Le bollicine italiane fanno boom in Cina: quasi raggiunti (in quantità) i francesi. “Secondo i dati della dogana cinese” spiega a WineNews, da Shanghai, Gianluca Bisol, alla guida della celebre griffe del Prosecco, “nei primi 6 mesi del 2012, le importazioni di Champagne e altri spumanti francesi sono cresciute del 40%, per 880.000 litri, quelle di Prosecco e altre bollicine italiane dell’87%, a 822.000 litri. In valore siamo ancora lontani, anche se, per esempio, nel caso del Prosecco riusciamo ad essere presenti con prodotti di buon livello, che l’importatore rivende al ristorante al 15 euro e anche di più, nel caso del Cartizze, e che in carta arriva anche a 180 euro.
Ma è un risultato pazzesco nel complesso per i nostri spumanti se si pensa che, nei vini fermi, la Francia esporta in Cina 55 milioni di litri di vino, e l’Italia appena 9, meno di Australia e Spagna, e quanto il Cile”. Un dato che fa sperare i produttori di bollicine d’Italia (il 2012 potrebbe segnare il sorpasso in quantità degli spumanti del Belpaese su quelli transalpini) e non solo, visto che, anche se si parte da cifre pressochè incomparabili, l’import di vini fermi in Cina “è cresciuto solo del 13% sul 2011, quello di bollicine, nel complesso, del 55%”, aggiunge Bisol.
Ma come si spiega questo formidabile recupero della nostra spumantistica? “In primis credo che sia una questione di gusti: i palati cinesi gradiscono di più gli spumanti aromatici e fruttati (tanto che va meglio la tipologia extra-dry che il brut) che i gusti “di lievito” dei metodo classico. E poi anche il fatto che i francesi hanno capito che l’immagine dell’Italia, funziona bene e ci investono. Il nostro importatore, per esempio, è francese (la “East Meets West Fine Wines” creata dalla maison di Champagne Duval Leroy). O ancora, catene francesi che stanno aprendo ristoranti italiani di grande successo. E questo - avverte Bisol - dovrebbe far riflettere il vino italiano: se noi produttori capiamo che se ci muoviamo insieme, con un progetto di marketing e di promozione organico sull’Italia del vino, possiamo cogliere una grandissima occasione in quello che è senza dubbio il mercato n. 1 del futuro. E fino ad ora non lo abbiamo fatto abbastanza. E rischiamo, come sistema vino, di perdere un’opportunità colossale”.
Focus - I numeri e il ritratto della Bisol, griffe del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene
Fatturato: 13,5 milioni di euro
Bottiglie prodotte: 2.190.000
Ettari vitati: 121 (43 di proprietà, 78 in affitto)
La famiglia Bisol, la cui cantina storica ha sede a S. Stefano di Valdobbiadene, coltiva direttamente i vigneti nella Denominazione, dislocati su oltre 30 poderi collocati nelle aree più vocate. Un fiore all’occhiello sono i tre ettari posseduti sulla zona sommitale della collina Cartizze, il vigneto più prezioso d’Italia. La Bisol continua a tramandarsi di padre in figlio: i proprietari sono i due fratelli, Antonio ed Eliseo (rispettivamente presidente e vicepresidente), ed i loro rispettivi figli, Gianluca (direttore generale), Desiderio (enologo), Claudio e Alberto (rispettivamente direttore della produzione e direttore amministrativo). Così sintetizza efficacemente Gianluca Bisol, direttore generale dell’azienda: “lavoriamo con grande passione affinché Conegliano abbia lo stesso prestigio di Reims, Valdobbiadene lo stesso fascino di Epernay e il Prosecco la stessa notorietà della Champagne”. Insieme alla famiglia, Gianluca Bisol ha recuperato l’antica vigna murata di Venissa, sull’isola di Mazzorbo Burano, nel cuore della Laguna di Venezia. Nella Tenuta, che ospita orti e frutteti, sorgono il ristorante della Chef Paola Budel e un Ostello di Charme.
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