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SCENARI

Agroalimentare primo settore dell’economia italiana, per occupati, produzione e valore aggiunto

Tra istituzioni (7 i Ministri presenti) e aziende, lo “stato dell’arte” e le sfide di un asset strategico, all’Assemblea Generale di Confagricoltura
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Le nuove sfide dell’agricoltura made in Italy (ph: Pixabay)

L’agroalimentare è, ad oggi, il primo settore dell’economia reale italiana: per numero di occupati (1,3 milioni nel 2022), valore della produzione (201 miliardi di euro nel 2020) e valore aggiunto (64 miliardi di euro nel 2022). L’export del settore agroalimentare ha superato la soglia dei 60 miliardi di euro nel 2022 e sta mantenendo un buon trend di crescita nell’anno in corso. L’Italia è il primo Paese dell’Unione Europea per la produzione di ortofrutta, vino e olio (28,4 miliardi di euro nel 2022) ed è il secondo al mondo per la miglior bilancia commerciale nei formaggi (2 miliardi di dollari nel 2022). In termini di valore aggiunto, l’agricoltura italiana ha generato 37,2 miliardi di euro, un valore secondo solo alla Francia. Lo “stato dell’arte” e le sfide per il futuro del comparto che rappresenta un asset strategico per la nostra economia è andato in scena all’Assemblea Generale di Confagricoltura in questi giorni a Roma, con i rappresentanti delle più importanti aziende e delle istituzioni - ben 7 i Ministri presenti, da Francesco Lollobrigida (Agricoltura e Sovranità Alimentare) a Matteo Salvini (Infrastrutture e Trasporti), da Daniela Santanchè (Turismo) ad Antonio Tajani (Esteri), da Anna Maria Bernini (Università e Ricerca) ad Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy), passando per Gilberto Pichetto Fratin (Ambiente).
Il Ministro Lollobrigida - secondo cui serve ragionare come “sistema Italia” - ha annunciato per il settore, in linea con le richieste di Confagricoltura, un miliardo in più a favore dei contratti di filiera, nell’ambito della revisione del Pnrr, per soddisfare le richieste delle imprese, di gran lunga più numerose rispetto alla dotazione finanziaria iniziale. “Un risultato importante, perché rafforza il dialogo tra agricoltura e industria che può fungere da caposaldo per un piano di crescita per l’intero sistema agroalimentare italiano” commenta Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura. Molto positiva anche l’attenzione che il Governo ha mostrato sulla richiesta di avviare un confronto strutturato, tra i soggetti della filiera, sulla formazione dei prezzi, dal produttore al consumatore, in un’ottica di medio periodo capace di dare certezze a tutti: “questo strumento - aggiunge Giansanti - avrebbe già consentito di far fronte alla forte crescita dell’inflazione alimentare che ha già prodotto un calo dei consumi”.
Per il Ministro Daniela Santanchè “agricoltura e turismo sono un binomio sempre più importante: oggi parliamo sempre di più di turismo lento, di turismo esperienziale e i numeri stanno crescendo. Abbiamo 5.600 borghi e molti non sono ancora destinazioni turistiche, abbiamo lanciato dei bandi per aiutarli a crescere. Nei borghi si produce il 92% delle nostre eccellenze enogastronomiche; oggi il turista cerca l’esperienza, vuole vedere come vengono prodotti l’olio, il vino, la mozzarella. Vogliono tornare a casa con i nostri prodotti, che rappresentano un’eccellenza nel mondo. Molti scelgono l’Italia perché si mangia e si beve bene. Poi lasciatemi dire una cosa forse un po’ impopolare, una delle parole più sentite negli ultimi tempi è overtourism, e io non penso che il problema siano i troppi turisti, ma che non ci sia mai stata una visione industriale su un settore che costituisce circa il 13% del Pil. E noi questa visione la stiamo portando avanti”.
