Il Wto ha emesso la propria, attesissima, sentenza: gli Usa potranno rivalersi sull’Unione Europea, nella querelle tra Boeing ed Airbus, imponendo ai Paesi della Ue dazi per 7,5 miliardi di dollari (7,496 miliardi, per estrema precisione, come si può leggere sul sito dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio). Adesso, la palla passa al presidente Trump, che dovrà decidere su quali prodotti far calare la scure, con l’agroalimentare italiano che non può far altro che incrociare le dita e sperare nel buon esito dell’incontro tra il Segretario di Stato Usa Mike Pompeo ed il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, di scena ieri, a Roma. Da Bruxelles, intanto, arrivano le doverose precisazioni da parte della Commissione Europea, che ricorda come “sia gli Usa che l’Ue sono stati riconosciuti colpevoli in sede Wto di aver sussidiato illegalmente i rispettivi campioni dell’industria aeronautica. Abbiamo continuato a dire agli Usa che siamo pronti a lavorare con loro ad una soluzione equa ed equilibrata per le rispettive industrie aeronautiche. Siamo tuttora pronti e disponibili a trovare un accordo equo, ma se gli Usa decideranno di applicare contromisure autorizzate, l’Ue farà la stessa cosa”.
Insomma, una guerra senza fine, con la posizione delle organizzazioni agricole ormai nota e ribadita, anche alla luce della decisione finale del Wto sull’importo dei dazi che gli Usa potranno imporre alla Ue, pronta, a sua volta, a rivalersi sugli Stati Uniti, in una spirale senza fine, o quasi. Da parte sua, la Coldiretti, ricorda come “l’Italia rischia di pagare un conto di oltre 1 miliardo per il via libera del Wto all’aumento delle tariffe alle importazioni fino al 100% del valore attuale che potrebbe colpire per circa la meta’ dell’importo il cibo ma anche la moda, i materiali da costruzione, i metalli, le moto e la cosmetica se gli Stati Uniti decideranno di mantenere le stesse priorità della black list indicata dal Dipartimento del Commercio statunitense (USTR) e pubblicata nel Registro Federale. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento al Verdetto del Wto che ha autorizzato dazi Usa nei confronti dei Paesi Europei per un ammontare di 7,5 miliardi di dollari nell’ambito della disputa nel settore aereonautico che coinvolge l’americana Boeing e l’europea Airbus. Un importo che, riferisce la Coldiretti, è pari a 1/3 dei 21 miliardi minacciati inizialmente dagli Stati Uniti che ora devono avviare la procedura con la pubblicazione già ad ottobre nel registro Federale la nuova lista di prodotti europei da colpire con aumenti di tariffe fino al 100%. Se saranno mantenute le stesse priorità l’Italia - precisa la Coldiretti - potrebbe essere dopo la Francia il paese più colpito e a pagare il conto più salato rischia di essere proprio l’agroalimentare con vini, formaggi, salumi, pasta, olio extravergine di oliva, agrumi, olive, uva, marmellate, succhi di frutta, pesche e pere in scatola, acqua, superalcolici e caffè.
In pericolo, continua la Coldiretti, sono soprattutto i formaggi per le pressioni della lobby dell’industria casearia Usa (CCFN) che ha addirittura scritto al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump per chiedere di imporre dazi alle importazioni di formaggi europei al fine di favorire l’industria del falso made in Italy che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni dal Wisconsin alla California fino allo Stato di New York. Quello americano è, dopo la Germania, il secondo mercato estero per Parmigiano Reggiano e Grana Padano per i quali - rileva Coldiretti - la tassa passerebbe da 2,15 dollari a 15 dollari al kg, facendo alzare il prezzo al consumo fino a 60 dollari al kg. Ad un simile aumento corrisponderà inevitabilmente un crollo dei consumi stimato nell’80-90% del totale, secondo il Consorzio del Parmigiano Reggiano. Ma il re dei formaggi non è il solo simbolo del made in Italy a tavola vittima della manovra di Trump. Un altro esempio è rappresentato - spiega Coldiretti - dalla Mozzarella di Bufala Campana Dop che negli Usa costa 41,3 euro al chilo, che salirebbe a 82,6 euro al chilo nel caso fossero applicati dazi pari al 100% del prodotto. Attualmente il dazio sulla mozzarella è di 2 euro al chilo.
Per l’olio extravergine d’oliva venduto negli States il prezzo salirebbe da 12,38 euro al litro a 24,77 euro al chilo (attualmente non c’è dazio sull’olio). E pure la pasta - continua la Coldiretti - aumenterebbe sulle tavole americane a 3,75 euro al kg rispetto agli attuali 2,75 euro al kg. Per penne e spaghetti il dazio è in media di 6 centesimi al kg. E in pericolo c’è pure il Prosecco, il vino italiano più esportato all’estero che ha visto gli Stati Uniti diventare nel primo semestre del 2019 il principale mercato davanti alla Gran Bretagna, grazie a un aumento in valore del 41%. Il prezzo negli States volerebbe da 10-15 euro a bottiglia a 20-30 euro a bottiglia. In gioco - continua la Coldiretti - ci sono dunque settori di punta dell’agroalimentare nazionale in Usa a partire dal vino che con un valore delle esportazioni di 1,5 miliardi di euro nel 2018 è il prodotto Made in Italy più colpito, l’olio di oliva le cui esportazioni nel 2018 sono state pari a 436 milioni, la pasta con 305 milioni, formaggi con 273 milioni, secondo lo studio della Coldiretti.
