I cronici problemi dell’accesso al credito (53%) e dei ritardati tempi di pagamento (39%), ma anche criticità come l’elevata e crescente pressione fiscale (75%) e la necessità e capacità di innovare sia nell’offerta di prodotto (43%) sia nei processi di sviluppo organizzativo che permettano di fare rete con altri produttori e spingano il made in Italy nei mercati a maggiori tassi di sviluppo: ecco i maggiori nodi da sciogliere secondo le imprese del mondo del vino, secondo una ricerca condotta da Quaeryon (www.quaeryon.com), società di consulenza che affianca piccole e medie organizzazioni nei loro processi di trasformazione e attiva nel settore vitivinicolo soprattutto nelle regioni a forte vocazione e tradizione produttiva (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Toscana, Marche e Sicilia). Da cui emerge un aspetto interessante: la piccola dimensione dell’azienda enoica media italiana, a giudicare dai risultati, non pregiudica il successo dell’export.
“Sebbene i dati del consumo interno abbiano registrato un modesto incremento (+1,8% sul 2013 secondo i Dati dell’Ufficio studi Mediobanca), l’Italia - spiega una nota Quaeryon - si conferma il primo paese al mondo per produzione con un fatturato in crescita (+4,8%) che ne fa a buon diritto un settore trainante della nostra economia. Occorre tuttavia che l’export verso i mercati più promettenti venga incentivato e le imprese, soprattutto quelle di medie dimensioni, scelgano di operare in sinergia per poter fronteggiare le complessità legate allo sbarco in Paesi dalle ottime potenzialità ma di difficile approccio. In questo contesto, la capacità d’innovazione - sia in termini di prodotto sia di organizzazione e risorse umane e dinamiche commerciali - sono elementi che oltre il 65% di un campione di 100 aziende vitivinicole italiane, di media dimensioni, avverte come strategiche per il successo futuro”.
“La nostra ricerca - spiega Elena Murelli, partner di Quaeryon - ha fatto emergere un dato interessante, che accomuna per sensibilità al tema dell’innovazione e della crescita del capitale umano, il settore vitivinicolo ad altri più propriamente industriali e tecnologici. L’indagine - aggiunge - conferma come il capitale umano sia la risorsa più importante per un imprenditore, capace di annullare molte delle distanze e performance che esistono tra imprese dei diversi Paesi e permettere al sistema Paese di agganciare i timidi segnali di ripresa. Questo vale anche per un settore, come quello vitivinicolo, che in Italia è un patrimonio sia in termini produttivi sia di risorse umane impiegate, sia di ricchezza creata”.
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