Tra i settori dell’economia produttori di beni, l’agroalimentare (inteso come aggregato di settore primario e industria degli alimentari, bevande e tabacco) è il più importante in Italia per numero di occupati (1 milione e 380.000 nel 2022), valore della produzione (201 miliardi di euro nel 2020) e valore aggiunto (64 miliardi di euro nel 2022). In tutti i tre i casi, l’agroalimentare precede la metallurgia e i prodotti in metallo, che si collocano al secondo posto, e le macchine e gli apparecchi meccanici, al terzo posto. Inoltre, il settore agroalimentare italiano è anche il primo per investimenti fissi lordi nel complesso e per investimenti in impianti e macchinari. L’export del settore agroalimentare ha superato la soglia dei 60 miliardi (60,7 miliardi di euro nel 2022) e sta mantenendo un buon trend di crescita nell’anno in corso. Inoltre, l’Italia è il primo Paese dell’Unione Europea per la produzione di ortofrutta, vino e olio (28,4 miliardi di euro nel 2022) ed è il secondo Paese al mondo per miglior bilancia commerciale al mondo nei formaggi (circa 2 miliardi di dollari nel 2022), dopo i Paesi Bassi. L’Italia è il Paese dell’Eurozona con il maggior numero di occupati in agricoltura (839.000 nel 2020) ed anche nel settore primario nel suo complesso (913.000 nel 2021). In termini di valore aggiunto, l’agricoltura italiana ha generato 37,2 miliardi di euro, un valore secondo solo alla Francia, con cui si è però contesa la leadership dell’Unione Europea durante l’ultimo decennio.
Dal rapporto “Italy’s strengths in agriculture: a leading producer of vegetable products in Europe and the world” (edizione 2023) - elaborato da Fondazione Edison e Confagricoltura - emergono chiaramente i primati del nostro Paese nelle produzioni vegetali legate alla Dieta Mediterranea ed italiana. Si tratta di verdure, ortaggi, frutta e cereali, che rivestono un ruolo di grande rilievo non solo nel settore agricolo nazionale ma anche europeo e talvolta perfino mondiale, come nel caso dei carciofi o dei finocchi. Dall’analisi realizzata sui principali prodotti agricoli vegetali emerge che l’Italia si pone in ben 42 casi tra i 3 principali produttori dell’Unione Europea, nel quadro di una accesa competizione soprattutto con Spagna e Francia (dati Eurostat riferiti all’anno 2022). Nel dettaglio: l’Italia è il primo produttore Ue in 18 produzioni agricole vegetali, il secondo in 19 e il terzo in altre 5. L’Italia è il primo produttore Ue, ad esempio, di pomodori, finocchi, carciofi, melanzane, cime di rapa, indivie, ma anche mele e pere fresche, pesche, nettarine, albicocche, uve da tavola e da vino, meloni, kiwi, nocciole e bergamotto. Il nostro Paese è inoltre il primo produttore di grano duro e riso.
Secondo il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, “l’aumento dei tassi da parte della Banca Centrale Europea genera forti preoccupazioni per la stabilità dell’Europa e per la capacità competitiva degli Stati membri. Il rischio è che le misure adottate per contrastare la spinta inflazionistica possano innescare asimmetrie negative e durature sulla crescita. Veniamo da un periodo pluriennale durante il quale gli imprenditori hanno fatto ricorso al credito per finanziare gli investimenti finalizzati a una maggiore competitività aziendale. Dalle innovazioni digitali, ai cambiamenti delle fonti energetiche in aggiunta al costante aggiornamento dei processi produttivi. Sulla spinta della politica monetaria in atto negli scorsi anni, quando il timore era quello della deflazione, è stato fatto un ampio ricorso ai tassi variabili. Oggi, il loro sostenuto aumento sta generando forte apprensione per la tenuta del conto economico e, di conseguenza, per la solvibilità delle imprese. In questa situazione, il crollo della marginalità spinge le aziende ai margini del mercato. Per reagire, sono obbligate a trasferire i maggiori costi sul prezzo del prodotto finito, con il risultato di accrescere la spinta inflattiva. I prezzi all’origine scontano un forte calo, mentre sui mercati a