La Germania, per il vino, è un mercato sempre più complicato, tra un consumo ormai sostanzialmente stabile, pochi spazi di crescita e una competizione sui prezzi serratissima, con i discount che sono il canale distributivo più importante, per citare gli aspetti più eclatanti. Eppure, non soltanto per la sua prossimità, ma anche e soprattutto per i volumi ed i valori che rappresenta, è un mercato imprescindibile per le cantine italiane, che vedono il quello teutonico il secondo Paese più importante in volume e valore dopo gli Usa. Nel primo semestre del 2018, dai dati dell’Ice di Berlino analizzati da WineNews, la Germania ha fruttato al Belpaese 496 milioni di euro (+2,1% sul 2017), “e considerando i trend degli ultimi anni, è lecito attendersi una certa stabilità, e un valore del nostro export enoico intorno al miliardo di euro all’anno (nel 2017 997 milioni di euro, ndr)”, commenta il direttore dell’Ice berlinese, Fabio Casciotti.
Un mercato, dove l’Italia la fa da padrona, con una quota del 36% tra i vini di importazione in valore tra gennaio e settembre 2018 (ma in calo dello 0,8% sullo stesso periodo del 2017), ma dove i competitor più importanti, ancora a distanza, crescono velocemente, dalla Francia (25,5%, +3,3%) alla Spagna (16,9%, +9,2%).
“Al momento, il nostro maggior concorrente è la Francia, che agli occhi di molti consumatori tedeschi rimane comunque ancora imbattibile per gli Champagne e, in parte, anche per i vini di prestigio, anche se ormai le nostre denominazioni di origine più prestigiose sono in grado di battersi alla pari con Bordeaux e Borgogna. La Spagna, tuttavia, risulta in prospettiva il nostro competitor più aggressivo. Il punto di forza è un rapporto prezzo/qualità molto favorevole che attira il consumatore tedesco. Oggettivamente un buon Rioja o un Ribera del Duero costano decisamente meno di un vino francese di pari livello e anche di un vino italiano equiparabile, fattore che conta in un mercato dove l’attenzione sul prezzo è ancora molto alta”.
Talmente alta che, di fatto, si gioca sui centesimi. “Secondo uno studio del Deutsches Wein-Institut - spiega Casciotti a WineNews - il prezzo medio del vino nel commercio al dettaglio in Germania è di 2,92 euro al litro. Con i discount, tra i canali di distribuzione, a fare la parte del leone (48%), seguiti da Iper e Supermercati (29%), dal commercio specializzato (8%) e da altri canali (5%), mentre la vendita diretta dai produttori tedeschi persa per l’11%”.
Un peso importante, dunque, ce l’ha la grande distribuzione tedesca, dove passano più di 7 bottiglie su 10, che incidono molto sui prezzi. “I prezzi del vino nei discounter partono da 1,99 euro fino a 4,99 euro, nei supermercati da 2,99 a 9,99 euro, salvo alcuni singoli vini con prezzi più alti). Nel commercio specializzato invece – spiega Casciotti - si trovano alcuni vini a partire da 3,99 euro, la gran parte si situa nella fascia tra 6,99 e 14,99 euro, e infine si reperiscono vini anche con prezzi superiori. Le strategie dei produttori italiani sono diversificate. Chi vuole vendere grandi quantità e quindi utilizzare il canale Gdo deve per forza di cose accettare prezzi molto bassi per i propri vini. Nei discount si trovano Chianti a 1,99 euro a bottiglia, e sono casi che, oggettivamente, compromettono l’immagine del vino italiano come prodotto di qualità. Il commercio specializzato invece, dove si possono realizzare anche prezzi più alti, copre solo una piccola quota di mercato. Interessante per le nostre cantine che si situano nella fascia alta del mercato il canale della ristorazione”.
Dai dati 2017, spiega l’Ice, emerge che il valore medio del vino importato in Germania è stato di appena 1,68 euro al litro (-1,2% sul 2017), e tra i principali Paesi esportatori in Germania, il Belpaese si conferma terzo su questo parametro, con un importo di 1,61 euro al litro, stabile, dietro alla Francia, con 3,1 euro al litro (-2,8%), e agli Stati Uniti, con 2,16 euro al litro, e davanti a Cile (1,39 euro al litro), Sudafrica (1,11) e Spagna (1,06).
