Sappiamo tutto, o quasi, di come il vino, inteso sia come prodotto di consumo che come filiera, ha affrontato il 2020, ma cosa è successo lo scorso anno in uno dei Paesi e dei mercati più importanti, dove tutto ha avuto inizio, la Cina? Se l’è chiesto anche Wine Intelligence, che, al Paese del Dragone, ha dedicato il “China Wine Landscapes 2021”. Come è logico, i volumi venduti nel 2020 sono letteralmente crollati, perché il Paese alle prime avvisaglie della gravità di una possibile pandemia di Covid-19 ha scelto il lockdown totale, rinunciando, tra le altre cose, al Capodanno cinese, momento fondamentale per i consumi. Ciò nonostante, l’atteggiamento di fondo dei 52 milioni di consumatori cinesi di vino importato non è cambiato, con i consumi nell’on-trade che dopo il prevedibile calo del 2020 sono rimbalzati nel 2021, mentre l’off-trade ha sostanzialmente retto.
Come si spiega allora il calo del 30% dei volumi commercializzati? Analizzando i dati raccolti, la risposta sta nella composizione stessa del mercato dei wine lover cinesi. Che si può, sostanzialmente, dividere in due, con una sovrapposizione minima. Da un lato il consumatore abituale di vino, il cui modello di acquisto riflette una grande varietà di occasioni di consumo, sia in casa che fuori casa. Si tratta di un archetipo tipicamente urbano, istruito, benestante e internazionale, il cui comportamento ha chiare somiglianze con i consumatori dei mercati del vino più sviluppati: bere vino è un’abitudine quantomeno mensile, se non settimanale. Il secondo mercato è molto più grande e molto meno facile da misurare, ed è composto da una enorme percentuale di cinesi adulti che comprano vino una volta all’anno o poco più, come regalo, o per un’occasione particolare, solitamente per i grandi eventi, come il capodanno cinese, la festa di metà autunno e il “Singles Day”. Il vino, in questi giorni, vive un vero e proprio boom di acquisti, da parte di gente che poi non ne acquisterà più una bottiglia per un anno o oltre.
Wine Intelligence stima che siano circa 28 milioni (ossia il 6,5% della popolazione urbana di età compresa tra i 18 e i 54 anni) i cinesi che bevono vino almeno una volta al mese, e la metà di questi beve vino settimanalmente. In media, questa popolazione mensile di consumatori di vino, ha acquistato 25-30 milioni di casse da 9 litri di vino importato nel 2020, un dato che non è cambiato molto rispetto a quello del 2016. Utilizzando lo stesso approccio di calcolo, la stessa popolazione ha bevuto 25 milioni casse di vino nazionale nel 2015, che salgono a 34 milioni di casse nel 2021. Confrontando questi dati con le stime dei volumi consumati sul mercato cinese, sembra che i bevitori mensili abbiano rappresentato il 35% di tutti i volumi di vino nel 2016, salendo al 75% di tutti i volumi di vino nel 2020. Il calo quantitativo, quindi, sembra legato esclusivamente a questo enorme e imprevedibile gruppo di acquirenti occasionali. Ed è una lettura che acquisisce ancora più senso se si considera la quasi totale interruzione della socialità legata ai grandi eventi in Cina causata dalla pandemia.
Tra le altre tendenze al centro del “China Wine Landscapes 2021”, c’è una popolazione che si sta muovendo sempre più verso un livello di spesa di fascia media, che opera con fiducia - ma con livelli di conoscenza ancora molto bassi - e fa sempre più acquisti di vino online. Si tratta di un target sempre più legato alle élite urbane, con oltre il 70% dei bevitori semestrali che afferma di guadagnare più di 9.000 Rmb (1.200 euro) al mese. Notizie positive anche per i produttori di vino di fascia alta cinesi, visto che l’interesse per il vino domestico sta crescendo. Nonostante le turbolenze degli ultimi 18 mesi, i segnali che arrivano dai bevitori di vino cinesi abituali sono di un ritorno alle occasioni di consumo fuori casa, una crescente fiducia nella socializzazione di basso profilo (le grandi folle sono ancora una preoccupazione) e la ricerca di qualità e in generale. Come con altri mercati importanti, tipo gli Stati Uniti, c'è qualche preoccupazioni a lungo termine, legata agli scarsi livelli di coinvolgimento per il vino tra gli under 24, con altre categorie di bevande che risultano più interessanti e accessibili. Negli anni 2010, i nuovi Millennial cinesi benestanti sono stati la chiave per aumentare i volumi di vino importato, ma per ora la Gen-Z sembra essere più cauta.
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