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AGRICOLTURA E POLITICA

Coldiretti: “vogliamo un’Europa diversa che non taglia 90 miliardi all’agricoltura per il riarmo”

I messaggi dell’assemblea dell’organizzazione a Roma. “Il 18 dicembre la protesta a Bruxelles: la Commissione Ue distante da imprese e cittadini”
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Il presidente Coldiretti, Ettore Prandini

Non meno Europa, ma un’Europa diversa, “che sappia colmare il deficit democratico causato dalle scelte della Commissione Europea, organo non eletto che detiene ormai il monopolio legislativo, mentre il Parlamento Europeo risulta marginale e spesso ignorato”, e che guardi veramente agli interessi di cittadini ed agricoltori, per tutelare al tempo stesso aziende, ambiente e consumatori, che non sia quella che “sottrae 90 miliardi di euro agli agricoltori (dalla Pac, ndr) per destinarli al riarmo franco-tedesco”, e che, nel caso dell’Italia, consenta alle imprese e alle istituzioni di spingere ancora di più un settore che esporta nel mondo prodotti per 73 miliardi di euro, e che ora vuole sfruttare ancora di più il traino del recentissimo riconoscimento della Cucina Italiana come Patrimo Immateriale dell’Umanità Unesco. Messaggi che arrivano dall’assemblea di Coldiretti, oggi a Roma, con, tra gli altri, il Ministro per gli Affari Europei, il Pnrr e le Politiche di Coesione, Tommaso Foti, e che, come altre organizzazioni agricole italiane (a partire da Confagricoltura) e non solo, si prepara alla grande mobilitazione di settore in calendario per il 18 dicembre a Bruxelles.
“Il 18 dicembre saremo a Bruxelles con migliaia di persone, migliaia di agricoltori della Coldiretti - ha detto il presidente, Ettore Prandini - per cambiare l’Europa, un’Europa diversa che guarda ai bisogni dei settori produttivi. Dobbiamo valorizzare l’economia reale, quella che ci ha contraddistinto, quello che ci ha fatto diventare un punto di riferimento a livello globale. Paradossalmente la von der Leyen, con la Commissione tutta, si sta prendendo una responsabilità nel diminuire le risorse stanziate a favore dell’economia reale per fare tutta una serie di attività di cui non abbiamo assolutamente bisogno. Sotto questo punto di vista serve conoscenza, serve professionalità, quella professionalità che non deve tagliare risorse alla Politica agricola comune, 90 miliardi di euro in meno, 9 miliardi di euro per quanto riguarda il nostro Paese, ma, invece, implementare le risorse, esattamente quello che stanno facendo tutti gli altri Paesi nel resto del mondo. Il cibo è un bene centrale per quanto riguarda la sicurezza dei cittadini e noi questo lo vogliamo rimarcare con forza. Ancora una volta vogliamo conquistare i mercati internazionali, ma senza svendere l’agroalimentare, come nel Mercosur, finché non riusciremo ad ottenere il principio di reciprocità”, ha detto Prandini. Che ha aggiunto: “le stesse regole imposte alle imprese agricole italiane ed europee devono valere quando noi importiamo prodotti agroalimentari provenienti da altri continenti. La nostra battaglia continuerà anche per quanto riguarda il tema del codice doganale, non possiamo fare entrare prodotti che poi magari vengono trasformati in Europa e vengono venduti per italiani, è la base dell’Italian Sounding. Abbiamo raggiunto un record storico per quanto riguarda le esportazioni nel 2025 che supererà i 73 miliardi di euro, ma nello stesso tempo l’Italian Sounding ne vale 120. Più togliamo valore all’Italian Sounding, più facciamo crescere l’agroalimentare, quello di eccellenza, quello che il nostro Paese ha prodotto in questi anni, quello che ci sta creando le condizioni per le quali la nostra filiera vale 707 miliardi di euro, 4 milioni di occupati e, mi ripeto, un record storico nel 2025 delle esportazioni che supererà i 73 miliardi di euro”.
Sulle posizioni di Coldiretti, sembrano concordi il 70% degli italiani che giudicano “le scelte politiche dell’Unione Europea, guidata dalla Commissione von der Leyen, distanti dai propri interessi reali, frutto di una tecnocrazia ormai lontana dalle dinamiche concrete di imprese e lavoro e dagli interessi delle persone, espressione di un modello istituzionale vissuto come uno svuotamento della democrazia”, secondo l’indagine Coldiretti/Censis, presentata oggi.

