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“Con Nonino e Gaja ci presentammo insieme a Vinexpo e Vinitaly (con il tricolore) per dire al mercato che c’era in atto un cambiamento di qualità rivoluzionario: erano i primi anni Ottanta”. Il ricordo di Maurizio Zanella a WineNews #Vinitaly50Story

Di ritorno dalla Champagne in Franciacorta, Maurizio Zanella, nonostante la giovane età, aveva un’idea in testa: trasformare il vino in arte, “ma con un progetto autonomo, prendendo le distanze dalle parole spumante e bollicine, e cercando di lottare come Denominazione sull’identità e non sulla tipologia”. Oggi quell’idea è realtà, oltre il “Cancello solare” di Arnaldo Pomodoro, a Ca’ del Bosco, una delle griffe più celebri del vino italiano, e tutt’attorno, in Franciacorta, Metodo Classico e territorio di vini di altissima qualità. Ma nel cassetto, c’è il sogno di “avere una visibilità mondiale che non abbiamo ancora, nonostante la critica internazionale si sia accorta della Franciacorta e di Ca’ del Bosco in particolare, e che il consumer diventi consapevole che esistono una Denominazione ed un’azienda che rappresentano un’alternativa. E che non hanno timori referenziali nei confronti di nessuno”. A dirlo a WineNews, uno dei siti più cliccati degli amanti del buon bere, è lo stesso Maurizio Zanella, patron di Ca’ del Bosco, per #Vinitaly50Story, la cronistoria di mezzo secolo di Vinitaly e del vino italiano, attraverso le storie dei suoi personaggi, per i primi 50 anni della rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com). Nel suo ricordo c’è “l’unione con Nonino e Gaja e la scelta di presentarsi assieme a Vinitaly (con il tricolore), per dire al mercato che c’era in atto un cambiamento rivoluzionario, un movimento pionieristico incentrato su prodotti di alta qualità ed un nuovo posizionamento sul mercato. Parlo dei primi anni Ottanta, ed insieme eravamo già stati al neonato Vinexpo a Bordeaux”. Il cancello-scultura di Pomodoro suggerisce simbolicamente quello che c’è al di là: “in questa ricerca di interlocutori di mondi diversi, ma che nel proprio settore, fossero espressione di creatività e saper fare italiano, Ca’ del Bosco ha incontrato l’arte, per valorizzare il vino attraverso la cultura, interagendo con noi”, racconta Zanella tra i lupi blu della Cracking Art che fanno la guardia alla cantina, accanto all’enorme testa recisa di Igor Mitoraj e al rinoceronte a mezz’aria di Stefano Bombardieri. “Il vino è un valore reale che ci dà l’irreale” diceva Luigi Veronelli.
“Più o meno ogni anno a Ca’ del Bosco arriva una nuova opera d’arte, in una collezione sempre più ricca, regalando al visitatore emozioni non solo enologiche”, precisa Zanella. A Ca’ del Bosco tutto è un simbolo, che ricorda quell’idea del giovane patron: “ca’ del bosc” non è un nome di fantasia, ma un antico casolare al limitare del bosco - tutt’ora esistente - ad Erbusco, nella tenuta di famiglia acquistata negli anni Sessanta in Franciacorta. Dove, secondo l’idea di Zanella, in quello spicchio di Lombardia si potevano adattare le migliori tecniche della Champagne, dalle basse rese alle barriques, per esempio, fino all’arrivo dello chef de cave André Dubois (che tradotto, significa, guarda caso, “del bosco”). È la fine degli anni Settanta quando nascono i primi Franciacorta, il Crèmant (poi Satèn) ed il millesimato, per vincere la sfida del tempo, come lo Champagne.
Annamaria Clementi Zanella è l’artefice di quell’acquisizione e dell’impianto del primo vigneto: a lei è dedicata la Cuvée millesimata per eccellenza di Ca’ del Bosco, nata negli anni Ottanta, omaggio di Zanella alla madre. Negli anni Novanta all’idea di Zanella si unisce lo spirito imprenditoriale della famiglia Marzotto, e negli anni Duemila nella nuova cantina all’arte si unisce l’innovazione: la Cupola sotterranea in pietra è il cuore pulsante, da cui si dipartono le gallerie per lo stoccaggio e l’affinamento, tra dégorgement a “ossigeno zero”, “terme degli acini” per l’idromassaggio dei grappoli e serbatoi volanti per il travaso per gravità.
È qui che riposano anche gli ultimi nati, l’Annamaria Clementi Rosé e la Vintage Collection con il Dosage Zéro Noir, il Franciacorta “Riserva”. Ma anche il Maurizio Zanella, il taglio bordolese, precursore del genere in Italia, il Pinéro, il Pinot Nero prodotto da sempre, lo Chardonnay, il Carmenero e i Curtefranca. E la Cuvée Prestige, il Franciacorta non millesimato - anche in versione rosè - che racchiude nella sua celebre bottiglia trasparente l’essenza di 30 anni di quell’idea di successo, e uno dei più grandi successi del Franciacorta di tutti i tempi.

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