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BORDEAUX - STUDI, COMMENTI E “SENTIMENT”: MERCATO RIFLESSIVO, TRA NUOVI CONSUMATORI E NUOVI PAESI PRODUTTORI

Italia
Momento di riflessione per il mondo del vino

Crisi, riflessione, o semplicemente lentezza commerciale. Fatto è che anche da Bordeaux, la “piazza” del vino per eccellenza, arrivano segnali non certo positivi per il mondo del vino. Per anni il mercato è andato a gonfie vele, ora il rallentamento c’è, si sta prolungando e c’è preoccupazione (non solo, ma anche a causa delle rivalutazione dell’euro sul dollaro) perchè importanti mercati di riferimento flettono (su tutto Germania e Usa), nonostante tanti studi (l’ultimo è quello dell’inglese Iwsr-Gdr) indichino che da qui al 2006 il fatturato mondiale registrerà un incremento del 9% dagli attuali 101,5 miliardi di euro.
Non è una scoperta che i vignaioli italiani, nonostante la crescita anche forte del valore dell’export - più 6%, ovvero 2,7 miliardi nel 2002 - da quattro anni accusano una flessione delle quantità (da 18,5 milioni di ettolitri del 1999 a 15,7 milioni nel 2002). Ma non è certo soltanto un problema italiano, anzi la Francia - che è il Paese che ultimamente ha accusato le penalizzazioni maggiori (le vicende legate all’Iraq, la Sars in Estremo Oriente - che ha diminuito i viaggi e quindi gli acquisti nei “duty free”), e che resta il maggiore esportatore di vino al mondo (7,7 miliardi di euro, pari all’80% di tutto il suo export agroalimentare) - naviga in condizioni anche peggiori (esclusi i “grand cru” di Bordeaux, che hanno raggiunto ancora un +12% in valore). Come, del resto, la Spagna, terzo Paese produttore nel mondo, che - anche se in Europa attua una maggiore competitività sui prezzi - è nella situazione di Francia ed Italia e subisce fortemente la politica aggressiva degli “emergenti” (californiani, australiani, sudamericani).
Non solo, un altro fattore sta turbando il mercato mondiale del vino: oltre agli “emergenti” stanno entrando nel business Paesi enologicamente nuovi come Brasile, Cina, Russia, Giappone, Gran Bretagna, Corea, Pakistan …, che raddoppiano, di anno in anno, la superficie vitata. Un aspetto al quale destare attenzione, ma che non va visto soltanto come riduzione di spazi commerciali, ma anche come nuova opportunità: gli investimenti in viticoltura di questi nuovi Paesi creano in questi mercati “vergini” comunque cultura nel consumo del vino anche per le produzioni italiane ed europee.
Il vino, dunque, conquista nuovi consumatori (giovani e donne, soprattutto), ma convince anche nuovi Paesi a tentare la strada della produzione diretta. Quindi, le insidie per il trio Italia-Francia-Spagna non finiscono mai: così se fino a ieri era già una novità vedere crescere accanto ai tradizionali protagonisti europei, Australia, Cile e Nuova Zelanda, adesso c’è da ripensare e programmare tutto.
Preoccupazione? Sì. Sempre a Bordeaux, per usare le parole del primo ministro francese Pierre Raffarin: “una crescita senza controllo può ritorcersi contro tutti. Già oggi sappiamo che dobbiamo fare fronte ad un’eccedenza mondiale di 50 milioni di ettolitri. Sono troppi e non è comprensibile che accada una cosa del genere”. Il contesto generale è dunque di crisi, dovuta essenzialmente alla superproduzione di vino nel mondo, nettamente superiore alla richiesta.
Ed il trend futuro ? Le previsioni e i sondaggi spiegano che “nei prossimi anni - e ciò potrebbe rivelarsi un asso nella manica per i fautori del sistema delle Aoc e Doc - la crescita si farà sulle bottiglie di costo superiore ai 5 o 10 euro, i cosiddetti “di fascia alta”. E, a questi livelli, il duopolio Italia-Francia spera di avere la meglio !


