Per qualcuno sono una moda, per altri sono molto di più, il simbolo di uno stile di vita da seguire pedissequamente: i vini biologici, volenti o nolenti, dividono in due il mondo del vino ormai da anni, che si tratti di produttori, wine lovers o, soprattutto, critici. Una tendenza che coinvolge soprattutto i giovani e le famiglie, che registrano una tendenza alla fidelizzazione, mostrando di preferire alimenti, e vini, di chiara provenienza geografica, possibilmente a chilometro zero. E, se la domanda e l’attenzione verso l’universo della produzione enoica secondo metodi naturali crescono nel mondo, l’appuntamento italiano di riferimento internazionale del settore risponde: a Vinitaly, di scena a Verona dal 7 al 10 aprile (www.vinitaly.com), ci sarà ancora più spazio per i vini biologici e biodinamici, con “Vivit - Vigne Vignaioli Terroir”, il “salone nel salone” creato ad hoc (e all’edizione n. 2), pronto ad ospitare, in uno spazio tutto nuovo, ancora più vignerons con le loro etichette, con l’apertura anche ai distributori di vini esteri.
Di certo, il biologico, nel suo complesso, ha una presa eccezionale, con un business che cresce e, da realtà di nicchia, si è ritagliato una presenza stabile e massiccia tra gli scaffali dei supermercati.
Una buona notizia per l’Italia, che se è leader nella produzione di cibi biologici tout court (è italiano un terzo delle imprese biologiche europee, con una superficie coltivata a “bio” pari a oltre 1 milione e 200.000 ettari e nell’ultimo anno il numero degli operatori del settore è passato da 47.663 unità a 48.269), è il Paese n. 2 al mondo per vigneti coltivati secondo metodi biologici, con 52.200 ettari, dietro alla sola Spagna, che ne conta 57.000 (dati: Revue du Vin de France). Intanto, la vera novità, è che sul mercato arriva la prima annata “ufficialmente” biologica: la legge, entrata in vigore l’8 marzo 2012, voluta dal Comitato per la produzione biologica dell’Ue, permette infatti l’uso del termine “vino biologico” in etichetta proprio dalla vendemmia 2012.
Il regolamento ha tracciato, per la prima volta, una linea netta e insormontabile tra i vini biologici e quelli convenzionali, circoscrivendo al primo gruppo soltanto quelli che rispondono al regolamento e, paradossalmente, “tagliando” tutti quei prodotti e quei marchi che, pur essendo biologici di fatto, non rientrano nelle specifiche tecniche dalla legge, impedendo ai produttori di far riferimenti a valori come la “naturalità” in etichetta per vini tecnicamente non “bio”.
Ma chi ama di più il “bio” in Italia? Sono soprattutto i giovani e le famiglie, che registrano una tendenza alla fidelizzazione, mostrando di preferire alimenti di chiara provenienza geografica, possibilmente a chilometro zero, e garantiti da Ong e associazioni, che hanno favorito la moltiplicazione del numero dei canali di vendita (da 106 a 167), sia locali che on line. Poi ci sono i consumatori stranieri, che mettono il vino al secondo posto tra i dieci prodotti che preferiscono dell’Italia “verde”, dietro ai prodotti ortofrutticoli, e davanti ad altri due simboli come le conserve di pomodoro e l’olio d’oliva.
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