Accompagnata dalle proposte dell’organizzazione “per un’Europa diversa, che sappia colmare il deficit democratico causato dalle scelte della Commissione Europea, organo non eletto che detiene ormai il monopolio legislativo, mentre il Parlamento Europeo risulta marginale e spesso ignorato”. Coldiretti cita lo scandalo dello studio sul glifosato redatto dalla Monsanto. “Un segnale evidente di un’Unione sempre più piegata sugli interessi delle multinazionali e incapace di difendere la salute dei suoi cittadini, come dimostrano l’accordo Mercosur - privo del principio di reciprocità nelle regole sulla qualità del cibo importato - o il clamoroso caso appena esploso sul glifosato”. La rivista scientifica internazionale “Regulatory Toxicology and Pharmacology” ha ritrattato dopo 25 anni lo studio che sosteneva la sicurezza dell’erbicida, cancellandolo di fatto dal corpus della letteratura scientifica. La decisione è stata motivata da “serie criticità etiche legate all’indipendenza degli autori e all’integrità accademica dei dati sulla cancerogenicità presentati”. In sostanza, l’accusa, spiega Coldiretti, è che lo studio “sia stato scritto dalla stessa Monsanto, con la complicità di tre ricercatori che avrebbero agito come semplici prestanome, omettendo i rischi legati all’uso della sostanza. Il fatto più grave è che dal 2000 ad oggi le autorità di regolamentazione di molti Paesi hanno utilizzato proprio quello studio come tassello chiave a sostegno della presunta sicurezza degli erbicidi a base di glifosato, nonostante i possibili effetti nocivi sulla salute dei lavoratori agricoli. La valutazione attuale della Commissione Ue è che non vi è alcuna giustificazione scientifica o giuridica per un divieto”.
Ancora, sottolinea Coldiretti, “l’Ue toglie 90 miliardi di euro agli agricoltori per destinarli alle armi”, con l’organizzazione agricola che “denuncia un eccesso tecnocratico che bypassa la partecipazione democratica, con un Consiglio Ue dominato dall’asse franco-tedesco e incapace di fornire risposte unitarie alle crisi (finanziarie, migratorie, pandemica, climatica, bellica), rendendo l’Europa un “vaso di coccio” sullo scenario globale, privo di anima politica e di sovranità condivisa”. E così, l’esempio più evidente, secondo l’organizzazione guidata da Prandini, “è il bilancio 2025, che sottrae 90 miliardi di euro agli agricoltori per destinarli al riarmo franco-tedesco. Una scelta che incontra la netta contrarietà degli italiani: il 76% ritiene che l’Ue non debba tagliare fondi ad agricoltura e welfare per finanziare spese militari, secondo il Censis. Un’opinione maggioritaria in tutti i gruppi sociali e territori”.
In sintesi: più tecnocrazia, meno democrazia, meno votanti. “Le élite tecnocratiche hanno potuto muoversi eludendo di fatto i normali canali di partecipazione democratica, protette da un’architettura istituzionale opaca e concentrate nella ricerca di consenso all’interno di una cerchia ristretta di interlocutori. Questo ha ampliato il divario tra Bruxelles e i cittadini europei e, più in generale, tra le persone e la politica, come dimostra il calo costante della partecipazione al voto”, dice Coldiretti. “Non è solo colpa di Bruxelles, nessuno lo pensa, ma siamo di fronte a un’Europa in coma, diventata vaso di coccio sullo scenario internazionale, che ha bisogno di essere rianimata, nel suo progetto di sviluppo economico e nella sua ambizione, speriamo sempre viva, a una pace duratura”, ha sottolineato il segretario generale Coldiretti Vincenzo Gesmundo, che ha aggiunto: “non abbiamo la pretesa di fornire soluzioni, ma di rappresentare bisogni diffusi e lavorare affinché siano recepiti. Tra questi non c’è il bisogno di meno Europa, ma di un’Europa diversa”.
