Come salvare i profitti (in calo) dell’export di vino australiano in tempi di crisi? La ricetta di “Yellow Tail”, il marchio australiano che entrò in modo clamoroso nei mercati internazionali, fornendo una modello di marketing universale, è molto semplice: alzare i prezzi. Casella Wines, la cantina che produce il marchio Yellow Tail, secondo l’agenzia Bloomberg, sta sviluppando un prodotto che sarà venduto a circa il 50% in più del vino principale dell’azienda, che entrò in modo clamoroso nei mercati internazionali, fornendo un modello di marketing universale. La decisione è stata presa per sfuggire alla stretta che subiscono le esportazioni di vino australiane, a causa della rivalutazione della moneta dei “canguri”.
Il nuovo marchio dovrebbe arrivare sugli scaffali entro la fine del prossimo anno, con due rossi e uno varietà a bacca bianca al prezzo di circa 10 dollari a bottiglia, il 50% in più sul costo di Yellow Tail.
Le esportazioni di vino australiano sono scese del 10% nell’ultimo anno, toccando il minimo storico nel 2011. Questo, soprattutto, perché il dollaro australiano si è notevolmente apprezzato, erodendo così margini importanti di profitto, specie nelle vendite negli Stati Uniti.
Il successo economico di Yellow Tail, il terzo vino più venduto nei supermercati degli Stati Uniti secondo i dati raccolti da Nielsen e Goldman Sachs, è stato, c’è da dire, frequentemente accusato di spingere l’immagine del vino australiano verso il basso del mercato. E quindi, non sono poche le perplessità sul cambiamento di posizionamento che sta per mettere in atto l’azienda australiana. Ma, “se la Toyota Corolla non ha distrutto la Lexus - ha spiegato l’ad di Yellow Tail, John Casella - qualcuno comprerà vino a 12 dollari e non comprerà quello venduto a 6 dollari”.
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