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SETTORE IN CRISI

Contributi a fondo perduto, moratoria fiscale, accesso al credito: la ricetta della ristorazione

Dall’Assemblea Fipe/Confcommercio, le richieste del comparto al Governo per uscire dalla crisi. E per il futuro, formazione e limiti alle aperture

Con l’estendersi delle zone di massima ed elevata criticità, sono saliti a 280.000 i bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi chiusi con la serrata imposta dalle misure anti contagio, che colpisce complessivamente oltre 3 locali su 4 (75%) di quelli esistenti in Italia. Uno scenario completato dai numeri, impietosi, di una crisi senza precedenti per il settore, che, solo nel primo semestre 2020, ha registrato una perdita di fatturato di 19 miliardi di euro, destinati a diventare 33 miliardi di euro a fine anno, per un quadro che il presidente della Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, Lino Stoppani, dall’Assemblea “ospitata” dai canali social Fipe/Confcommercio, definisce “drammatico”. Risultato: 60.000 imprese del settore a rischio chiusura, ed oltre 300.000 posti di lavoro in bilico. Un dramma non solo da un punto di vista economico, perché emerge con chiarezza, nel deserto di borghi e città, “l’essenzialità delle nostre attività, anche a livello sociale e di qualità e modello di vita del sistema italiano”, continua Stoppani.
Cosa serve al settore? Ulteriori interventi immediati: rinforzo dei contributi a fondo perduto, crediti d’imposta più robusti e duraturi sulle locazioni commerciali, moratorie fiscali e contributive, accesso al credito. Per garantire la sostenibilità sul lungo periodo bisogna puntare sulla professionalità e sulla formazione: la crescita di fenomeni di concorrenza sleale ha determinato un impoverimento della qualità. Sono le richieste emerse dall’Assemblea Fipe/Confcommercio, cui sono intervenuti tra gli altri il Ministro per le Belle Arti e il Turismo Dario Franceschini, la Ministra delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, il Premier Giuseppe Conte, lo chef dell’Osteria Francescana Massimo Bottura, il produttore Maurizio Zanella, alla guida della griffe della Franciacorta Ca’ del Bosco, e Carlo Sangalli, presidente Confcommercio Imprese per l’Italia.
“Il settore - riprende Lino Stoppani - va aiutato con aiuti emergenziali e con interventi di natura strutturale in prospettiva futura.
Sul primo aspetto chiediamo un rafforzamento dei ristori, importanti ma insufficienti rispetto ai bisogni imposti dalla crisi. Bisogna fare di più su tutti i fronti, e rivedere soprattutto il discorso liquidità, abbinando provvedimenti che stimolino la domanda e gli investimenti. Penso ad esempio ad una manovra sull’Iva a tempo determinato, riducendo l’aliquota. Per quanto riguarda gli interventi di natura strutturale, c’è un eccesso di offerta, che nasce da una possibilità di accesso al mercato senza troppi limiti, che abbassa la marginalità e fa da stura a fenomeni come la movida e le infiltrazioni malavitose nel settore. Serve dare dignità istituzionale al settore - continua Stoppani - che deve avere un solo Ministero di riferimento e poter fare affidamento su una regia coordinata dell’alimentazione. E poi, bisogna ripristinare il principio: stesso mercato, stesse regole. Terzo aspetto: manca il capitale umano, bisogna investire in formazione perché c’è ancora troppa improvvisazione. E ancora, se da una parte ci sono limiti quantitativi da ripristinare, dall’altro servono limiti qualitativi per garantire un’offerta all’altezza”.
Dal fronte governativo, le prime risposte arrivano dal Ministro per i Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo, Dario Franceschini, solo marginalmente coinvolto, ma che al mondo della ristorazione riconosce un ruolo culturale importante, specie in ottica turistica. “Da questo passaggio dobbiamo capire come costruire il dopo. Non è retorica dire che ogni crisi porta con sé qualche opportunità. È vero che manca un interlocutore unico per la ristorazione, come per altri settori, ma da un punto di vista del turismo la ristorazione è uno dei motivi principali per scegliere un posto piuttosto che un altro, un pezzo fondamentale dell’attrattività del Belpaese”, sottolinea Franceschini. “Il cibo è un pezzo delle identità culturali italiane, come una chiesa o un palazzo. Le misure di sostegno dovranno allungarsi man mano che la crisi si protrae, con differenze tra Regione e Regione. I centri storici, ad esempio, contano su una misura maggiore, perché il turismo, già dall’estate, è crollato. Le misure dovranno sempre seguire i provvedimenti, e al contempo va sostenuta la cassa integrazione per il settore. Ci sono alcune misure, come la possibilità di ampliare il suolo pubblico senza costi, per cui mi sono battuto e mosso velocemente. La norma vale fino al 31 dicembre. Le città, con i tavoli all’aperto al posto delle macchine, sono più belle e vivibili, non solo nei centri storici, per questo ho fatto approvare una norma che elimina la necessità di autorizzazione della Soprintendenza, ad eccezione dei locali vicini ad un monumento nazionale. Se questo diventa la norma, in futuro si possono abbassare le tariffe ampliando gli spazi”.
