02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

Capire come “Comunicare il vino ai giovani, tra spinte al proibizionismo e cultura del bere” sarebbe come trovare “l’uovo di colombo”: le riflessioni dal “Festival del Giornalismo Alimentare”. Focus - Comunicare il vino secondo WineNews

Capire come “Comunicare il vino ai giovani, tra spinte al proibizionismo e cultura del bere” sarebbe come trovare “l’uovo di colombo”, per riavvicinare al vino le nuove generazioni di consumatori, italiani ma non solo, che con il nettare di Bacco hanno un rapporto ancora in via di costruzione, e che spesso gli preferiscono birra, alcol pops e anche superalcolici. Se ne è parlato nel “Festival del Giornalismo Alimentare”, ieri a Torino, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero delle Politiche Agricole.
Perchè oggi, al di là del ristretto circuito degli addetti ai lavori, o degli appassionati, se si pensa al grande pubblico “la comunicazione del vino è ferma, sepolta”, ha detto aprendo il dibattito Federico Quaranta, il “Fede” di Decanter (Radio 2) e di altre trasmissioni tv. E questo anche perchè “i produttori - ha proseguito - non sanno come fare a comunicare i loro prodotti. Diventano social senza sapere cosa sia Facebook, oppure creano siti che nascono già vecchi. Chiaramente ci sono le eccezioni positive e virtuose ma sono davvero poche. E se uno capisse davvero come comunicare il vino, soprattutto ai più giovani, diventerebbe milionario”. E allora cosa, e come raccontare del vino?
C’è chi ritiene fondamentale l’aspetto salutistico, come ha sottolineato Attilio Giacosa dell’Osservatorio Nazionale Vino e Salute: “è fondamentale affermare il concetto del consumo moderato, che è proprio della nostra cultura mediterranea, e anche il fatto che bere il giusto e con regolarità - i classici 20 grammi di alcol o due bicchieri al giorno di vino - è più salutare che essere totalmente astemi, come dimostrano tanti studi sulla riduzione delle malattie cardiovascolari, quello storico del “paradosso francese” e così via. Un concetto da sottolineare sempre e con forza, anche partendo dall’educazione al vino e a quello che rappresenta nelle scuole”.
Una via scivolosa quella del legame tra vino e benefici per la salute, in realtà, ma che pure va percorsa anche per contrastare le spinte verso politiche più proibizionistiche, anche nella comunicazione, che qualcuno, soprattutto i Paesi del Nord Europa, vorrebbe realizzare in Ue, come ha spiegato Alberto Cirio, membro dell’Intergruppo Vino del Parlamento Europeo: “l’Europa segue la cosiddetta “alcohol strategy”, che viene approvata dal Parlamento Europeo ed è valida per 7 anni, che serve anche ad armonizzare le leggi sulla vendita di alcolici nell’Unione. E, come relatore di quella appena entrata in vigore, posso dire che c’è sempre chi mantiene posizioni che puntano sul proibire che sull’educare al bere, che vorrebbe l’introduzione di etichette che mostrano incidenti stradali o persone malate, o con avvisi come sui pacchetti di sigarette, e sono soprattutto i Paesi del Nord Europa dove il consumo di superalcolici e l’abuso di alcol sono più diffusi, e chi invece, e sono i Paesi mediterranei come l’Italia, ha posizioni più moderate che puntano più sull’educazione al consumo moderato. Abbiamo dovuto lottare per far togliere dai testi la parola “uso” e per far lasciare solo “abuso” quando si parla delle conseguenze negative di un consumo eccessivo di alcolici. Ed è una lotta che è sempre aperta. Anche perchè spesso a livello europeo certe battaglie di principio nascondono altri obiettivi, quasi sempre economici, come racconta il caso classico delle etichette a “semaforo” adottate in Uk per indicare quali cibi sarebbero più o meno sani di altri, per le quali il Regno Unito rischia la procedura di infrazione, ma che vengono utilizzate lo stesso”.
“Comunicare il vino per me vuol dire raccontare la qualità non solo dei prodotti - ha detto la giornalista Licia Granello de “La Repubbilca” - ma anche dei territori delle aziende, delle persone che quel vino lo producono. E che non vendono un semplice prodotto, come fosse una sedia, ma una parte della loro vita che diventa parte della vita di chi poi quel vino lo beve, perchè diventa parte del suo corpo. Comunicare il vino è raccontare che è condivisione, perchè non si beve mai da soli, ed è narrare e spiegare vini più semplici, a patto che siano corretti”.
“Eppure oggi, nonostante ci sia tanta enfasi e spazio per il racconto del cibo e della cucina, gli spazio per il vino sui giornali generalisti sono sempre di meno, e questo è un problema”, ha sottolineato la giornalista Fernanda Roggero di “Food 24” de “Il Sole 24 ore”.
Come allargare la platea allora? “Parlare di territori, di cultura del bere, di educazione dei più piccoli ai valori del vino, delle storie bellissime che i produttori di vino possono raccontare è fondamentale - ha aggiunto Federico Pizzinelli di WineNews - perchè sono aspetti costitutivi del vino e della sua narrazione. Ma forse bisogna riflettere sull’evoluzione della comunicazione del vino degli ultimi 2-3 decenni, che se da un lato ha contribuito in maniera fondamentale ad elevare l’immagine del vino, ha posizionarlo come prodotto nobile dell’agricoltura, ed anche un po’ eslcusivo, forse in questo ultimo aspetto si è un po’ chiusa in se stessa, allontanando i giovani e quelli che non sono appassionati del nettare di Bacco. Ai quali, forse, bisogna tornare a dire che il vino è anche divertente, che può essere semplice senza essere banale. E i produttori non devono aver paura di dirlo perchè c’è anche l’alcol, nel vino. Perché che l’eccesso faccia male è un dato di fatto, come che il godere del vino sta nel gustarlo senza eccedere. E per comunicarsi ai più giovani, il vino deve uscire dal suo recinto, e andare nei luoghi e sui canali, internet e social media in primis, che i giovani usano. Birra e superalcolici comunicano e fanno presa sui giovani, senza timori. Anche il vino può farlo, a maggior ragione forte dei sui valori, della sua storia e della sua cultura. Ma serve un atto di coraggio”.