“L’Unione Europea ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che, come ritorsione, ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, che è costato al Made in Italy oltre un miliardo in cinque anni ed ora”, ricorda il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, e “l’Italia rischia ora di essere ingiustamente anche tra i Paesi più puniti dai dazi Usa per la disputa tra Boeing e Airbus, che è essenzialmente un progetto franco tedesco al quale si sono aggiunti Spagna e Gran Bretagna. Una buona premessa al confronto sono le importanti relazioni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha saputo costruire il premier Giuseppe Conte”, ha concluso Prandini nel sottolineare l’importanza degli incontri in Italia del segretario di Stato americano Mike Pompeo con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
La Confagricoltura, invece, ha chiesto al Governo di aprire un negoziato diretto con gli Usa, rivolgendosi direttamente al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per dare vita ad “un’iniziativa per discutere la questione dei dazi Usa nel corso della riunione dei capi di Stato e di governo della Ue in programma a metà ottobre. E all’Amministrazione statunitense va ulteriormente sottolineato che non può essere l’Italia tra gli Stati membri quella più penalizzata per gli aiuti pubblici al consorzio Airbus di cui non facciamo parte”. Così il presidente Confagricoltura Massimiliano Giansanti, appena resa nota la pronuncia degli organi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio relativa all’ammontare dei dazi aggiuntivi che gli Stati Uniti sono autorizzati ad imporre sulle importazioni dalle Ue, compresi i prodotti agroalimentari.
“Con la contrazione delle esportazioni verso gli Usa rischia di saltare l’equilibrio sui mercati agricoli europei - ha sottolineato Giansanti - è indispensabile avviare un negoziato diretto con gli Usa per tentare di ottenere, in prima battuta, almeno il rinvio dell’entrata in vigore dei dazi. Dalle informazioni che abbiamo raccolto - prosegue il presidente di Confagricoltura - risulta, inoltre, che gli Stati Uniti potrebbero imporre i dazi aggiuntivi secondo il cosiddetto sistema a “carosello”. In pratica, i dazi colpirebbero a rotazione tutte le produzioni destinate al mercato statunitense, al fine di amplificare le penalizzazioni per gli operatori europei. Nonostante il raddoppio delle importazioni di soia dagli Usa e l’aumento dell’import di carni bovine senza ormoni concesso dall’Unione - ha sottolineato Giansanti - rischiamo una drastica contrazione della nostra presenza sul mercato statunitense, dove è destinato oltre il 10% delle esportazioni totali italiane di settore. Vini, formaggi, olio d’oliva, pasta e agrumi le produzioni più esposte. Il negoziato diretto con gli Usa, che abbiamo già sollecitato nei mesi scorsi al presidente Juncker e alla Commissaria Malmstrom, consentirebbe anche di affrontare la questione del fenomeno Italian Sounding. Sotto il profilo legale, l’intesa con l’amministrazione statunitense è l’unica via per contrastare realmente l’imitazione dei nostri prodotti di punta”.
Infine, il punto di vista della Cia-Agricoltori Italiani, secondo cui, ovviamente, i dazi “rappresentano un duro colpo per il made in Italy, sia da un punto di vista economico, visto che l’agroalimentare è un settore particolarmente sensibile agli scambi commerciali, sia da un punto di vista politico, considerato che Cia guarda a un mondo aperto al libero scambio e non bloccato da barriere protezionistiche, per sviluppare le opportunità di creare ricchezza attraverso l’export. In particolare su quei mercati, come gli Stati Uniti, dove l’Italia può giocare un ruolo di esportatore netto”, spiega il presidente Dino Scanavino, che commenta così la decisione del Wto, che ha dato agli Usa il via libera a imporre dazi contro l'Unione europea, accusata di aver fornito aiuti illegali ad Airbus.
L’imposizione reciproca di contromisure, Usa verso Ue e viceversa, secondo la Cia, non farebbe che infliggere danni alle imprese e ai cittadini e mettere a rischio un mercato florido per le nostre aziende. Evidentemente, se tra Stati Uniti ed Europa non si fosse interrotto il processo negoziale del TTIP all'interno di una cornice commerciale bilaterale nel rispetto del principio di reciprocità delle regole commerciali, tutto questo non sarebbe successo. Gli Stati Uniti - ricorda Cia - rappresentano il terzo mercato di sbocco dell’export agroalimentare tricolori. Solo nell’ultimo anno, tra prodotti agricoli, cibi e bevande, l’Italia ha spedito 4,2 miliardi di euro sul mercato statunitense. Ogni 10 prodotti agroalimentari Made in Italy venduti nel mondo, uno finisce sulle tavole a stelle e strisce. Per le vendite estere di vino, gli Usa sono il primo mercato di sbocco con oltre 1,4 miliardi di euro e un peso sulle esportazioni totali oltreoceano del 35%. Ora bisogna lavorare per trovare con gli Usa una soluzione equa ed equilibrata ed evitare una guerra commerciale pericolosissima, conclude la Cia, che chiede “al Governo e al premier Giuseppe Conte di continuare sulla strada della diplomazia, cogliendo l’occasione della riunione dei capi di Stato della Ue, prevista per metà ottobre, per ridiscutere la questione dazi”.
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