Come sarà l’agricoltura nel 2030? A questa domanda cercheranno di rispondere economisti, docenti universitari, riferimenti per gli scambi di prodotti agroalimentari, sindacati del mondo agricolo e rappresentanti di importanti filiere della meccanizzazione agricola e della zootecnia a “Agricoltura 2030”, l'evento di scena il 29 gennaio a Roma che introduce “Fieragricola” n. 111 (VeronaFiere, 6-9 febbraio, www.fieragricola.it).
“Alcune tendenze - afferma il presidente di Veronafiere, Ettore Riello - sono state individuate dalla Commissione europea, ma su un orizzonte temporale più ravvicinato. Sappiamo che le energie da fonti rinnovabili cresceranno e sosterranno i redditi agricoli e che lattiero caseario, avicolo e carne suina registreranno un segno positivo. Abbiamo voluto guardare oltre, chiedendo agli esperti di indicare le macrotendenze”.
“Con 115 anni di storia Fieragricola rappresenta un punto di riferimento per l’agricoltura - osserva il dg VeronaFiere, Giovanni Mantovani - con un’attenzione rivolta tanto alle novità in esposizione quanto agli scenari che la filiera agroalimentare si troveranno nel 2030, un orizzonte che non è affatto lontano”.
“Appare probabile - come scrive Dario Casati, economista agrario, già prorettore dell’Università di Milano - che i mercati si amplieranno, la concorrenza si dovrà sviluppare liberamente, l’accessibilità alle scoperte scientifiche sarà alla base di una nuova (fase della) rivoluzione verde”. “A determinare il futuro agricolo - è convinto Giorgio Amadei, presidente dell’Accademia nazionale di Agricoltura - saranno tre famiglie di innovazioni”, come “informatica, robotica e bio-tecnologie. Così l’agricoltura del 2030 potrà rispondere meglio alle esigenze demografiche del pianeta e assicurare forme di reddito agli imprenditori agricoli, questi ultimi finalmente collegati coi mercati”.
“ Mercati sempre più tecnologici - ipotizza Francesco Bettoni, presidente della Borsa Merci Telematica Italiana - grazie anche al sistema di commercializzazione che dai 6 milioni di euro di scambi del 2002 è arrivato a 733 milioni nel 2013. Nel 2030 chissà, difficile estrapolare volumi. Ma il percorso è stabilito, nei suoi tratti essenziali. Si parla molto di digital divide; il divario, nel caso del nostro Paese - sostiene Bettoni - non è solo digitale, ma è prima di tutto culturale”.
Gabriele Canali, docente di Economia agroalimentare all’Università Cattolica di Piacenza Canali individua invece alcune macro-tendenze: “dalla capacità di produrre in modo economicamente efficiente prodotti agricoli, di valorizzare la qualità, di offrire servizi di natura ambientale. Ben prima del 2030 - è convinto l’economista dell’Università Cattolica - la crescente competizione e la riduzione delle forme di sostegno spesso distorsive determineranno una forte selezione delle imprese e delle produzioni”.
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