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Architettura, interattività, cultura, viaggio nel tempo e nei sensi: dentro alla Citè du Vin di Bordeaux, insieme a WineNews. Con la guida di Veronique Lemoine (Fondation pour la Culture et Les Civilisations du Vin) e Philippe Massol, dg della Citè

L’architettura esterna, ispirata alle forme di un decanter, che ricorda il movimento del vino nel calice, quella interna che richiama alla mente l’ordine dei filari della vite, ma anche il telaio delle navi, che sono state fondamentali per il commercio, ed il successo, del vino nel mondo. E ancora, un viaggio multimediale nelle civiltà e nelle epoche del vino, dalla sua produzione al suo modo di essere consumato a tavola, anche attraverso i territori più insoliti del mondo, con i paesaggi di Giappone, Tahiti, le Canarie, tra gli altri, per stupire i visitatori e far capire quanto lavoro ci sia dietro lo sviluppo della vite; e ancora, una nave virtuale che viaggia nel tempo e racconta l’evoluzione del trasporto e della diffusione del nettare di Bacco, una tavola a cui siedono personaggi come Napoleone o Winston Churchill che in un “paradiso virtuale” discutono sulla bontà del vino della loro epoca, un viaggio multisensoriale tra i profumi, gli aromi, i colori e le sensazioni tattili del vino, percorsi culturali con esposizioni temporanee a tema e non solo. E alla fine, al piano più alto, un brindisi con i vini di tutto il mondo con vista su Bordeaux, con la possibilità di scegliere però solo un calice, perché poi si deve tornare a casa in auto, e anche la moderazione fa parte della cultura del vino. C’è tutto questo, e tanto altro nella Cité du Vin di Bordeaux, nata come vetrina in cui raccontare il vino in maniera universale ai wine lovers di tutto il mondo, che in un solo anno di attività ha registrato 425.000 visitatori, per un giro d’affari di 7,5 milioni di euro, e forte della sua attrattività ha già raggiunto la totale autonomia economica, in un quadro in cui il 90% delle strutture e delle iniziative è finanziato da risorse proprie, ed appena il 10% dai finanziatori privati, che hanno sostenuto la nascita stessa della Cité. Un tempio della cultura del vino che WineNews ha visitato nei giorni di Vinexpo (qui il video, https://goo.gl/4wGUoD), insieme a Véronique Lemoine, responsabile scientifico de la Fondation pour la Culture et Les Civilisations du Vin, e a Philippe Massol, direttore Citè du Vin.
“L’intero concetto della Citè du vin non è basato sulle tecniche e sui metodi di produzione del vino,
ma vede il vino come prodotto culturale - spiega Lemoine - e come legame tra i popoli di tutto il mondo. All’inizio volevamo chiamarla la Citè della civilisation du vin, e in effetti lo è. Tutto quello che vedete qui riguarda il vino e le relazioni tra i popoli attraverso i secoli, in tutto il mondo, e la cosa interessa tutti, siano winemaker, mercanti, o consumatori”. E, pur essendo in Francia e a Bordeaux, qui si parla di vino di tutto il mondo. “Parliamo di tutte quelle cose che fanno del vino un prodotto culturale - spiega ancora Lemoine - quindi, per esempio, mostriamo 25 panorami del vino, scelti tra quelli di tutto il mondo, che sono stati costruiti dai diverse generazioni di vignaioli attraverso i secoli. Ci sono videowall con interviste ai winemakers di 10 diverse Regioni del vino del mondo, vogliamo veramente essere la città di tutti i vini, la città delle persone che fanno vino, ovunque esse lo facciano, perché noi non li consideriamo competitors, ma amici nel segno del vino. E lo stesso vale per le persone che bevono vino, ed infatti, nella nostra galleria della civilizzazione del vino, mostriamo al visitatore tutti i modi di produrre e consumare il vino nel corso dei secoli, fino ad arrivare ai giorni nostri. C’è sempre un legame tra i tempi antichi e i tempi moderni, un legame tra chi produce vino e chi lo beve, la Citè si occupa del genere umano”.
Un luogo dove si possono imparare tante cose senza accorgersi che si sta “studiando”, perché tutto avviene in maniera interattiva, divertente e soprattutto alla portata di tutti, anche di chi non sa nulla di vino. Una semplicità percepita, dietro alla quale c’è stato un grande lavoro preparatorio.
“Qui si imparano tante cose sul vino, e il tour che si può fare alla Citè du Vin è studiato per i giovani - spiega ancora Véronique Lemoine - e per realizzarlo ci siamo avvalsi del contributo di molti esperti. Vogliamo che il visitatore si diverta scoprendo le cose, e che sia curioso di sapere ancora di più. Per esempio, sulle persone che hanno vissuto prima di noi, che hanno diffuso il vino e che lo facevano in un modo per noi oggi incomprensibile. Tutto alla Citè du Vin è fatto in funzione dell’apprendere in condizioni di relax e di piacevolezza, e in questa maniera si impara veramente tanto. Nella “galleria della civilizzazione”, per esempio, si vede come la civilizzazione del vino è cominciata 8.000 anni fa, si può “guardare” come si faceva il vino in quell’epoca nel Caucaso attraverso teatrini multimediali, e poi si passa tra gli Egizi, i Greci, i Romani e così via fino al XX secolo. Così si impara la storia delle persone che hanno fatto il vino, che lo condividevano a tavola, che lo hanno diffuso”.
Un’esperienza culturale, dunque, ma anche sensoriale. “Abbiamo voluto includere nel tour questa parte sensoriale, che chiamiamo “il buffet dei 5 sensi”, grazie al quale il visitatore può provare gli odori del vino, può giocare con gli aromi, i colori e la struttura del vino, può giocare con gli abbinamenti vino-cibo, questa è una cosa che ai visitatori piace molto”.
