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WINE INTELLIGENCE

Canada, un mercato a due facce: cresce il valore, ma i giovani “scappano” dal vino

Bene il Prosecco, destinato ad un +11,6% nei prossimi 5 anni. Vini bio, analcolici e in lattina la chiave per conquistare i la fascia 19-24 anni
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Canada, la sfida è conquistare i giovani

Il Canada, negli ultimi anni, è stato capace di scalare posizioni su posizioni, diventando il quinto mercato di sbocco per l’export di vino italiano, con le importazioni che, nei primi 4 mesi del 2022, hanno toccato i 134,5 milioni di euro, grazie ad una crescita del 26,7% sullo stesso periodo dello scorso anno. Un Paese in continua crescita, che vive una certa stabilità economica ed un benessere diffuso, ma che a vederlo più da vicino, e focalizzando l’attenzione proprio sui consumi di vino, è decisamente più complesso di quanto si possa immaginare, per non dire, parafrasando le parole usate da “Wine Intelligence” nella sua analisi sul Paese nordamericano: paradossale.

Ma andiamo con ordine. Il mercato del vino in Canada, in base al punto di osservazione, può rappresentare allo stesso tempo il meglio ed il peggio possibile. Il bicchiere mezzo pieno è rappresentato da consumi che guardano sempre di più a spumanti e vini premium e da un profilo demografico in cui quasi i due terzi dei consumatori abituali (che bevono vino almeno una volta al mese) ha meno di 55 anni. Il bicchiere mezzo vuoto, invece, è l’altra faccia della medaglia: numero dei wine lover complessivi in calo costante dal 2017 e consumo di vini fermi da cinque anni, e destinato a ristagnare anche per i prossimi cinque. Allo stesso tempo, i famigerati ready-to-drink, popolarissimi tra i giovani, continuano a crescere, erodendo quote sia alla birra che, in misura molto minore, al vino. 

Tornando ai giovani, nel 2017 la fascia 19-24 anni costituiva il 9% di tutti i bevitori di vino, e cinque anni dopo è crollata al 5%. Dinamica particolarmente grave tra la popolazione di lingua francese del Canada, in Quebec, dove la percentuale è scesa dal 10% ad appena il 3% del totale. Evidente, in questo ambito, il peso della pandemia e delle chiusure dei locali, dove i ragazzi, oltre a socializzare, imparavano ed imparano tutt’ora a conoscere ed apprezzare il vino. In questo senso, la Generazione Z ha un’opinione decisamente positiva del vino, che considera alla moda e sofisticato, ma anche molto costoso e complicato da capire, ecco perché il 40% di loro lo beve appena 1-3 volte al mese. Conquistare la Generazione Z, in Canada come in qualsiasi altro mercato, è la vera sfida, che passa anche per una certa capacità di innovare.

Magari puntando sulla viticoltura sostenibile e bio, che in Canada ha sempre più estimatori e quindi consumatori, raddoppiati tra il 2019 e il 2021. Con la Generazione Z in prima linea: il 25% di loro ha acquistato un vino biologico o naturale negli ultimi 12 mesi. Ma l’apertura va ben al di là, e abbraccia anche formati alternativi come lattine e bottiglie monodose, oltre al vino analcolico acquistato dal 12% dei giovani. Nicchie interessanti, per quanto contraddittorie, su cui l’industria del vino, per approcciare i consumatori più giovani, dovrebbe puntare.

Nel mercato di massa, invece, la storia di successo più evidente degli ultimi cinque anni è stata quella del Prosecco: dal 2016 al 2021 i volumi importati sono cresciuti del 14,9%, e nei prossimi cinque anni le previsioni parlano di un’ulteriore +11,6%, un rallentamento che non scalfisce la posizione delle bollicine italiane, destinate a rimanere le più vivaci sul mercato degli spumanti. Diverso, invece, l’andamento dei vini fermi, un mercato stagnante, che registra il declino dei Paesi del Nuovo Mondo - come Cile, Argentina, Australia e Stati Uniti - destinato a perdurare. Male anche lo stesso vino canadese, atteso da un quinquennio irto di difficoltà dopo dieci anni di crescita dei volumi consumati.

Allargando l’analisi ai consumi di alcolici più in generale, la performance del vino, che nei cinque anni passati è cresciuto del 23%, e nei prossimi cinque crescerà del 7%, è comunque migliore di quella della birra, perdendo invece terreno nei confronti di spirits, sidri e ready-to-drink. E seppure i consumi di vino fermo sono piatti, i prezzi medi continuano a crescere, tanto che i vini premium (le bottiglie sopra ai 14 dollari canadesi) rappresentano il 25% del mercato, e la previsione è di una crescita costante e continua del prezzo medio.

Oltre al prezzo, resistono alcune tendenze interessanti, la più evidente delle quali sembra essere l’allontanamento dai vitigni più conosciuti per ampliare l’orizzonte verso altro. Negli ultimi sei mesi, un numero significativamente inferiore di bevitori di vino abituali ha scelto i bianchi “mainstream”, come Sauvignon Blanc, Chardonnay, Riesling e Pinot Grigio, mentre cresce la fetta di chi punta su Albarino, Torrontes e Viognier. E la stessa cosa è accaduta per i rossi, Merlot, Pinot Nero e Shiraz hanno visto un calo, mentre il Grenache sembra stia vivendo una sorta di rinascita. Il consumatore canadese è entrato nella fase della “scoperta”, nonostante i livelli di conoscenza siano calati negli ultimi 12 mesi, ulteriore effetto negativo del Covid e delle restrizioni agli acquisti durante i lockdown.

A livello di canali, la vendita al dettaglio vale il 90% di tutte le vendite, con i negozi di liquori del Monopolio che sono di gran lunga il canale più utilizzato, ma si registrano finalmente i primi segnali di una nascente industria online: il 18% dei consumatori abituali di vino ha acquistato vino online negli ultimi sei mesi, il 4% in più rispetto all’anno precedente. Un settore e-commerce più vivace, unito alla volontà di innovare e promuovere formati e stili diversi, potrebbe aiutare a raggiungere quello che sembra essere uno degli obiettivi chiave del mondo del vino canadese (e non solo): conquistare i consumatori Millennial e Gen Z.

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