C’è un Italia di successo, un Italia che non declina e che riesce ad essere innovativa e di talento. E’ il nuovo made in Italy della “Soft Economy”, “un’economia basata anche sull’identità, la storia, la creatività, la qualità; un’economia in grado di coniugare coesione sociale e competitività e di trarre forza dalle comunità e dai territori”. Un’economia dell’eccellenza, sorta all’ombra dei nostri campanili, dalle vette imbiancate delle Alpi fino alla Sicilia.
Antonio Cianciullo, inviato di “La Repubblica”, ed Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente e oggi anche presidente della Fondazione Symbola, con “Soft Economy”, edito nei Bur della Rizzoli, compiono un viaggio alla scoperta di questa Italia capace di competere nella sfida globale, mettendo insieme tradizione e hi-tech, parchi e centri di ricerca, turismo e industria innovativa.
Venticinque storie di originalità imprenditoriale e vocazione al territorio, esempi di aziende di successo a livello internazionale, espressione di un made in Italy che non conosce ostacoli e che continua ad avere il vento in poppa, nonostante tutto. Tra questi casi, ci sono la siciliana Donnafugata e l’umbra Caprai, marchi ormai consacrati del vino di qualità e simbolo di una nuova filosofia produttiva dell’Italia nel mondo.
“C’è un’Italia produttiva - spiegano José Rallo e Marco Caprai, le due cantine citate nel libro come i migliori esempi del “made in Italy” - che non teme il confronto, anzi dai mercati riceve nuovi stimoli ad andare avanti sulla strada della qualità, del rispetto dell’ambiente e dei valori del territorio. E’ su questo orizzonte che dobbiamo saper immaginare il futuro del Paese, senza tradire lo stile e l’immagine dell’Italia più bella e suggestiva”.
Focus - La postfazione di Carlo De Benedetti
al libro “Soft Economy” di Realacci/Cianciullo
... La globalizzazione impone a tutti di puntare sulle proprie speciali attitudini, se si vuole restare sul mercato mondiale da protagonisti. E noi italiani quelle speciali attitudini le abbiamo, eccome se le abbiamo. Il nostro genius loci, ereditato dagli antenati artigiani delle botteghe rinascimentali, è infatti la qualità estetica, la raffinatezza, il gusto, ma anche la forza della cultura, della storia, del territorio. In una sola frase direi la capacità di valorizzare un prodotto, qualunque esso sia, con alti contenuti simbolici. I consumatori di tutto il mondo comprano prodotti italiani alla ricerca innanzitutto di questi valori. E la nostra grande opportunità è che questo tipo di consumatore è sempre più diffuso nel mondo. La generalizzazione su scala mondiale del benessere, infatti, spinge un numero sempre maggiore di persone ad apprezzare qualità, estetica, valore simbolico degli oggetti, delle idee, dei prodotti. E su questo terreno il made in Italy è imbattibile. Già oggi l’Italia è prima per quota di mercato mondiale sui prodotti di lusso: con il 26,5 % ha superato la Francia, posizionata al 22%, mentre gli altri Paesi sono nettamente indietro. Certo, con complessivi 75 miliardi di euro, questo mercato è ancora di entità relativamente modesta. Ma è sicuro che con la crescita dei ceti medio alti in Cina, in Russia, in India, e in Medio Oriente il giro d’affari crescerà esponenzialmente. Secondo una recente ricerca di Merril Lynch, la crescita del settore luxury goods è trainata dai clienti dei Paesi emergenti, e soprattutto dalla Cina. Un mercato quest’ultimo che per il 2004 rappresenta già l’11% delle vendite globali dell’intero settore, ma che nel 2009 salirà al 20%, superando gli Stati Uniti che attualmente detengono la leadership. Tra il 2001 e il 2003 gli Hight net worth individuals (coloro che dispongono di una ricchezza superiore al milione di dollari) sono cresciuti del 30% a Hong Kong, del 22% in India e del 12% in Cina. Sempre Merril Lynch stima anche nel 2010 i cinesi che viaggeranno oltre confine potranno essere 50 milioni. Sono tutte grandi opportunità per il sistema Italia. Per coglierle servirà certamente una classe imprenditoriale meno ripiegata sulle poche opportunità offerte dai nostri mercati protetti e più capace di competere con il proprio talento sui mercati liberi e concorrenziali. Ma servirà soprattutto una politica “alta”, capace di prendere per mano il Paese e guidarlo fuori dalle secche di oggi. Che reagire al declino sia ancora possibile non è solo una frase fatta. E non perché, come dicono gli economisti americani, “anche un gatto morto rimbalza”. Ma perché l’Italia ha ancora frecce al proprio arco ...
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025