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Con l’aumento delle temperature, e senza adeguamenti tecnici, a cambiare non saranno soltanto gli aromi del vino, ma anche la sua capacità d’invecchiamento, come spiega il professor Philippe Darrie dell’Institut de Sciences de la Vigne et du Vin

Entro il 2050 le temperature medie, in tutto il mondo, dovrebbero aumentare di 1-4 gradi e, senza adeguamenti tecnici, a cambiare non saranno soltanto gli aromi del vino, ma anche la sua capacità d’invecchiamento. A lanciare l’allarme è il professor e ricercatore dell’Institut de Sciences de la Vigne et du Vin dell’Università di Bordeaux, Philippe Darrie, che sottolinea come nei prossimi anni aumenteranno sia l’esposizione alla luce che il regime idrico della vite.
Il primo a risentire del riscaldamento climatico sarà il contenuto di metossipirazina, destinato a calare, portando conseguenze importanti sul profilo aromatico di molti vitigni.
Ci saranno, ad esempio, meno note verdi e di pepe, nei Cabernet Sauvignon, nei Merlot e nei Sauvignon Blanc. Allo stesso modo, in caso di stress idrici importanti, sarà sintetizzata meno rotundone, responsabile delle note di pepe tipiche del Syrah e di altri vitigni. E ancora, soffriranno i precursori degli aromi tiolici, le molecole responsabili di una grande varietà di note e sfumature aromatiche (gemma di cassis, bosso, pompelmo, frutto della passione) di vitigni come Sauvignon bianco, Gewurtztraminer, Riesling e Pinot. Succede il contrario, invece, per molecole come i terpeni, i lattoni ed i furanoni, che danno al vino le tipiche note di frutta cotta delle regioni più calde, che, appunto, con il riscaldamento globale sono destinati ad aumentare.
“Alla fine, avremo vino decisamente meno freschi - spiega il professor Darrie a “Vitisphere” (www.vitisphere.com) - con un altro rischio: l’esposizione delle uve al sole aumenta il contenuto fenolico, e se per i vini rossi non è un problema, lo è per i banchi. Ma il limite più difficile a cui porre rimedio è quello che riguarda il potenziale di invecchiamento: i vini di qualità dovrebbero mantenere acidità e capacità antiossidanti, con corretti livelli di glutatione, che invece risultano persino dimezzati nei Cabernet Sauvignon delle annate più torride, come la 2003, rispetto a vendemmia più fresche, come la 2002 e la 2007. Il produttore, per porre rimedio, dovrà intervenire innanzitutto sulla gestione dell’ossigeno, anche con chiusure meno permeabili per evitare ossidazioni premature. Comunque, siamo ancora nel mondo delle ipotesi - conclude il professore dell’Institut de Sciences de la Vigne et du Vin - solo quando avremo una serie statistica rilevante, ed un quadro più solido degli aumenti di temperatura, potremo capire con precisione le evoluzioni future del vino”.

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