Il campionato di calcio è ormai agli sgoccioli, e la testa dei tifosi vola già ai prossimi mondiali, in Brasile. Un Paese che, dai tempi di Pelé, vive “o futebol” come una religione, ma che, negli ultimi anni, ha imparato ad adorare anche un altro Dio, quello del vino, Bacco.
Spostando, negli ultimi anni, il rapporto con Italia e Francia dal campo al bicchiere: così, se nel mondiale americano del 1994 Romario e soci ebbero la meglio su Baggio e Baresi solo ai rigori, oggi è una giovane enologa italo brasiliana, Monica Rossetti, a firmare i vini dei Mondiali, “Faces”. Che non saranno gli unici ad accompagnare la kermesse più attesa, perché, ironia della sorte, il brindisi ufficiale sarà con il francesissimo Champagne di Taittinger: proprio i “bleus”, 4 anni dopo, vinsero il loro primo mondiale schiantando proprio il Brasile di Ronaldo.
Un legame sempre più solido, che racconta un trend positivo del Belpaese enoico, terzo Paese esportatore in Brasile, dietro a Cile e Argentina, con 25.000 ettolitri ed un volume d’affari che supera gli 11 milioni di euro.
Numeri che hanno attirato l’attenzione dei vignaioli piemontesi, forti della passione dei wine lovers brasiliani per Barolo e Barbera, come racconta il presidente del Consorzio Piemonte Land of Perfection (www.piemonte-landofperfection.org), Andrea Ferrero: “è un mercato che sta crescendo di pari passo con lo sviluppo economico: i vini piemontesi stanno cercando il loro spazio. Non aiuta l’ultima decisione del governo brasiliano di aumentare le tasse sui beni importati per tutelare le produzioni nazionali, ma crediamo che il Brasile diventerà uno dei mercati più interessanti nei prossimi anni”.
E non è certo da meno la popolarità del Chianti, tra i rossi più bevuti nel Paese, tanto che, ormai, San Paolo è diventato un punto di riferimento per la denominazione più grande di Toscana, al pari di Londra, Berlino o New York. Un vino che punta ad un ottimo livello da un punto di vista della qualità pur essendo un vino giovane e fresco. E tutti questi elementi li ritroviamo nell’impegno che il Consorzio sta portando avanti in maniera massiccia al fine di diffondere la cultura e la storia, che sta dentro e fuori il bicchiere. Un concetto di territorio e di una denominazione che vuole tornare a esprimere qualità e al contempo emozioni forti, vere e durature, “in perfetto stile #chianti cool .. ancora una volta - come spiegano al Consorzio (www.consorziovinochianti.it) - il Chianti regala esperienze sensoriali da ricordare”.
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