Spigolando a Bordeaux: i “sentiment” dei produttori italiani
Angelo Gaja:
“sui mercati c’è un po’ di lentezza commerciale. Ma siamo stati abituati a correre. Vuol dire che accelereremo il passo”
Francesca Planeta: “oggi i consumatori, in tutte le parti del mondo, vogliono andare sul sicuro: vogliono un buon rapporto qualità/prezzo, un brand riconoscibile ed affidabile, un marchio ben comunicato e tanti vini che ti danno sicurezza della qualità. Qualcuno pensa che questa “riflessione” del mercato sia una colpa della forza vendita: non è così. Forse qualche problema è dovuto anche agli aumenti dei prezzi fatti dalle aziende. Insomma, chi ha fatto comunicazione ed una politica dei prezzi saggia, oggi non ha particolari problemi. La nostra azienda è anche aiutata dal fatto che c’è una buona congiuntura per i vini del Sud e della Sicilia. E’ un buon momento”.
Marcello Meregalli: “non c’è crisi: l’alta gamma sta andando bene. Meno bene la fascia degli “under 5 euro” e quella dei 10 euro. La fascia intermedia stenta un po’. Perché ? Ci sono aziende che prima facevano dell’ottimo vino a buon prezzo, oggi continuano a fare ottimo vino, ma hanno aumentato prezzi ! Bisogna capire che se dietro non hai un nome, una storia, una forza distributiva, problemi di vendita oggi possono arrivare”.
Piero Valdiserra (Fratelli Rinaldi Importatori): “dopo una fase interlocutoria di inizio anno (incertezza macroeconomica, prezzi, guerra), l’andamento generale, in maggio/giugno, sta andando bene, con punte di eccellenza nelle nostre vendite. I “rossi vestiti di bianco”, cioè bianchi di forte struttura (Verdicchio, Greco, Fiano), stanno dimostrando una buona vitalità sui mercati”.
Bisol: “anche con l’effetto Euro, le vendite stanno andando discretamente. In Asia c’è una contrazione, ma in Europa ed in Usa, è tutto ok. Bene l’Inghilterra, tiene l’Austria e la Svizzzera, meno bene in Germania. In futuro, lavoreremo anche sulla Scandinavia e sui Paesi dell’Est, due “fronti” dove possiamo trovare delle buone opportunità economiche”.
Michele Bernetti (Umani Ronchi): “il mercato del vino sta reagendo bene ad una situazione macro-economica non certo brillante: dopo qualche problema, nel primo trimestre 2003, adesso sta andando bene. I problemi più grandi nelle vendite sono sicuramente nei prodotti di media/alta fascia”.
Fausto Peratoner (Cantina La Vis): “i mercati stanno risentendo della crisi macroeconomica. Ma la cantina si sta avvicinando a nuovi mercati, che stanno dando importanti risultati: su tutti la Svezia e la Norvegia, che scoprono l’interesse per il prodotto trentino (ed in particolare per i suoi prodotti autoctoni o naturalizzati)”.
Sergio Zingarelli (Rocca delle Macie): “la crisi si sente, anche qui a Bordeaux. La querelle Francia-America sull’Iraq, il dollaro debole sull’euro, la Sars hanno sicuramente creato problemi, sui mercati. La nostra azienda non ha problemi, anche se non sono, comunque, mesi tranquilli. Australia, Cile e California sono concorrenti forti. Il primo semestre 2003, comunque, sta andando meno peggio: anche in Germania teniamo bene. Preoccupazione, ma sono convinto che se ne uscirà presto. Forse, soprattutto in Toscana e in Piemonte, qualcuno ha spinto troppo sui prezzi”.
Gianni Zonin: “il calo dei consumi arriva dopo una vera e propria ubriacatura che aveva spinto in alto i prezzi. Questa crisi porterà ad un riequilibrio. Non è il caso di arrenderci, semmai è il momento per accelerare i piani di investimento rivolti al miglioramento della qualità dei nostri vini”.
Filippo Antonelli (presidente Consorzio del Sagrantino di Montefalco): “su qualche mercato, per i vini di alta fascia, problemi ci sono: la Germania, ad esempio, è ferma. Bisogna aprire nuovi mercati. I mercati potenziali? Brasile e Canada; non credo in quelli dell’Est. Vogliamo andare verso mercati nuovi, ma maturi”.
Sandro Boscaini (Masi): “oggi, per i vini italiani, ci sono delle buone possibilità, forse non ancora espresse totalmente. Stiamo prendendo un vantaggio d’immagine verso altri Paesi. Il mercato, in generale, è in leggera difficoltà, soprattutto sui vini di più alto prezzo. L’Italia è anche molto forte nel prodotto di media gamma (e sta abbandonando la bassa gamma). In futuro, ci sarà un ridimensionamento sulle “chicche”, ma, però il mercato dovrebbe mantenersi sui prodotti classici”.
Donnafugata: “è un momento felice per la Sicilia. Guardare ad altri mercati ? No, perché non c’è massa critica di bottiglie: soltanto il 20% della produzione, viene imbottigliata! Gli investimenti di imprenditori, nella nostra terra, sono da considerarsi molto positivi, utili anche per la creazione di un più completo sistema d’immagine e di impresa del vino di Sicilia. Alcune regioni (Piemonte e Toscana) stanno soffrendo forse anche per i prezzi un po’ troppo alti di tanti vini”.
Salvatore Li Petri (Cantina Settesoli): “ci sono mercati in cui la riflessione si avverte di più, come la Germania; altri, invece, stanno andando bene. L’effetto Euro sta sicuramente creando qualche problema: senza avere fatto nulla, tanti Paesi si ritrovano un prezzo più competitivo del 20/25%”.
Federico Zanuso (Santa Margherita): “inutile negare: c’è un problema di stanchezza dei mercati. La nostra azienda è molto proiettata all’estero e, quindi, abbiamo il polso del mercato: resistiamo dove abbiamo marchi forti, grazie ad un’ottima immagine; dove siamo meno forti di marchio, soffriamo una concorrenza spietata. Il mercato si sta schiacciando verso il basso. C’è un forte sentimento, o forse una forte speranza: nel periodo ottobre/dicembre 2003 ci sarà una ripresa”.