“In generale, non vanno dimenticati due aspetti che caratterizzano il mercato locale. Da un lato, il vino non ha un consumo esteso come nei paesi latini, essendo la Germania il paese della birra - ricorda il direttore dell’Ice di Berlino - dall’altro, nel vino, e non solo, il consumatore tedesco è molto attento al prezzo o almeno al rapporto prezzo/qualità. È quindi molto importante per le aziende impostare strategie finalizzate a posizionamenti e target ben precisi, decidendo se puntare a un mercato di massa o cercare di raggiungere fasce limitate di consumatori più raffinati disposti a spendere per un prodotto di alta qualità e prestigio”.
Certo è che l’andamento dei prezzi fa riflettere molto, se si considera che il 60% delle importazioni dall’Italia è fatto di vini a denominazione d’origine o indicazione geografica.
Nel 2017, infatti, l’import enoico tedesco è stato composto prevalentemente da vini rossi Dop e Igp (40,5%, con una crescita del 18,1% tra il 2013 ed il 2017), poi da bianchi Dop e Igp (16,8%, +0,3% negli ultimi 5 anni), poi da vini frizzanti (10,3%, ma -24,5%), spumanti (9,5%, a +14,8%) e da altri vini generici (22,9%, in crescita del 23,1%).
Con alcune categorie da segnalare in maniera particolare, secondo l’Ice, analizzando i dati disponibili, dai vini rossi Dop, che da soli valgono 86 milioni di euro, ai vini Dop del Veneto (che valgono complessivamente 78 milioni di euro, di cui 45 milioni di rossi e 33 di bianchi), passando per il Prosecco che, con 32 milioni di euro, vale più dei vini rossi dop del Piemonte, sui 30 milioni di euro, o ancora l’Asti spumante, sui 21 milioni di euro.
Ma dietro a questi che sono, poi, i “grandi classici” del vino italiano, in tutto il mondo, al di là del dato statistico - spiega Casciotti - l’osservazione empirica fa registrare una crescente affermazione di vini con denominazioni di origine meno conosciute dal consumatore tedesco rispetto a quelle più tradizionali. Negli ultimi anni i vini siciliani, campani e pugliesi sono sempre più presenti nel mercato tedesco. Uno degli esempi più emblematici di questo trend è il “Primitivo”, quasi assente fino a pochi anni fa e ogni sempre più presente”.
In ogni caso, con una grande distribuzione dai margini, evidentemente, bassissimi, viene da pensare che, in Germania, il vero valore aggiunto si possa trovare nella ristorazione.
“Mancano i dati, ma l’evidenza empirica conferma l’importanza del canale della ristorazione per il nostro vino di qualità, dato il gran numero di ristoranti italiani, alcuni dei quali “autentici”, che dispongono di carte con etichette di gran pregio e prezzi decisamente alti, anche considerati gli elevati ricarichi praticati in Germania. Peraltro, anche i ristoranti di cucina tedesca e internazionale dispongono spesso di selezioni di etichette dedicate all’Italia, molto spesso con vini di alta e altissima qualità. Questo canale è praticamente l’unico, insieme ai pochi punti vendita di lusso – sottolinea Casciotti - dove reperire il meglio della produzione nazionale. Occorre considerare che, anche se la massa dei consumatori tedeschi va poco al ristorante o frequenta birrerie e punti dove consumare spuntini, esiste una crescente fascia della popolazione con ingenti disponibilità economiche e gusti più raffinati, e che è dunque pronta a spendere anche molto per un buon Barolo, un Brunello o prodotti di questo livello. Va detto che anche il forte flusso di turisti tedeschi in Italia favorisce non poco la conoscenza da parte loro del vino italiano, mettendoli poi in grado di distinguere un buon vino da prodotti di bassa qualità”.
