
Un territorio che ha generato bellezza, con un paesaggio il cui “sistema delle Ville-Fattoria” è candidato all’Unesco, che ha prodotto agricoltura ed economia, soprattutto grazie al vino, e turismo, nel rispetto della sua comunità, non può che essere “sostenibile”. Questo territorio è il Chianti Classico, oggi tra i distretti del vino più importanti d’Italia e del mondo, con 7.000 ettari vitati su 70.000 in totale, tra la Siena del Medioevo e la Firenze del Rinascimento, dove 482 produttori di cui 345 fanno l’intera filiera, producono mediamente 35-38 milioni di bottiglie l’anno che vanno in più di 160 Paesi, per un valore economico di distretto che, con il vino come perno intorno al quale ruotano olio, agricoltura, ristorazione ed accoglienza, è stimabile in oltre 1 miliardo di euro. Alla regia di tutto questo c’è uno dei Consorzi più antichi d’Italia, con un secolo di storia alle spalle (celebrato nel 2024, con il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, al Quirinale a Roma), e che, dopo la scommessa vinta della Gran Selezione, il vertice della piramide qualitativa che riscuote sempre più successi di critica e mercato, e le Uga-Unità Geografiche Aggiuntive, frutto della zonazione, in etichetta (San Casciano, Montefioralle, Panzano, San Donato in Poggio, Castellina, Vagliagli, Greve, Lamole, Radda, Gaiole e Castelnuovo Berardenga), ha lanciato un nuovo “Protocollo di sostenibilità”, ambientale, sociale e culturale, che prevede 58 criteri, con l’obbiettivo, in futuro, di mettere nelle etichette dei vini di chi si certificherà un simbolo dedicato.
Secondo un’indagine del Consorzio Chianti Classico, presentata alla “Chianti Classico Collection”, che, oggi e domani, alla Stazione Leopolda a Firenze nelle “Anteprime di Toscana”, svela le ultime annate di Chianti Classico, Chianti Classico Riserva e Chianti Classico Gran Selezione che usciranno sul mercato nel corso dell’anno (e dove WineNews sta raccogliendo le voci del territorio in un video che sarà online nei prossimi giorni, e dalla quale vi racconteremo i nostri migliori assaggi tra i vini degli oltre 200 produttori presenti, ndr), “sostenibili da domani” non è la parola d’ordine nel territorio del Gallo Nero. C’è una forte attenzione alla sostenibilità già oggi, anche solo guardando al dato di quante aziende socie hanno risposto all’indagine in merito: il 48% di quelle che operano su tutta la filiera, dalla vigna alla bottiglia, che rappresentano il 53% del vigneto Chianti Classico. Anzi, si può ben dire che la sostenibilità in Chianti Classico sia un vero e proprio “habitus” ben collaudato negli anni, guardando ai dati emersi.
La fotografia attuale della denominazione si articola in tre declinazioni diverse di sostenibilità: ambientale, sociale e culturale, rispecchiando i tre capisaldi del nuovo Protocollo del Chianti Classico (presentato alla stampa nel maggio 2024 nelle celebrazioni del Centenario del Consorzio). Come per la produzione di un vino di qualità, tutto inizia con il lavoro in vigna. Già oggi sono due terzi delle aziende che praticano l’inerbimento tra i filari, azione fondamentale per combattere l’erosione del suolo e l’impoverimento dello stesso. Tre aziende su quattro si impegnano a preservare l’ecosistema in vigna, riducendo l’utilizzo di diserbanti e di concimi chimici, favorendo a questi ultimi compost naturali (37%) oppure i sottoprodotti del processo di vinificazione (52%). In questa stessa direzione va anche il dato sulla presenza delle piante mellifere in circa un’azienda su tre, che corrisponde al 27% degli ettari censiti. Gli impollinatori sono infatti un fragile anello dell’equilibrio ecologico, una vera congiunzione tra mondo animale e mondo vegetale, fondamentale per la propagazione della flora, oltre a essere un importante indicatore biologico nel monitoraggio ambientale. Questa attenzione si riflette anche nella conduzione biologica: il 61% delle aziende sono già in possesso della certificazione, e un ulteriore 9% sta intraprendendo il percorso di conversione al biologico.
Anche nelle fasi produttive un comportamento ambientalmente consapevole può influire molto: quasi la metà delle aziende, infatti, utilizza fonti energetiche alternative (45%), si impegna nella riduzione del peso delle bottiglie (65%), oltre al riuso di materiali quali vetro e carta (54%).