Per i fondi stanziati per per la riqualificazione delle strutture ricettive, stimolato dal presidente Fipe Stoppani, Franceschini apre alla possibilità “di stanziarne una parte per la ristorazione. Ragioniamo per settore, ma per le mie competenze il ristorante non è sempre collegato al flusso turistico, vanno identificati quelli da includere, come fatto con le attività delle città d’arte”. E poi, un messaggio di fiducia, perché secondo il Ministro per i Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo, “la voglia di scoprire l’Italia tornerà con più forza di prima. Fino al 2019 il problema era quello di gestire l’over booking, e tutto questo tornerà e la sfida sarà distribuire i flussi tra città e borghi, affinché i benefici siano per tutti. Il settore sarà sostenuto anche da una domanda che sarà molto forte. La politica dei ristori aiuta le imprese ad attraversare il deserto, non è una risposta strutturale”.
Alla conclusione del Ministro Franceschini si ricollega l’intervento di Maurizio Zanella, alla guida della griffe della Franciacorta Ca’ del Bosco (del Gruppo Santa Margherita). “La qualità in questo settore - ha detto Zanella - deve essere l’unica possibilità per agricoltura e ristorazione. Sono rimasto colpito dal fatto che un Ministro come Franceschini, che stimo molto, abbia detto che il DL Rilancio e i due ristori siano la necessità per attraversare il deserto. Questi tre decreti non bastano nemmeno per arrivare a metà strada, e non capisco perché si continui a parlare di aria fritta senza capire che il sostegno dato alla ristorazione è insufficiente per restare aperti. Ci sono ristoranti importantissimi che stanno svendendo le proprie cantine pur di restare in piedi. Il Governo sembra non capire appieno la situazione: sono stati erogati 1,6 miliardi di euro, e ne servono più del doppio. In Francia a fine aprile era stato erogato tra il 20 e il 25% del fatturato 2019 sui conti correnti di tutti i ristoranti. La Germania, che non ha una grande cultura gastronomica, anticipa il 70% del fatturato del mese successivo, da cui scalare la cassa integrazione. Io apprezzo gli sforzi progettuali, ma ci vogliono velocità e fondi certi. Un’azienda del vino come Ca’ del Bosco - spiega Zanella - che lavora con l’80% dell’horeca, e che a marzo e aprile 2020 ha perso 85% del proprio fatturato, potrebbe godere di una misura semplicissima, l’abbassamento dell’Iva al 4%, come il resto dei prodotti agroalimentari. E poi, i giovani: come li formiamo? Non ci sono situazioni degne di tale nome, suggerisco al futuro Ministro di riferimento del settore, di preoccuparsi di investire sulla formazione dei giovani”.
Un occhio al passato recente, ed uno rivolto al futuro: così analizza il momento Carlo Sangalli, presidente Confcommercio Imprese per l’Italia. “Abbiamo lavorato in questi mesi drammatici portando a casa dei risultati, magari non esaustivi, ma guadagnati metro dopo metro. Sono certo risultati da migliorare e potenziare con risorse adeguate, in base alla caduta del fatturato dopo la fase pandemica, ricorrendo alla cancellazione dei tributi, una ampia moratoria fiscale e creditizia, un aumento del credito d’imposta per le locazioni commerciali. Non sono risultati che vanno a vantaggio di una sola categoria, perché la ristorazione ha un valore strategico che incrocia il turismo, l’agricoltura, l’agroalimentare. Quando chiude un ristorante o un bar, simbolo di un Paese che non ce la fa, quando un giovane deve rinunciare al locale per cui ha fatto sacrifici, sono ferite che non si rimarginano nelle persone e nelle città. Non c’è rigenerazione urbana senza rigenerazione del tessuto economico e sociale delle città. Le nostre imprese - continua Sangalli - sono insostituibili generatori di ricchezza, posti di lavoro e senso sociale. Ogni nostra battaglia ha un orizzonte più ampio, quello dell’interesse generale del Paese. Ogni principio ed ogni misura per cui ci siamo battuti, ha dato una chance in più a tutte le nostre imprese. Questa è stata la cifra del nostro lavoro”.
