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Australia e Nuova Zelanda non sono tra i mercati di riferimento per l’export enoico del Belpaese, eppure, in maniera diversa, svelano ottime possibilità di crescita, specie per due alfieri dell’enologia del Belpaese come Chianti e Prosecco

Australia e Nuova Zelanda non sono tra i mercati di riferimento per l’export enoico del Belpaese, eppure, in maniera diversa, e vivendo momenti assai dissimili, rappresentano comunque una possibilità da esplorare. Il panorama australiano non è dei migliori, come racconta il report di Wine Intelligence, “The Australia Landscapes 2015” (www.wineintelligence.com), che rivela come, nonostante una maggiore regolarità nei consumi, globalmente si beva meno vino che nel 2014. Un dato figlio del calo dei consumatori, passati dagli 11,5 milioni di un anno fa agli 11,2 milioni attuali, che al vino, sempre più spesso, alternano birra e spirits. A farne le spese sono, principalmente, i produttori locali, alle prese da una parte con la crescita delle importazioni da regioni storiche del Vecchio Continente, Chianti e Rioja su tutte, e dall’altra con la concorrenza del sidro, che, nonostante l’assestamento dei consumi, si è ormai imposto come alternativa forte al vino, specie in un Paese in cui la curiosità dei wine lover rende il mercato particolarmente “liquido” ed instabile.
Ben diversa la situazione fotografata, sempre da Wine Intelligence, nel report “New Zealand Wine Market Landscapes 2015”: nonostante si tratti di un mercato di piccoli numeri, infatti, le potenzialità sono ottime, il consumo medio è ai livelli di Paesi europei come Olanda e Svezia, con la Gran Bretagna nel mirino, ed il 60% della popolazione beve vino almeno una volta al mese. I consumi, in termini di volumi, negli ultimi anni sono rimasti sostanzialmente stabili, ma è la segmentazione dei consumi, dal 2010 ad oggi, a cambiare: crescono, in linea con il resto del mondo, gli sparkling, in particolare nella versione rosé, scelta, nel 2014, dal 29% dei wine lover neozelandesi (erano appena il 9% nel 2010), ma crescono anche i bevitori di Champagne e di Prosecco, una categoria che, da nicchia, sta trascinando l’import di vino dal Belpaese, cresciuto, dal 2010, del 46%, a quota 140.000 casse (1,68 milioni di bottiglie).
Un numero non ancora eccezionale, specie se paragonato alle 9 milioni di casse di vino domestico consumate nell’ultimo anno, ma destinato a crescere, magari sfruttando le difficoltà di un partner storico come il Sudafrica che, dal 2010, ha perso il 20% della propria quota di mercato. A veicolare le scelte degli enoappassionati della Nuova Zelanda, il vitigno, il marchio ed i consigli di amici, enotecari ed esperti, mentre perdono quota le promozioni in gdo e si fa sempre più crescente l’attenzione per il grado alcolico.

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