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CI HA LASCIATO IL CANTANTE E VIGNAIOLO BRUNO LAUZI ... IL RICORDO DELL'AMICO GIORNALISTA PAOLO MASSOBRIO

C’erano 100 persone, non di più, ieri pomeriggio nella chiesetta di San Bovio a Peschiera Borromeo, a dare l’ultimo saluto a Bruno Lauzi, artista, musicista e vignaiolo. Qualche artista, ma soprattutto gli amici più cari, venuti da Rocchetta Tanaro dove ci si ritrovava a cantare con Paolo Frola e Oscar Prudente e coi suoi ragazzi che lo avevano accompagnato in questi ultimi anni. Don Andrea, nella cerimonia ha detto “il dono dell'arte è uno dei pochi strumenti che abbiamo per avvicinarci all'eternità. È un filo di speranza che apre il cuore e che dona un po' di pace e di gioia nel vivere”. E alla fine Lauro Ferrarini, da 25 anni con lui, e gli altri hanno suonato “Il poeta” con l’organo. Una cerimonia semplice, senza applausi, come voleva lui.
Bruno Lauzi aveva nel mondo del  “wine & food” una preferenza speciale per il Club Papillon di Paolo Massobrio: “era uno dei dieci soci onorari - spiega Massobrio - e tante volte ha tenuto a battesimo le nostre iniziative, fino ai suoi racconti per la serie “Il gusto della vita”, culminati in quella raccolta “Della quieta follia dei piemontesi”, bellissima. Cantava ma sapeva toccare delle corde incredibili, come quel giorno a Rocchetta Tanaro quando si alzò in piedi a cantare “Il poeta” e fu standing ovation. Mi mancherà, ci mancherà. Ieri gli amici del Club Papillon che lo hanno avuto con loro nelle Marche, in Sicilia, a Torino, nelle “Giornate di resistenza Umana” hanno inviato sms commossi. Ci ha lasciato un segno che ha a che fare con la bellezza, che, davvero, è una cosa che ci avvicina, in questo mondo, all’altro mondo”.
Il giornalista Paolo Massobrio, nel suo sito www.clubpapillon.it, gli dedica la Celesta, Barbera di Rocchetta Tanaro, anno 1990: era il suo vino, dal colore rosso rubino oggi con riflessi aranciati. La viola sfuma come i colori delle case genovesi. In bocca è piena degli umori speziati della sua terra, equilibrata, possente. La bevemmo agli inizi di Papillon su quel treno dedicato a Giacomo Bologna, mentre una coppia di idioti ne aveva rubate sei bottiglie che cercammo alla stazione di Mortara. E lì mi fece il regalo più bello della mia vita. Quel concerto improvvisato sul palco davanti alla stazione, a cantare con Paolo Frola “Genova per noi che stiamo in fondo alla campagna e abbiamo il sole in piazza rare volte e il resto è pioggia che ci bagna”. “Ciao Bruno, sei stato un grande!”.

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