“Il progetto è nato nove anni fa, nel rilancio di Bordeaux voluto dal sindaco Alain Juppè, che ha voluto nel centro della città qualcosa di molto ambizioso, che riguardasse vino e cultura, e ha deciso di costruire un centro culturale sul vino - racconta il dg della Citè du Vin Philippe Massol - e così è partito il progetto, il cui fine principale era quello di rendere Bordeaux più attrattiva per i turisti. Bordeaux ha cominciato a diventare meta turistica circa 10 anni fa, e aveva bisogno di più contenuti, per indurre i turisti a restare qui più a lungo, e questa è stata la ragione principale che ha portato a realizzare la Citè du Vin. Il progetto è stato realizzato da una fondazione, la cui mission è quella di diffondere l’idea che il vino è diverso di luogo in luogo, e per questo è un ambasciatore di cultura, e quando conosci, quando capisci la storia del vino, che l’uomo ha cominciato a produrre 8.000 anni fa, e pensi che oggi è prodotto in 90 Paesi nel mondo, allora capisci che produzione del vino equivale a civilizzazione”.
E proprio i contenuti sono il punto forte della Citè, perché con semplicità riescono a catturare l’attenzione e la curiosità del visitatore. E dietro ad ogni cosa semplice, c’è un grande lavoro di studio e preparazione alle spalle.
“È vero, abbiamo impiegato 5 anni per immaginarci tutto, e molto del lavoro è servito per la realizzazione dei contenuti, è stato un lavoro lungo, sul quale hanno operato tante persone. Il visitatore trova tutti questi contenuti facili da comprendere, ma dietro a questa semplicità c’è un grande lavoro”, dice Massol. Altro aspetto fondamentale, è quello delle partnership della Citè con produttori e territori del mondo (per l’Italia ad oggi ci sono Prosecco Doc e Chianti Classico, ndr). “Sono partnership molto importanti per noi, perché la fondazione che gestisce la Citè non compra vini. Noi qui promuoviamo la cultura del vino, non le cantine, e abbiamo chiesto ai Paesi e ai territori del vino di partecipare a questo progetto, e visto che il visitatore ha bisogno di assaggiare i vini, nel nostro belvedere, che è all’ultimo piano, il visitatore ha la possibilità di scegliere un vino delle quasi 50 regioni o Paesi del vino che hanno la partnership con noi. Sono 40.000 le bottiglie che vengono degustate qui ogni anno”.
Ovviamente, dentro la Citè si può anche mangiare in diversi ristoranti, e comprare vino, nell’enoteca “Latitude20”, che è uno spazio gestito da una realtà privata, poiché la legislazione francese non consente alle fondazione di vendere alcolici. E qui, però, nello stesso concept didascalico e divulgativo che lega tutti gli ambienti della Citè, sono disponibili vini da 70 Paesi del mondo, divisi per continenti, con Bordeaux al centro e tutto il mondo intorno (e anche tante Italia), per oltre 800 referenze, più di 14.000 bottiglie che arrivano anche da Paesi come Etiopia, Namibia, Perù e così via, con vini per tutte le tasche, da 5 euro a salire, selezionati da un comitato di degustazione fatto da professionisti, e presieduto niente meno che da Michel Rolland, uno dei più grandi enologi di Francia e del mondo. Ed anche nello shop, ovviamente, tutto parla di vino: dai libri ai foulard, dai gadget ai giochi a tema, come il Vinopoly, una sorta di Monopoli enoico, o un gioco che ricorda da vicino il Gioco dell’Oca, ma che ha per protagoniste le denominazioni del vino francese.
Una macchina perfetta insomma, ma che ha davanti ancora tanta strada da percorrere, come sottolinea ancora il dg Massol: “abbiamo bisogno di costruire il successo della Citè du Vin. È vero che abbiamo aperto da un anno, e ci sono stati oltre 400.000 visitatori, ma ora dobbiamo far passare l’idea che questo è un luogo di cultura. Per questo facciamo due mostre all’anno, per questo organizziamo molti eventi nell’auditorium, conferenze e, in futuro, vogliamo allargarci ad un pubblico più vasto, non vogliamo solo esperti di vino, e se guardiamo i visitatori del primo anno, vediamo che molti di questi non sono particolarmente interessati al vino, ma visto che sono a Bordeaux ci vengono a visitare. Stiamo diventando una delle cose che “devi visitare” se sei a Bordeaux e per questo non dobbiamo stare alla finestra, ma dobbiamo agire, per questo ogni settimana c’è qualcosa di nuovo alla Citè du Vin. È un posto vivo, e tale deve rimanere, e dobbiamo continuare a comunicare in tutto il mondo, perché ancora troppe persone non sanno che esistiamo”.
Viene da chiedersi se il format ed il successo della Citè du Vin di Bordeaux possano essere replicati in altre grandi città del mondo, legate al vino, ma non solo. Ma su questo, Massol è scettico: “molti cinesi, per esempio, sono stati qui e hanno manifestato l’intenzione di fare qualcosa di simile nelle loro città, ma non hanno mai parlato di rifare la stessa cosa, e noi comunque non lo vogliamo. La Fondazione è disponibile ad essere coinvolta in altri progetti, ma quello che è stato fatto qui per gli abitanti di Bordeaux e per i turisti è stato realizzato grazie alle conoscenze che i bordolesi hanno in materia di vino, e se volessimo replicarlo in Cina, per esempio, la gente del posto non avrebbe la stessa competenza. Secondo me, sarebbe un errore replicare il progetto altrove”. Perché è vero che si parla di vino del mondo, ma in fondo, come dicono qui, con malcelato orgoglio, “Bordeaux est Bordeaux”.

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