Altro che bond, pezzi d’arte e francobolli, l’investimento più redditizio è il vino che, nel corso del ‘900, ha avuto un rendimento reale del 4,1% annuo, una performance inferiore solo ai titoli azionari britannici, forti di un rendimento annuale del 5,2%. Almeno, questo è il risultato della ricerca di un team di studiosi dell’Università di Cambridge, dell’Hec di Parigi e della Vanderbilt University di Nashville.
Se ci fosse stato un Warren Buffett nel mondo del vino, tra il 1900 ed il 2012 avrebbe visto un ritorno annuo del 4,1% sui propri investimenti, “meno del mercato azionario - spiega alla Reuters (www.reuters.com) Elroy Dimson, visiting professor alla Cambridge Judge Business School - ma sorprendentemente più del mercato valutario e dei titoli di Stato. La vita è ingiusta, e le persone più ricche che comprano questo genere di asset, in questo caso il vino, potrebbero venderne anche solo la metà, che basterebbe a ripagare l’altra metà che decidono di bere”.
La ricerca ha analizzato i dati di 36.271 transazioni riguardanti i top five di Bordeaux, Haut-Brion, Lafite-Rothschild, Latour, Margaux, e Mouton-Rothschild, nelle aste di Christie’s e nelle vendite del wine merchant Berry Bros. & Rudd, ma ha comunque i suoi limiti. “È chiaro, che quando si prendono in considerazione bottiglie da 8.000 sterline - conclude Dimson - non si parla certo di investimenti alla portata di tutti, e poi, il vino è particolarmente soggetto alle fluttuazioni ed ai gusti della gente. Basta pensare, nel secolo scorso, al crollo del Porto. Per il futuro, magari, meglio puntare sul whisky ...”.
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