Resta evidente, in ogni caso, che in un mercato così complesso ed in buona parte saturo, le attività di promozione, anche sul fronte istituzionale, restano fondamentali.
“Sul mercato tedesco, l’Ice - spiega Casciotti - è molto impegnata sul fronte del vino. La promotione più importante consiste indubbiamente nella tradizionale partecipazione collettiva alla Fiera Prowein di Düsseldorf, la cui prossima edizione si realizzerà dal 17 al 19 marzo 2019 a Düsseldorf. Si tratta di una delle principali manifestazioni del settore a livello mondiale, il cui successo è spiegato con la vocazione prettamente commerciale. Nel 2018 la Fiera si è sviluppata su 132.000 mq con 6.872 espositori, di cui 5.887 (85,6%) dall'estero. Gli espositori italiani sono stati 1.736 (25,3%) Per quanto riguarda i visitatori professionali, il numero è stato di oltre 60.000, di cui dall’estero: 32.400 (53,6%). L’Ice sarà presente alla Prowein 2019 con una collettiva finanziata dal piano “Export Sud”, in cui esporranno 30 aziende del sud Italia. Intensa è anche l’attività finalizzata ad organizzare delegazioni di operatori e giornalisti tedeschi a fiere e eventi italiani. Ovviamente, per questa tipologia promozionale l’azione di maggior rilievo è rappresentata dall’incoming al Vinitaly, ma analoghe iniziative vengono realizzate per le manifestazioni Wine2Wine e Vitigno Italia, e per presentazioni organizzate a livello regionale. In genere, nella promozione dell’Ice, si cerca sempre di valorizzare le particolarità e le peculiarità dei vitigni autoctoni per differenziare il vino italiano da quello dei maggiori concorrenti. Ogni giorno, infine, offriamo la vasta e diversificata gamma dei nostri servizi ai produttori che desiderano entrare nel ricco mercato tedesco o rafforzarvi la propria presenza. È importante sottolineare che il mercato tedesco è già abbastanza saturo di vino italiano per cui i produttori che vogliono introdursi per la prima volta devono necessariamente presentare un quid in più rispetto alla concorrenza. Tale plus può essere rappresentato dal prezzo conveniente, dal rapporto/prezzo qualità favorevole, da una bottiglia di formato ed etichetta accattivante o da particolari caratteristiche di novità del prodotto. Per avere successo in questo Paese, occorre presentarsi subito bene perché in Germania la prima impressione conta molto. Indispensabile dunque avere un sito web di livello in tedesco, o almeno in inglese, avere all’interno dell’azienda una persona in grado di interloquire e parlare in un buon tedesco o inglese, essere pronti a fornire informazioni chiare su prezzi, condizioni di pagamento, quantità disponibili e tempi di consegna dei propri prodotti”.
Ma se questo è quadro attuale, dunque, non ci sono da aspettarsi poi particolari scossoni da un mercato enoico che, storicamente, è poco incline a cambiamenti repentini.
“Io credo che ci sarà una sostanziale stabilità nei prossimi anni, almeno nel breve termine. Anche perché, la Germania, pur essendo anche un Paese produttore di vino in zone importanti come il Reno, la Mosella o la Franconia, è sostanzialmente il Paese delle birra, e quindi sul fronte enoico particolari novità non ne vedo. Certo è che, sebbene i rapporti di forza tra Paesi siano abbastanza delineati e stabili, con l’Italia al vertice e la Francia dietro, c’è da tenere d’occhio la politica aggressiva della Spagna, che sta crescendo tanto grazie ad un rapporto qualità prezzo, per i tedeschi, formidabile. Ma l’Italia ha dei vantaggi che, credo, le consentiranno di mantenere a lungo il suo primato. I tedeschi, prima di tutto, amano il Belpaese ed i suoi prodotti in genere, e questo favorisce anche il vino. Così come i forti flussi turistici che si mantengono dalla Germania verso l’Italia. C’è poi il canale della ristorazione, con tantissimi ristoranti italiani, più o meno autentici, che hanno in carta vini del Belpaese, in misura decisamente maggiore di quanto non accada con la ristorazione francese o spagnola”.
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