Focus - Cosa vuol dire comunicare il vino per WineNews, in 10 punti
1) È una sfida che non deve rinnegare il recente passato, in cui il vino, con un grande lavoro di comunicazione e di educazione del consumatore è stato elevato da semplice bevanda a prodotto “culturale” e “nobile”, ma che ora rischia di essere un freno.
2) È ritornare a far pensare che il vino è quotidianità, compagno della tavola (grazie anche a nuove modalità di consumo, dal bottle sharing alla mezza bottiglia, dal vino al bicchiere alla versatilità negli abbinamenti), che è fatto in primo luogo per essere bevuto e goduto (dal “lusso del possesso” al “lusso dell’esperienza”), e, solo poi, per essere studiato, conosciuto e apprezzato più a fondo.
3) È parlare un linguaggio semplice e schietto, capace di raggiungere più persone possibili, abbandonando quel linguaggio aulico che si può usare di fronte ad un circolo di esperti, ma non con gli appassionati: basta con i “riti del vino” ed i bicchieri che girano, più storie, più racconti, più vita.
4) È raccontare il vino attraverso i suoi territori ed i suoi luoghi, oltre a renderli fruibili, ai milioni di persone che da tutto il mondo vengono in Italia per vedere cosa c’è dietro ai nostri vini, e dare un volto a chi produce, primo appassionato narratore del suo vino, in prima persona e, soprattutto, oltreconfine.
5) È comunicare i territori del vino riscoprendone la vera “anima”, fondata su una passione autentica per l’agricoltura prima ancora che su logiche puramente commerciali.
6) È passare attraverso un rapporto pubblico-privato ed una nuova comunicazione territoriale fondata sul “far sistema”, in termini economici ma anche di idee ed opportunità, per mantenere alta la qualità del territorio, favorire la crescita agricol-turistica & commercio/servizi, e accrescerne l’immagine, e da cui tutti, imprese, cittadini e tessuto sociale, possano trarre vantaggio.
7) È seminare ed educare, e non proibire, fin dalla scuola, diffondendo con la comunicazione la consapevolezza che il vino è una parte fondamentale della vita del nostro Paese, e che, come tutti i prodotti, deve essere consumato in giusta quantità.
8) È sperimentare i nuovi strumenti di comunicazione, a partire dalle nuove tecnologie, dal web e dai social network con lo “spirito” di convivialità e condivisione che li accomuna al vino (molto tempo dovrà ancora passare, ma nel futuro, chissà, più del curriculum potrebbe contare la “web reputation” ...).
9) È rivolgersi prima di tutto ai giovani, consumatori di domani, ma anche affidando loro la stessa comunicazione, per la capacità di parlare ai propri coetanei e di utilizzare le tecnologie 2.0.
10) Se il futuro del vino italiano passa soprattutto dall’export, chi lo produce, lo vende e lo comunica, deve aprirsi a conoscere e comprendere il mondo e non pretendere che il mondo debba per forza conoscere e comprendere noi, adeguandoci a gusti, esigenze, stili di consumo, alla necessità di chi ha altre culture, abitudini e religioni di imparare a leggere le etichette, e, soprattutto, alla voglia di andare “oltre”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli