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ASSOVINI SICILIA

Alla scoperta di vigneti dalla storia antica: riflettori accesi sulle Doc del territorio di Messina

Non solo i vini ormai noti a livello internazionale, la Sicilia punta anche sulle sue piccole denominazioni: Faro, Mamertino e Malvasia delle Lipari

É una delle regioni vitivinicole più importanti del panorama italiano, capace di realizzare negli ultimi venti anni un eccezionale salto qualitativo che l’ha portata alla ribalta internazionale: oggi la Sicilia, famosa per i suoi vini dell’Etna, di Marsala, di Vittoria, del trapanese e di Pantelleria, punta anche sulle sue denominazioni più piccole, magari meno conosciute, ma dalla storia millenaria. Come il territorio di Messina - la più antica città dell’isola, nata come Zancle, colonia fondata tra il 750 e il 715 a.C. - che racchiude tre piccole Doc in grande ascesa: Faro, Mamertino e Malvasia delle Lipari.
Tre denominazioni da cui riparte il racconto del vino dell’Isola, grazie ad Assovini, associazione che riunisce oltre 90 produttori siciliani, e che è stata la protagonista della “rivoluzione” della Sicilia del vino di questi decenni: “vogliamo esprimere il concetto di vino-territorio per promuovere i diversi areali siciliani, insieme alla loro storia e al loro patrimonio artistico, attraverso le azioni di comunicazioni, marketing, press tour. Parlare di vino siciliano significa narrare il suo territorio”, afferma Laurent Bernard de la Gatinais, presidente Assovini Sicilia.
Sono 11 i produttori di Assovini Sicilia che rientrano nelle tre denominazioni, dalle vigne sui Monti Peloritani della Doc Faro alla costa tirrenica e ionica della Doc Mamertino, fino all’arcipelago delle Isole Eolie, terra della Doc Malvasia delle Lipari. Tutte attingono la propria forza da un territorio che non ha eguali e che offre a turisti e gourmet un’eccellente tradizione gastronomica a fianco di cultura e bellezze naturali. La storia di questi vini ha radici millenarie: sebbene siano noti soprattutto dal XIV secolo, quando gli Aragonesi governavano la Sicilia, i riferimenti più conosciuti sono quelli legati all’antica Roma. Giulio Cesare pare apprezzasse particolarmente il vino Mamertino (i Mamertini erano una popolazione di origini campane che si stabilì a Messina nel 289 a.C.), citandolo persino nel De Bello Gallico. Anche Plinio il Vecchio nel XIV libro della sua Naturalis Historia conferma che Cesare, all’epoca del suo terzo consolato, serviva durante i banchetti quattro tipologie diverse di vino: il Falerno e il Mamertino, di provenienza italica, il Lesbio e il Chio, di provenienza greca. Strabone, geografo romano, e Marziale classificarono il Mamertino fra i migliori vini dell’epoca. Tra gli altri riferimenti letterari, in “Molto rumore per nulla” - la commedia teatrale scritta da William Shakespeare nel 1599 - la storia inizia con il ritorno a Messina del principe Pedro d’Aragona, seguito da cavalieri d’armi. Qui Leonato, governatore della città, offre al capitano di giustizia Corniola il vino di Messina.
L’area di produzione della Doc Mamertino, per la quale è appena nato il Consorzio di tutela (vedi Focus), abbraccia 34 comuni messinesi per circa 100 ettari totali. Un territorio “vista mare” con altezze che raggiungono anche i 500 metri slm. Riconosciuta ufficialmente nel 2004, per questa Doc possono essere utilizzate le varietà bianche grillo, ansonica (insolia) e catarratto normale o lucido, a cui possono aggiungersi, in percentuali minime, le altre varietà ammesse; per rossi, nero d’Avola e nocera, in percentuale minore e per un massimo del 15% altre varietà a ammesse. Ma non è solo il Mamertino a proporsi in chiave storica, anche la Doc Malvasia delle Lipari pesca le sue origini in un lontano passato. Per Diodoro Siculo, storico greco-siceliota vissuto tra il 90 e il 27 a.C., l’introduzione del vitigno si deve ai colonizzatori greci, giunti nelle Eolie intorno al 588 a.C. Nell’Ottocento il commercio dei vini delle Eolie si diffusero in tutta Europa, grazie agli inglesi di stanza a Messina. Lo scrittore Alexandre Dumas, nel suo diario di viaggio sulle Eolie, annotò: “venne portata una bottiglia di Malvasia delle Lipari; fu il vino più eccezionale che abbia mai assaggiato nella mia vita”. Riconosciuta ufficialmente nel 1973, la Doc include le sette isole Eolie: Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli e Vulcano. L’arcipelago comprende ben due vulcani attivi, Stromboli e Vulcano. Nel 2000 le Eolie sono state proclamate patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. La vite è coltivata soprattutto nell’isola di Salina ed anche in quelle di Lipari e Vulcano, mentre il clima è caratterizzato da una accentuata ventosità marina. Le varietà di uva contemplate nel disciplinare di produzione includono solamente la malvasia di Lipari sino al 95% con una piccola percentuale di corinto nero compresa tra il 5 e l’8%. I vini prevedono le tipologie passito, liquoroso (con alcool aggiunto) o secco, in base alla percentuale di zuccheri naturali presenti nel vino.
Quasi “cittadina” la dimensione della Doc Faro, la cui zona di produzione si sviluppa nel solo comune di Messina, da Giampilieri Marina a Capo Peloro per 32 chilometri nella fascia jonica, e da Capo Peloro a Ortoliuzzo per 24 km nella fascia tirrenica, per 900 ettari totali. Riconosciuta ufficialmente nel 1976, il nome “Faro” pare derivi dall’antica popolazione greca dei Pharii, che colonizzarono Capo Peloro (Faro) e gran parte delle colline messinesi, svolgendo attività agricola e in particolare dedicandosi alla coltivazione delle vigne. Quest’area della Sicilia vanta un’antichissima vocazione vitivinicola, il vino Faro, infatti, era prodotto già in età Micenea (XIV secolo a.C.). Numerose testimonianze sono riconducibili a un’importante attività vitivinicola già dall’epoca greca, per arrivare fino al XIX secolo in cui furono davvero notevoli il commercio e l’esportazione di vino Faro in molte regioni della Francia, allora utilizzato come vino da taglio dei vini di Borgogna e di Bordeaux, in concomitanza con gli attacchi di fillossera che interessarono il Nord Europa e la Francia in particolare.