Il vino con sé porta valori culturali, di tradizione e di storia, che lo legano al territorio in cui viene prodotto. Il paesaggio come punto di unione tra natura e intervento antropico gioca un ruolo essenziale come elemento culturale: per questo il recupero e il mantenimento di antiche tradizioni come i muretti a secco (44%), dei terrazzamenti (38%) e delle strade bianche (74%) rappresentano un attivo e costante impegno nella tutela del territorio, che supera i confini dei vigneti. Questo tema si conferma come cruciale anche a livello di percezione da parte delle aziende socie: tra le possibili definizioni di “vino sostenibile”, infatti, il 60% si è dichiarato fortemente d’accordo con l’identificazione nella protezione della biodiversità e del paesaggio.
Questo si collega al concetto della sostenibilità culturale, la direttrice innovativa del Protocollo Chianti Classico. Il paesaggio chiantigiano è infatti un mosaico che alterna natura selvaggia a intervento umano. Qui prevale il bosco (due terzi del territorio), e a questo si inframmezzano le colture della vite e dell’olivo, oltre a seminativo. La presenza dell’uomo però si esprime anche nella complessa rete di edifici storici, parchi, viali, reti interpoderali e giardini che ricamano il territorio in un disegno ancora oggi visibile che racconta la storia della Toscana rurale degli ultimi 600 anni. La manutenzione e il restauro di tutto ciò è messo in atto dalla quasi totalità delle aziende (79%). Oggi proprio quei poderi vivono una seconda vita, spesso utilizzati come dimora per i lavoratori delle aziende vitivinicole (38%).
L’attenzione verso i lavoratori è, infatti, uno dei capisaldi del concetto di sostenibilità: dalla garanzia della parità di genere (il 39% degli impiegati sono donne), alla composizione dell’organico aziendale, con il 92% dei dipendenti diretti, per la maggior parte residenti nel territorio o nei comuni limitrofi (73%), all’attivazione di percorsi di inclusione sociale (37%). I territori crescono se cresce la socialità e la cittadinanza, e, dunque, il Protocollo che propone il Consorzio guarda con attenzione al tema della residenzialità e punta a far crescere sempre più sul territorio l’indotto delle principali attività economiche.
“La nostra filosofia è da sempre quella di trasferire il territorio nel calice, e il nostro impegno nella conservazione del territorio è attuale da secoli. Intraprenderemo, infatti, un percorso di sostenibilità, che si basa sul concetto di preservazione del territorio dal punto di vista ambientale, ma il cui sguardo si allarga fino a comprendere anche la sostenibilità sociale e, novità a noi particolare, quella culturale - spiega Giovanni Manetti, presidente del Consorzio Chianti Classico (e alla guida di Fontodi) - è con questo nuovo sguardo che vogliamo guardare le nostre vigne, i nostri boschi e i nostri borghi, che danno il nome alle Unità Geografiche Aggiuntive, le nuove aree più ristrette che caratterizzano la tipologia Chianti Classico Gran Selezione”. “La sostenibilità è una nuova lente attraverso cui guardare il nostro territorio - spiega il direttore del Consorzio, Carlotta Gori - già oggi l’attenzione e la cura verso il territorio è molto alta, ma come tutti, abbiamo dei margini di miglioramento. Credo che un punto focale del nostro protocollo sia proprio quello di guardare al nostro territorio con occhi nuovi: la sostenibilità culturale, che ci contraddistingue da secoli, è più che mai attuale, e vogliamo renderla intellegibile anche per il consumatore, mettendo in etichetta dei vini di chi si certificherà un simbolo dedicato”.
È per tutti questi motivi, che il nuovo “Protocollo di sostenibilità” del Chianti Classico, può essere alla base non solo della produzione di vino e della custodia del territorio del Gallo Nero, considerato da molti come il più bello al mondo, ma anche di una nuova comunicazione. Una comunicazione lontana da quel linguaggio troppo tecnicistico, quasi “virtuale”, che fino ad oggi ha allontanato le persone dal mondo del vino. Una comunicazione che deve legare il vino alla storia, alla natura, alla cultura, alla cucina italiana, alla convivialità ed alla socialità. Perché non c’è vino senza tavola, e viceversa. E dal banchetto etrusco a quello del Rinascimento, dalle tavole di nobili e papi, ad oggi, i vini toscani ne sono sempre stati protagonisti, contornati dai prodotti dei loro territori. Ed è questa la cultura italiana, che il mondo ama e che esportiamo nel mondo, e che distingue il vino, con i suoi secoli di storia alle spalle che non si posson certo dimenticare, dal resto degli alcolici. Ed è questo modo di comunicare che, finalmente, può fare del vino il “medium” per raccontare al mondo la bellezza dell’Italia e dei suoi territori.
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