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ASIA, PER L’ITALIA È L’ORA DI ACCELERARE SUL MERCATO DEL FUTURO. “ANCHE PERCHÉ GLI ASIATICI INIZIANO AD ESSERE STANCHI DEI VINI FRANCESI”. COSÌ STEVIE KIM, GENERAL COORDINATOR VINITALY TOUR. CHE, INSIEME A ENOTECA ITALIANA, È PRONTO A TORNARE IN CINA

Italia
Stevie Kim

L’Asia si conferma sempre più “terra promessa del vino mondiale”: lo dice la crescita delle importazioni di uno dei suoi mercati più importanti, non tanto per il volumi assoluti, quanto perché visto come “modello” dai Paesi dell’Estremo Oriente. È Hong Kong che, nel 2011, ha visto il valore di vino importato arrivare a 1,26 miliardi di dollari (sui 200 milioni del 2007), con una crescita del 40% sul 2010. Dati diffusi all’ultima International Wine & Spirits Fair di Hong Kong, la più importante fiera del vino in Asia. Porta privilegiata per il mercato più importante e ambito del continente, la Cina (che nel 2011 ha “bevuto” 1,87 miliardi di bottiglie), dove l’Italia, seppur in crescita, è sempre più incalzata dai competitor (Spagna, Australia e Cile in primis) e ancora lontana dalla Francia: 53,6 milioni di bottiglie di vino transalpino arrivano ogni anno in Cina, sugli 8,4 milioni di nettare italiano (dati Rabobank).
In tanti stanno investendo per colmare questo gap, e tra questi c’è ovviamente VeronaFiere, con Vinitaly Tour (www.vinitalytour.com), che non solo ha firmato un accordo di partnership con l’Hong Kong Trade Development Council (www.hktdc.com), ma che sta collaborando anche con altre organizzazioni italiane per la promozione del vino del Belpaese in Cina, per aiutare i produttori a penetrare meglio un mercato difficile, per dimensioni e regole, e dove è fondamentale (ma non semplice) trovare il partner commerciale giusto.
Come con Enoteca Italiana (che in Cina ha già lanciato, insieme a partner cinesi, una rete di enoteche made in Italy), nell’evento “Vinitaly Wine Party”, che ha visto per la prima volta riuniti insieme, a Shanghai, key players, opinion leader, blogger, giornalisti, importatori e distributori cinesi”, dove sono state raccolte, con interviste e tavole rotonde, informazioni, richieste ed indicazioni di tutti gli operatori, che saranno poi inviate al Ministero delle Politiche Agricole per essere “trasformate”, poi in risposte e sostegni istituzionali ai produttori. E, intanto, Vinitaly Tour, come spiega a WineNews la general coordinator Stevie Kim, è pronto per tornare “fisicamente” in Cina, dopo esserci arrivata via social network, con il profilo su “Weibo”, unico social media consentito nel Paese: “nei vari incontri che ho avuto, le persone con cui ho parlato hanno espresso diffidenza nei confronti dei vini francesi, e c’è anche una certa stanchezza sui vini d’Oltralpe. Questo è senza ombra di dubbio il momento giusto per entrare in Cina”.
E per farlo con efficacia, spiegano ancora Stevie Kim insieme a Giovanni Pugliese, vice direttore di Yishang Wine Consulting, il braccio operativo in Cina di Enoteca Italiana, “c’è bisogno di un percorso che altri Paesi hanno già fatto: aggregazione, promozione prima del “brand Italia” e poi, successivamente, le varie denominazioni, i vari vini, i vari territori. Noi siamo stati sempre molto disgregati. L’Italia storicamente è molto individualista. L’unione tra Enoteca Italiana e Vinitaly è un segnale forte va proprio nella direzione opposta. Per vincere bisogna essere anche in grado di mettersi in discussione. Non si può imporre un modello. Il modello va ricostruito insieme a chi poi tutti i giorni è attivo sul mercato, altrimenti diventa una cosa fine a se stessa. Ci auguriamo che questo gemellaggio porti ad azioni continuative sul mercato e che non si limitino ad una fiera”.

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