In ottica futura, aggiunge il presidente della Confcommercio, “non si tratta di far passare la nottata, perché gli effetti della crisi avranno conseguenze importanti sui prossimi anni, che non saranno facili da superare. L’aggravarsi della pandemia ed i nuovi lockdown pesano su un’economia già provata, e crescono i rischi anche sul rimbalzo del Pil, così come preoccupa la stretta sui Conti. E allora, occorre reagire, con ristori e indennizzi adeguati, tempestivi ed inclusivi ed ampie moratorie fiscali. Bisogna anche preparare il tempo della ripartenza. Chiediamo che in Bilancio si preveda una nuova stagione di riforme, che guardi alla produttività e alla crescita. Quello che faremo sarà continuare a costruire ponti, che significa trovare con pazienza le ragioni che uniscono, lavorare di speranza, puntare a qualcosa di più ambizioso di una strada e di più difficile di un muro. Ponti che si chiamano piano del turismo, aumento della produttività, politiche attive per il lavoro, integrazione, legalità, infrastrutture”, conclude Sangalli.
A ribadire il punto di vista del mondo della ristorazione è Massimo Bottura, chef dell’Osteria Francescana di Modena, che, con il passare dei giorni, interpreta lo scoramento e la preoccupazione crescente dell’intero settore. “Se non si pensa al futuro il clima diventa insostenibile, specie quando si ascolta tanta burocrazia che non racconta la realtà. Per mettere a posto la Francescana ci verranno riconosciuti 865 euro, ma ne abbiamo spesi migliaia. E il problema non è tanto per noi, che siamo una struttura economicamente solida, ma per tutti i locali di cui non si occupa nessuno. Quando mi parlano dei centri storici e dei bonus, mi inalbero, perché il turismo gastronomico è il primo motivo per cui dall’estero vengono qui. Siamo bravi a fare le cose di qualità, non di quantità. Piccoli ristoranti come noi, Alajmo, Cedroni, Romito, e tantissimi altri, sono diventati ambasciatori di casari, pescatori, contadini e produttori di vino nel mondo. Siamo l’immagine dell’Italia all’estero, il motore del turismo e facciamo formazione: a Modena ho 2.890 domande di stage per venire ad imparare la cucina italiana. Ora - ricorda Bottura - abbiamo anche una valenza sociale, e pure rappresentando tutto questo e siamo abbandonati a noi stessi, abbandonati al mood del momento, alla chiacchiera, ma nella pratica non abbiamo nessun appoggio. La liquidità messa a bilancio dal Governo è parametrata ai fatturati: abbiamo avuto il 200% del 10% del precedente fatturato, con limite a 150.000 euro, e così non adiamo da nessuna parte. Bene la sospensione della seconda rata delle tasse, ma arriva dopo che abbiamo comunque dovuto pagare la prima, ammesso che arrivi, stiamo ancora parlando di zone gialle, arancioni e rosse. L’unica cosa positiva è la cassa integrazione, che però viaggia con ritardi mostruosi. Alla fine, siamo fermi alle chiacchiere, invece dovremmo iniziare a a dividere le categorie e le situazioni, perché bar e ristoranti non possono essere considerati alla stessa stregua, cerchiamo di portare la ristorazione ad un certo livello, valorizziamo chi siamo veramente. Non sappiamo se siamo artigianato, turismo, commercio, cultura: non siamo niente, in mezzo a una strada, pur essendo asse portante della nostra identità. Per me la politica è fatta di coraggio, di immaginazione, di futuro: deve cercare di proteggerci e valorizzare chi deve valorizzare”, conclude Bottura, ricordando che “in Usa confermano che dopo Lima e Messico apriremo i Refettori di New York e San Francisco perché abbiamo trovato gli spazi”.
Stimoli, e critiche, piuttosto nette, che raccoglie senza fare una piega la Ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova.
“Dobbiamo continuare ad affrontare le questioni con rigore, agiamo in una fase difficile, nessuno aveva messo in conto di dover affrontare una pandemia. Siamo nella fase in cui dobbiamo immaginare e disegnare il futuro, non solo gestire l’emergenza. Ho ascoltato Bottura, mi piace condividere un passaggio della sua lettera di qualche giorno fa, in cui si racconta il ruolo della ristorazione, che va ben al di là della cucina. I segnali - risponde la Ministra - però ci sono, concreti e vigorosi. Ho fatto una battaglia per tenere aperti i ristoranti fino alle 23, cercando di tenere in conto la valenza sociale e culturale del settore, e rispettare chi ha investito per continuare a lavorare in un ambiente sicuro, coniugando sicurezza e diritto al lavoro, e perché la filiera di cui mi occupo dipende per il 35-40% dalla ristorazione, specie quella di alta qualità. È una battaglia che ha coniugato la filiera agroalimentare e quella del vino con la ristorazione, e questa deve essere le normalità. Gli chef sono gli ambasciatori di questa ricchezza gastronomica, in Italia e nel mondo”.