Giornalisti & Ice - Qualche breve (e interessante) considerazione
Paolini (Il Messaggero), Petrini (Slow Food), Raimondi (Ufficio Vini Ice)
Carlo Petrini (Slow Food): “la politica dei prezzi dei nostri produttori, sempre tesa al rialzo negli ultimi anni, non ha certo aiutato. Anche in presenza di annate prestigiose, i trend dei prezzi va governato con senno, ma, come si sa, la lungimiranza non è una dote molto diffusa. E’ opportuno coltivare diversi rapporti nel mondo e differenziare il più possibile tra i diversi canali. Questo modo di muoversi consentirà al comparto nazionale, che, in fatto di eccellenze, non deve temere confronti, di sostenere qualsiasi crisi e di sfruttare anche l’enorme varieta produttiva dei nostri territori.
Antonio Paolini (Il Messaggero): “nella fascia più bassa, ci sono australiani, cileni, argentini che vendono vini sempre a 5 euro meno delle nostre aziende. L’Italia deve combattere la sua battaglia sui mercati sulla fascia media, ovvero la fascia dei 18/25 euro. E’ quella giusta per le migliori produzioni italiane, ma, come qualità, ci si deve mettere i nostri vini che, invece, alla prima uscita da noi vengono “spacciati” all’equivalente dei 35 euro, un prezzo troppo alto.
Stefano Raimondi (Ice - Responsabile Ufficio Vini): “per anni il mercato è andato a gonfie vele. Ora la crisi si sta prolungando e siamo preoccupati perchè i nostri mercati di riferimento, come la Germania, continuano a flettere”.


Le cifre - Il business del vino italiano
I vini italiani hanno battuto quelli francesi sul mercato americano (ma tra qualche anno rischiamo di essere battuti dall’Australia, ndr). Tutto bene, quindi, secondo il vice ministro alle Attività Produttive, con delega al Commercio Estero, Adolfo Urso, che aggiunge: “al nostro vino va lo scettro del prodotto col miglior attivo della bilancia agroalimentare. E quest’anno le novità più interessanti sono venute dal mercato americano, dove il vino italiano si è affermato come esempio di eccellenza col primato delle spedizioni che hanno raggiunto un valore di 718 milioni di euro, con un balzo in avanti del 17%, superando di gran lunga i vini francesi”. La filiera del vino italiano conta 770.000 aziende ed oltre 1 milione di addetti, sviluppa un giro d'affari di 9 miliardi di euro, di cui 2,6 generati sui mercati esteri e in grado di determinare un saldo positivo della bilancia commerciale del settore di quasi 2,4 miliardi di euro. Ed il trend futuro del vino italiano ? In base ad indagini e studi, per il vice ministro Adolfo Urso continuerà “la sua marcia da protagonista da qui al 2006: i volumi prodotti crescono dai 258,6 milioni di ettolitri del 2001 ai 268 milioni del 2006 (+4,5%). I consumi passano invece da 223,2 a 235 milioni (+5,3%). L’interscambio lievita assai più velocemente, portandosi dai 63,7 milioni di ettolitri di oggi a 73,2 milioni, con un salto che sfiora il 15%”.


Studi & Analisi - Anche per i vini di alta fascia,
il problema dei francesi è il prezzo !

Oltre ai pochi “intoccabili” grand gru di Bordeaux (che hanno raggiunto ancora un +12% in valore), l’unica eccezione positiva, per i “cugini d’Oltralpe”, è lo Champagne, che ha fatto registrare addirittura un +13,2%, a mascherare gli Aoc, le “denominazione origine controllate” di Francia che vorrebbero continuare ad essere il fiore all’occhiello della produzione francese. Ma la concorrenza dei vini italiani, e dell’Australia, fa soffrire le etichette francesi più selezionate che, all’estero, perdono quote di mercato consistenti. Nel 2002, l’export francese è aumentato in valore (+5,2%) ma hanno perso forti quote di mercato, stagnando a +0,6%. I prezzi stanno crollando anche perché la concorrenza di prodotti di qualità ed a più buon mercato (italiani, spagnoli e australiani) si fa ormai davvero preoccupante per i francesi. Sui correttivi da apportare, il mondo del vino francese è spaccato tra chi vorrebbe continuare a privilegiare il sistema degli Aoc (in Francia ce ne sono 466; Bordeaux ne vanta 57) che si basa sul territorio, e il sistema del “cepage”, ossia del vitigno, che può essere piantato ovunque, o quasi. E' una disputa tra gli esperti, con gli Aoc - finora regnanti sul sistema francese - che considerano un'aberrazione denominare il vino di Francia con il nome del vitigno invece che con quello del territorio di provenienza.

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