Una visione sottoscritta anche dal Ministro per gli Affari Europei, il Pnrr e le Politiche di Coesione, Tommaso Foti: “visto il titolo “Questa non è l’Europa che vogliamo”, posso dire che aggiungo volentieri la mia firma alla vostra dichiarazione”, ha detto Foti, che in particolare sulla Pac, ha aggiunto: “continuiamo a ritenere che mettere la Pac in un fondo unico e anonimo sia un grande errore dell’Europa. Non vale il principio secondo cui gli Stati membri possono riequilibrare all’interno del fondo, perché la Politica agricola comune deve essere davvero comune. Se ogni Stato fa la sua politica agricola, viene meno il senso stesso della Pac”.
“L’attuale Commissione è talmente slegata dalla realtà da non aver compreso che il cibo è un elemento strategico, che vale molto più delle armi, poiché assicura la sovranità alimentare all’intero continente - ha evidenziato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini - mentre la von der Leyen vuole rendere l’Europa sempre più dipendente dalle importazioni da Paesi che non rispettano le stesse regole imposte agli agricoltori europei. È il segno di una totale incapacità dell’esecutivo Ue di pensare da grande potenza, mentre realtà come gli Usa e la Cina aumentano gli investimenti nella produzione agricola”.
Intanto, però, vanno ricordati anche i primati e le buone notizie per il settore. Come il recentissimo riconoscimento della Cucina Italiana come Patrimonio Unesco, che “rappresenta una straordinaria opportunità di crescita economica per il Paese, a partire dall’export, che nel 2025 raggiungerà la cifra record di 73 miliardi di euro, nonostante dazi Usa, tensioni internazionali e blocchi commerciali”, ha detto la Coldiretti. Che ha sottolineato come “nei primi 9 mesi 2025 l’agroalimentare nazionale ha registrato una crescita del 6% sui mercati globali, con l’obiettivo di consolidare e possibilmente aumentare ulteriormente questo risultato entro fine anno. Il prodotto più esportato è il vino, davanti a ortofrutta trasformata, formaggi, pasta e derivati dei cereali, frutta e verdura fresche, salumi e olio d’oliva”. Secondo i dati Istat analizzati da Coldiretti, la Germania resta il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari italiani, con una crescita nel 2025 del 7%, seguita da Francia (+6%), Stati Uniti (-1%), Gran Bretagna (+3%) e Spagna (+15%). Gli Usa rimangono il primo mercato extra Ue, anche se l’effetto dei dazi al 15% imposti dal presidente Trump sull’export europeo si è fatto sentire. Dopo un primo trimestre dell’anno con una crescita media dell’11% in valore, nei primi 3 mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10% le esportazioni agroalimentari italiane verso gli Usa sono progressivamente diminuite, fino al crollo di agosto (-23%) con l’aumento dei dazi al 15%. A settembre il dato resta negativo, ma risale all’-11%. “Resta da capire, però - ribadisce Coldiretti - quali saranno gli effetti a lungo termine delle tariffe, con la speranza che l’Ue riesca a riaprire le trattative. Il made in Italy continua a essere penalizzato anche da tensioni e blocchi commerciali, barriere sanitarie e ostacoli burocratici spesso utilizzati strumentalmente contro i prodotti agroalimentari nazionali. Queste misure, ufficialmente motivate dalla necessità di prevenire la diffusione di malattie o parassiti, non trovano spesso riscontro nella realtà e mascherano in molti casi politiche protezionistiche, volte a difendere interessi locali e ad aggirare accordi internazionali sul libero scambio. Per valorizzare al massimo il potenziale dell’enogastronomia italiana - rafforzato dal riconoscimento Unesco - è essenziale superare queste barriere e colmare i gap infrastrutturali del Paese, che ci costano oltre 93 miliardi di euro in export mancato, di cui 9 miliardi di euro solo nell’agroalimentare”.

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