monitor - Nomisma e altri, in partnership con Vinitaly), spinge i più giovani a cercare anche altre fonti, più sul web che sui media tradizionali, giornali e riviste di settore, passando per la frequentazione di locali ad hoc. Ma questo non basta: andare di persona nei mercati, dalle aziende ai consorzi o gruppi di aziende, a promuoversi resta d’obbligo, perché, prima, diffondere la cultura del consumo del vino, non solo attraverso i nuovi canali, resta fondamentale.

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