Focus: Nasce il Consorzio della Doc Mamertino
Dopo il riconoscimento della Doc nel 2004 e la nascita dell’Associazione nel 2019, giunge a compimento il lungo percorso di affermazione del Mamertino con la fondazione del Consorzio. Ben 15 le realtà vitivinicole coinvolte - tra aziende storiche e nuove generazioni - riunitesi il 15 novembre per programmare il futuro della Doc. “Il Mamertino - spiega la presidente del Consorzio, Flora Mondello - è un piccolo gioiello della storia vitivinicola siciliana che, pur venendo da un glorioso passato, deve poter interpretare oggi una modernità enologica davvero interessante e competitiva grazie, soprattutto, al coinvolgimento delle nuove generazioni”.
L’areale ricade nella parte nord-orientale della provincia di Messina - abbracciando ben 31 comuni - che dalla costa tirrenica risale colline, boschi e rilievi per caratterizzare uno degli habitat viticoli più straordinari e ricchi di biodiversità della Sicilia: i Nebrodi. Un territorio unico, aperto sul mare, ma con altezze che raggiungono anche i 500 metri s.l.m., in grado di esprimere condizioni pedoclimatiche assai peculiari e dove l’interazione di queste con le varietà autoctone impiantate, concorrono a definire l’identità enologica di un’area così differenziata, in quanto a suoli, clima ed esposizione. Il suo tessuto produttivo identifica, oggi, la presenza di piccole aziende a conduzione familiare, con una media di 3-4 ettari ad azienda (per un’estensione complessiva pari a circa 50 ettari) e piccole produzioni di nicchia per un totale di 100.000 bottiglie annue.
Le tipologie ammesse dal disciplinare di produzione sono, ad oggi, Bianco e Bianco Riserva; Rosso e Rosso Riserva; Calabrese o Nero d’Avola e Calabrese o Nero d’Avola Riserva e, infine Grillo - Inzolia. Il disciplinare regola anche le percentuali varietali minime e massime ammesse per ciascuna tipologia prima e che nei vini Bianchi e Riserva ammette le seguenti varietà: Grillo, Ansonica e Catarratto (normale e Lucido) a cui possono aggiungersi, in percentuali minime, tutte quelle altre varietà ammesse alla coltivazione sul territorio siciliano che, nei bianchi non può superare il 20% e, nei rossi, il 15%. Per i vini Rossi e Rossi Riserva le varietà ammesse sono: Calabrese o Nero d’Avola e Nocera, oltre che tutte le altre varietà a bacca rossa ammesse alla coltivazione nell’isola. La differenza tra Bianco e Riserva e Rosso e Riserva è coerente al periodo di affinamento obbligatorio, prima della commercializzazione. Nei vini rossi con l’appellativo Riserva il periodo di affinamento non può essere inferiore ai due anni dalla vendemmia. Sia per i bianchi che per quelli rossi, è previsto un periodo minimo di 6 mesi di maturazione tra legno e bottiglia.
Tra le più importanti iniziative che prenderanno il via durante il 2023, quella di sviluppare e promuovere la conoscenza dei vini della denominazione, facendone percepire identità e valore, attribuendo anche il giusto ruolo al Nocera, tra le varietà più identitarie dell’intera isola. Altro elemento essenziale consisterà nell’organizzazione di iniziative legate ad una moderna e più contemporanea formula di enoturismo e hospitality, così da stimolare la crescita del settore vitivinicolo con un’offerta esperienziale più ampia, in grado di valorizzare ogni singolo attore del Mamertino Doc. Il primo appuntamento del neonato Consorzio al Vinitaly 2023, in programma dal 2 al 5 aprile nella città scaligera.
Le cantine che hanno ad oggi aderito al Consorzio sono: Antica Tindari, Barone Ryolo, Cambria Vini, Cantina Vinicola Bongiovanni, Cantine Lipari, Feudo Solaria, Gaglio Vignaioli, Guzman Tenuta Moreri, Paone Vini, Planeta, Principi di Mola, Sapuri Cantina Siciliana, Tenuta Lacco, Vigna Nica e Vasari. Il Consiglio direttivo del Consorzio Doc Mamertino è composto dal presidente Flora Mondello (Gaglio Vignaioli), dal vice presidente Carmelo Grasso (Feudo Solaria), dal tesoriere Simone Paone (Mimmo Paone) e dai consiglieri Ylenia Martino (Antica Tindari) e Maria Genovese (Vigna Nica).

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