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Congresso Assoenologi - Cambiamento climatico, tecnologia, concorrenza internazionale, gradazione alcolica, produzione che cresce e consumo che diminuisce: gli scenari della vino nei prossimi 30 anni secondo Monika Christmann, presidente Oiv

Italia
Monika Christmann, presidente Oiv

Cambiamento climatico, evoluzione tecnologica, concorrenza internazionale che cresce, ma anche una ridefinizione, a livello formale e legale, del concetto di vino stesso, pensando anche alla questione del grado alcolico, che tende ad aumentare sempre di più, mentre il mercato chiede sempre più prodotti con gradazioni più basse. E poi una produzione di vino che crescerà, ed un consumo che, al contrario, sembra destinato a diminuire. Ecco i temi della viticoltura e dell’enologia dei prossimi anni, secondo Monika Christmann, presidente dell’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin (e responsabile dell’Istituto di Enologia della Hochschule di Geisenheim, in Germania), l’osservatorio più attendibile per scrutare il futuro del settore, che, nel Congresso Assoenologi, a Verona (2-5 giugno, www.assoenologi.it), ha tracciato gli scenari possibile del settore nei prossimi 30 anni.
“Per guardare avanti - ha esordito Monika Christmann - non si può che partire da ciò che è accaduto negli ultimi 20 anni, in cui il focus è stato l’ottimizzazione delle pratiche enologiche per minimizzare l’impatto sulle uve, limitare l’estrazione di tannini amari ed enfatizzare il frutto. Cosa ci riserva il futuro e perché? Sicuramente il cambiamento climatico, di cui tutti parlano e di cui ci sono evidenze continue, e poi il progresso tecnico, e gli aspetti economici connessi, di cui tenere conto senza penalizzare la qualità e la salubrità del vino per un consumatore che ha aspettative sempre più elevate su questo fronte. La concorrenza globale diverrà sempre più forte: la Cina si avvia ad essere il primo produttore mondiale di uva, con 1 milione di ettari di vigneto, il tutto in un quadro che necessita di armonizzazione internazionale di leggi e regolamenti”.
Quali problemi ci dobbiamo aspettare? Un ulteriore aumento delle temperature che provocherà l’abbassamento dell’acidità, l’aumento del pH e del grado alcolico nel vino e in vigneto la manifestazione più virulenta di alcune malattie e parassiti oltre che danni sui grappoli, come per esempio le scottature, che hanno un impatto negativo sulla qualità. E poi c’è la “questione acqua” tra stress idrici ed eccessi.
“Inizialmente - ha detto la presidente Oiv - in alcune aree come in Germania, il cambiamento climatico è stato visto con favore perché aiutava a raggiungere le gradazioni superiori ricercate a quelle latitudini, ma oggi siamo già oltre. La produzione di vini bianchi e di basi spumanti è già “ai limiti” per la diminuzione drastica dell’acidità. E non fanno eccezione altre aree come, per esempio, la California dove il contenuto medio in alcol dei vini è passato dal 12,5% del 1971 a 14,8% del 2001. Di fronte a questi problemi la parola d’ordine è “flessibilità”, cioè a seconda delle necessità mettere in atto le strategie che già conosciamo e le nuove tecnologie disponibili. La situazione che si prospetta apre fronti nuovi sia dal punto di vista tecnico che legislativo. Nel caso della riduzione dell’alcol, che è consentita fino al 20% del contenuto iniziale, la questione è di tipo legale. Il vino per essere definito tale deve avere una gradazione di almeno 8,5 gradi alcolici, quindi dealcolando a 6 gradi, come richiede il mercato, si esce dalla categoria “vino”. Inoltre, c’è l’aspetto organolettico, perché è dimostrato da numerosi test che la dealcolazione non incide solamente se contenuta entro il 2%. E, ancora, la correzione dell’acidità, gli esperti sostengono che con la filtrazione con membrane bipolari, tecnica non permessa, che concentra gli acidi grazie alla sottrazione di minerali, si ottengono risultati migliori che con l’aggiunta di acidi organici, che è invece permessa”.
Tuttavia non si tratta soltanto di trovare soluzioni enologiche possibili, ma anche di tenere conto e di capire cosa si aspetta il consumatore. “Le nuove tecnologie - ha spiegato, a questo proposito, la Christmann - sono guardate con sospetto. C’è una contrapposizione tra vino “industriale” e vino “artigianale”. Ma il confine è davvero labile. Un esempio soltanto: una filtrazione in cui si usano 3 piastre va bene per definirlo artigianale, e se se ne usano 100 è industriale? L’Oiv sta prendendo in mano tutte le tecniche tradizionali per verificare che siano rispondenti ai parametri molto più restrittivi che ci poniamo oggi, per esempio sui residui indesiderati. Bisogna cambiare punto di vista: non tutte le nuove tecnologie servono per ridurre i costi, ma spesso per avere meno residui a garanzia del consumatore che deve poter essere informato sui trattamenti a cui è sottoposto il vino e sulle sostanze con cui viene in contatto”.
Questi cambiamenti si inseriscono in uno scenario di mercato altrettanto fluido, di cui non si può non tener conto. “Nei prossimi 10-15 anni - ha illustrato la presidente Oiv - la produzione mondiale di vino aumenterà e i consumi diminuiranno. Nuovi Paesi diventeranno importanti player e parlo di Cina, India, Brasile e Thailandia. Ci sarà da confrontarsi con costi di produzione più bassi, leggi e regolamenti di vinificazione non uniformi, accordi bilaterali e concorrenza sleale. Inoltre cresceranno ulteriormente i vini biologici, biodinamici, orange, e così via. Circa l’armonizzazione della legislazione c’è un impatto più duro causato dal “principio del consenso”. Abbiamo discussioni con la Gran Bretagna, vogliamo portare la Cina nell’Organizzazione e far ritornare gli Usa. Le risoluzioni tecniche sono spesso bloccate da limiti politici e quindi vanno risolte su altri terreni”.
“Ci sono molte sfide da affrontare - ha concluso Monika Christmann - siamo in grado di produrre vini con il nostro stile, ma i consumatori dovranno accettare le nuove possibilità tecniche. Diversamente dovranno adattarsi a nuovi stili di vino. La mia ipotesi è che nei prossimi anni le tecnologie a membrana saranno molto importanti”.

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