termine prevalgono gli orientamenti dei “trader”. Oscillazioni di così ampia portata non sono sostenibili per le imprese. Rendono impossibile una corretta visione sulle prospettive dell’annata agraria. Il settore agroalimentare - prosegue Giansanti - ha bisogno di una strategia a lungo termine. Non possiamo più farne a meno, perché il contesto economico diventerà più sfidante. Abbiamo un Governo forte di un’ampia maggioranza politica e le risorse finanziarie per recuperare il tempo perso. Rispondendo a una nostra richiesta, il Governo ha deciso di costituire un Tavolo Agroindustriale. Da parte nostra, abbiamo già presentato un documento di proposte. In primis, rafforzamento della logistica e delle infrastrutture per facilitare l’esportazione dei nostri prodotti. Nel trascorso decennio, sono quasi raddoppiate: è nelle nostre possibilità salire da 60 a 100 miliardi di euro l’anno. Con la crescita delle esportazioni possiamo far salire anche il tasso di autoapprovvigionamento, fermo al 75%, producendo così nuova ricchezza e buoni posti di lavoro. Un altro punto per noi sensibile è quello del rafforzamento delle filiere: scontiamo la mancanza di un confronto strutturato con le altre parti del sistema agroalimentare. Alla grande distribuzione italiana, in particolare, chiediamo di studiare un’iniziativa per contrastare la caduta dei consumi dei prodotti destinati all’alimentazione. Manca meno di un anno al voto per il rinnovo del Parlamento europeo a cui, nel mese di ottobre, farà seguito la nomina della nuova Commissione”.
Con il Copa, prosegue, “siamo impegnati al massimo per la tutela delle nostre imprese di fronte alle proposte avanzate dalla Commissione nel quadro del “Green Deal”. Grazie alle decisioni assunte dal nostro governo in seno al Consiglio della Ue e alle iniziative degli amici europarlamentari sono stati già ottenuti sensibili miglioramenti rispetto ai progetti della Commissione: dalla riduzione dei fitofarmaci, al recupero della natura, fino all’ulteriore estensione agli allevamenti della direttiva sulle emissioni industriali. Sono troppe le proposte e gli orientamenti della Commissione che vanno nella direzione sbagliata. Penso al Nutriscore contro il quale, da soli, abbiamo intrapreso e vinto una battaglia di fronte all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Penso all’etichetta irlandese sugli alcolici, ingiustamente penalizzante per il consumo moderato e consapevole dei vini. Con gli amici di Confindustria, abbiamo presentato un esposto alla Commissione per ottenere un cambio di rotta. Penso alle proposte sugli imballaggi che penalizzano l’Italia che, sulla pratica del riciclo, ha conquistato posizioni all’avanguardia in Europa. Una buona notizia è però arrivata nei giorni scorsi da Bruxelles, con la presentazione della proposta di regolamento sulle tecniche di evoluzione assistita. Forse, è finita l’epoca dell’ostracismo nei confronti della ricerca scientifica e delle innovazioni”.
“Vogliamo essere messi nella condizione di produrre di più, con una minore pressione sulle risorse naturali e una crescente partecipazione del nostro settore alla “decarbonizzazione” dell’economia. Su queste basi, a nostro avviso, dovrà essere rivista la Pac dopo il 2027. Quella in vigore dall’inizio di quest’anno è chiaramente inadeguata. Con un bilancio adeguato, la Pac deve tornare ad essere uno strumento di politica economica per continuare a garantire ai consumatori produzioni adeguate in termini di qualità e quantità. E a costi accessibili, insieme a un giusto reddito per gli agricoltori. Agli aspetti produttivi, va poi aggiunto il presidio e la cura del territorio che l’agricoltura assicura alla collettività: senza il nostro lavoro, il dissesto idrogeologico sarebbe più grave. La vitalità socio-economica delle aree extraurbane dipende dai risultati delle nostre imprese. Le attuali risorse finanziarie assegnate alla Pac sono insufficienti, meno dello 0,5% del Pil europeo” conclude Giansanti.

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