Altro che “Millenials”: i figli degli anni ’80, che vivono ancora l’instabilità lavorativa ed economica, acuita dal macigno della crisi, continuano a recitare un ruolo di secondo piano negli acquisti enoici delle aziende Usa. I 21-34enni valgono solo il 12,8% degli acquisti in cantina dei wine lovers a stelle & strisce, mentre la parte del leone continuano a farla i “Boomers” (la generazione nata tra il 1945 ed il 1964), protagonisti del 44% degli acquisti diretti, seguiti dalla “Generation X” (35-46 anni) al 30% e dagli “Over 65” con il 13,4%. A dirlo è la previsione annuale di Rob McMillan, fondatore della Silicon Valley Bank’s Premium Wine division, che sottolinea come “i Millenials non siano ancora una fonte di crescita per l’industria del vino, la disoccupazione è ancora troppo alta tra i giovani, ed il loro reddito basso. Al contrario, la Generation X è destinata a prendere il posto dei 10.000 Boomers che, ogni giorno, superano i 65 anni, con un relativo disimpegno anche nei consumi enoici”. Per l’Italia del vino, un messaggio chiaro: per rimanere leader (con 2,5 milioni di ettolitri esportati per un valore di 1,25 miliardi di dollari) in Usa, bisogna conquistare i cinquantenni ...
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