In una Verona il cui legame con la musica è tanto profondo quanto lo è quello con il suo vino più celebre (testimoniato anche dai 1.200 ettari di vigneto nei confini comunali, che fanno della città, “capitale della Valpolicella”, un grande “vigneto urbano”) l’Amarone prende in prestito le tradizioni della lirica per presentare al mondo l’annata 2017 con “Amarone Opera Prima”, l’evento straordinario del Consorzio Vini Valpolicella, dal 17 al 20 giugno (il 18 giugno, su invito, in Arena per assistere all’Aida, l’opera più rappresentata di sempre, di Giuseppe Verdi, grande appassionato di vini e vigneron). Un legame, quello tra il vino di Valpolicella e l’Arena di Verona, testimoniato anche dal fatto che molte cantine hanno adottato alcune delle 67 colonne dell’Arena, in un progetto di mecenatismo della Fondazione Arena, che ha visto scendere in campo realtà come il gruppo Calzedonia di Sandro Veronesi, tra i founder, e del quale fa parte l’eno-catena Signorvino, e nomi tra i più importanti della Valpolicella, come Masi, Pasqua, Tommasi, Allegrini, Tenuta Sant’Antonio della Famiglia Castagnedi, Sartori e anche Veronafiere, firma di quel “Vinitaly” che fa di Verona la capitale per eccellenza del business del vino italiano.
Un business che, nel territorio, vede il vino, Amarone in testa, muovere un giro d’affari di 600 milioni di euro all’anno, con il grande rosso che oltre ad essere tra rossi italiani più amati nel mondo, è tra i vini più preziosi d’Italia, con un valore dello sfuso che oscilla tra 900 e 1.000 euro ad ettolitro per l’annata 2018, per esempio. Ed il cui successo sul mercato - con un 2021 che ha visto le vendite, complessivamente, crescere del 16% sul 2020, grazie a 35 milioni di bottiglie di Ripasso, 20 milioni di Valpolicella e 19 milioni di Amarone, che nascono da 8.600 ettari di vigneto in produzione - tiene alti anche i valori fondiari e patrimoniali, con un ettaro di vigna nella Valpolicella Classica, in collina, che si aggira sui 500.000 euro (e quelli nelle zone più pianeggianti che si trattano intorno a 300.000 e 350.000 euro).
40 le cantine in “Amarone Opera Prima” (da Bertani a Ca’ Rugate, da Gerardo Cesari a Corte Figaretto, da Costa Arènte a Domíni Veneti, da La Collina dei Ciliegi a Le Guaite di Noemi, da Massimago a Monte Zovo - Famiglia Cottini, da Montresor a Pasqua Vigneti e Cantine, da Rocca Sveva a Roccolo Grassi, da Santa Sofia a Santi, da Sartori di Verona a Secondo Marco, da Terre di Leone a Valentina Cubi, da Vigneti di Ettore a Zeni 1870), con un Amarone che vuole raccontarsi anche nella sua capacità di sposare diverse cucine: “è arrivato il momento di far emergere la versatilità dell’Amarone - spiega il presidente del Consorzio Valpolicella, Christian Marchesini - e di liberarlo da un preconcetto che non tiene conto dell’evoluzione stilistica e poliedrica del nostro vino premium. Si tratta di un percorso che, senza rinunciare all’identità, intende valorizzare un cambiamento già in atto tra i produttori della Valpolicella. Siamo convinti che l’Amarone possa essere interpretato in maniera innovativa, attraverso l’esplorazione di nuovi canoni del gusto. Un passaggio fondamentale per rispondere all’esigenza condivisa di riportare il settore horeca, e in particolare l’alta ristorazione, al centro della nuova strategia di azione e di promozione del Consorzio”. Un tema che sarà al centro di “Amarone 4wd, off the beaten track”, la masterclass in programma il 18 giugno a Palazzo Verità Poeta, in “Amarone Opera Prima”, dove l’Amarone sarà chiamato a confrontarsi con la cultura gastronomica di quattro macroregioni internazionali - Mitteleuropa, Sud Est Asiatico, Nord Europa, Usa e Canada, che valgono complessivamente un giro d’affari di circa 230 milioni di euro - interpretate da Nicola Portinari, chef bistellato del ristorante La Peca di Lonigo (Vicenza), che ha ideato la sfida con il Consorzio. La masterclass guidata dal critico gastronomico e wine expert, Davide Scapin, contempla quindi quattro piatti, uno per ogni mercato, abbinati a una selezione blind di diverse espressioni di Amarone: fresco, “reciotato”, austero e potente. La sessione, per i 100 giornalisti (80 dall’estero), prosegue poi con la masterclass “The boom generation: gli ultimi decenni dell’Amarone dalla sua escalation al successo mondiale”, condotta da JC Viens, italian wine ambassador e Wset educator: un tasting che guarda al futuro e alla new wave in Valpolicella dettata sia dal passaggio generazionale che da giovani aziende. In degustazione gli Amarone di 6 cantine con millesimi dal 1998 al 2016: Villa Spinosa (1998), Romano Dal Forno (2003), Cà La Bionda (2007), Le Guaite di Noemi (2010), Vigneti di Ettore (2012) e Villa San Carlo (2016).
“Amarone Opera Prima” continua, chiaramente, domenica 19 e lunedì 20 giugno, al Palazzo della Gran Guardia, con la presentazione dell’annata 2017 e dell’indagine “Amarone: analisi di un’eccellenza italiana. Un confronto comparato in uno scenario di incertezza”, condotta da Banco BPM - Funzione Studi & Ricerche e a seguire “Amarone e i miti dell’ospitalità veneta, tra storia e leggenda” (dalle ore 11), con Mauro Lorenzon, l’eclettico oste della Mascareta di Venezia, ora all’avvio di una nuova avventura professionale nella sua Enoiteca Guesteria sempre nella città lagunare; Giacomo Sacchetto, chef del ristorante La Cru di Romagnano (Grezzana), una stella Michelin, e Chiara Pavan, chef del Ristorante Venissa (1 stella Michelin). Dal pomeriggio (ore 16) spazio anche ai wine lover e agli operatori (a loro è poi anche riservata anche la giornata di lunedì 20 giugno).
Ma l’Amarone sarà sicuramente celebrato a Verona anche in uno dei templi del buon bere italiano e mondiale, sempre premiato dalla rivista cult Usa “Wine Spectator”, che da anni gli assegna il “Grand Awards”, massimo riconoscimento per le migliori carte del vino al mondo. Ovvero la Bottega del Vino, di proprietà delle Famiglie Storiche (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato, 13 aziende capaci di sviluppare un fatturato aggregato di 81 milioni di euro, il 23% del giro d’affari complessivo dell’Amarone).
Giornate a contatto con cantine e vigneti e momenti di incontro tra e con imprenditori su come va l’economia del vino della Valpolicella, ed anche con la bellezza di arte, cultura, cucina, ovvero tutto quello che è enoturismo in uno dei principali territori del vino del mondo. Un territorio che lega eccellenza enoica, cultura e visione, in un connubio di emozioni positive amplificate dal buono del vino e dal bello di Verona che, almeno è l’auspicio, potrebbero essere preludio ad una distensione dei rapporti tra Consorzio dei Vini della Valpolicella e le Famiglie Storiche, tutto chiaramente nell’interesse superiore della Valpolicella, che rappresenta uno dei miti del vino italiano nel mondo. Per quella che, riprendendo il linguaggio della lirica, potrebbe essere una nuova “overture” per la Valpolicella ed il suo vino.
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