“Abbiamo sottoposto la filiera agroalimentare ad un grande sforzo, e la battaglia per la ristorazione nasce proprio dalla necessità di salvaguardare, in Italia e all’estero, le caratteristiche della Dieta Mediterranea: gli chef sono quelli che trasformano con sapienza questa ricchezza, per questo mi sono assunta la responsabilità di convocare un tavolo per lavorare insieme, di sistema, che guardi al futuro, per uscire dalla pandemia con un sistema produttivo ancora più unito. Nasce così - ricorda Teresa Bellanova - il fondo di 600 milioni di euro per i prodotti made in Italy acquistati dal 14 agosto. I ristoranti sono parte integrante della filiera dell’agroalimentare, e abbiamo la necessità di far comunicare mondi che agiscono sullo stesso terreno: cerchiamo di delineare insieme le scelte da prendere quando usciremo da questa fase pandemica. Valutando tutte le criticità, ma dobbiamo usare le risorse entro al fine dell’anno, non possiamo perderle, specie oggi che sono ancora più fondamentali. Valgono anche per i locali chiusi, o con fatture di prodotti già acquistati, o acquistando prodotti non deperibili. Per tutte le altre questioni, io dico che dobbiamo agire di squadra, dimostrando a noi stessi di averne la capacità: siamo delle solitudini bravissime, ma dobbiamo superarle, altrimenti non vinceremo la battaglia per un futuro di benessere per il nostro Paese. Il tavolo deve ripartire rapidamente, e la battaglia si gioca anche in Europa, specie sul fronte dell’etichettatura di origine. Senza sostenibilità economica - mette in guardia la Ministra delle Politiche Agricole - tutto il resto non c’è. Le imprese devono far quadrare i conti, o chiudono, e addio responsabilità ambientale e sociale. Il consumatore deve avere chiaro cosa sta mangiando, e su questo l’Italia è forte. Rischiamo di subire concorrenza di prodotti contraffatti, che creano problemi sia alla filiera agroalimentare che alla ristorazione italiana all’estero di qualità”.
Principi ribaditi anche nell’intervento del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha calato la condizione della ristorazione nel complesso e difficile quadro generale. “Viviamo una fase difficile e un momento complesso, dal punto di vista economico, sanitario e sociale. Prima conteniamo il contagio e prima restituiamo la fiducia ai cittadini per ripartire. Le misure adottate servono per contenere il contagio, e dopo la prima battaglia quella che abbiamo di fronte è una sfida insidiosa. Il settore del commercio, le industrie, i dipendenti, i singoli cittadini, devono fare squadra. Ringrazio la Fipe per lo spirito di collaborazione, il Governo si è attivato immediatamente, adottando varie misure di sostegno, che sono state ricordate dagli interventi che mi hanno preceduto. Da oggi le attività commerciali di 29 centri storici che hanno subito un calo del fatturato di due terzi, possono chiedere un ulteriore contributo all’Agenzia delle Entrate, che si è rivelato il meccanismo più rapido. L’erogazione è stata veloce, ma siamo consapevoli che la profondità della crisi abbia bisogno di interventi prolungati. Si creeranno nuove diseguaglianze - ricorda Conte - che come Governo dovremo contrastare e riequilibrare. Ci sono i dipendenti pubblici che continuano a lavorare, anche da casa, e tutti coloro che non hanno un reddito fisso che, invece, perdono fatturato e sostengono costi fissi spesso insostenibili. Penso proprio ai ristoratori, con il 60% delle attività del settore al momento chiuse. Non escludo la possibilità di nuove risorse, siamo già al lavoro, sappiamo che quanto fatto non è sufficiente a gestire i prossimi mesi, ma in una fase così complessa non dobbiamo rinunciare a proiettare il nostro sguardo e la nostra operosità sul futuro”.
Ripartendo dai punti di forza del sistema Italia, come “l’ingegnosità ed il saper fare italiano, che si ritrova in tante soluzioni di chef e artigiani. Ogni attività porta con sé un vantaggio per la comunità, ne è patrimonio e lo dobbiamo difendere. Commercio e turismo valgono 5 milioni di posti di lavoro, e garantiscono la sopravvivenza di tante altre filiere. Abbiamo però delle carenze. Limiti strutturali che gravano, come la burocrazia e i suoi tempi, la infrastrutture di trasporti e tecnologie, un fisco troppo complesso. Saranno tutte al centro dell’agenda di governo per i prossimi mesi e anni, perché alcune riforme hanno bisogno di anni. Tra gli aspetti più importanti da risolvere, un sovraffollamento dell’offerta, e una carenza di formazione. Ci vuole sì il sostegno finanziario, che resterà anche nel 2021, ma anche altre misure, al centro del piano di rilancio che poggia sulle risorse del recovery fund. Un settore così strategico merita una risposta univoca. Ci vuole anche un modo nuovo e agile di essere commercianti ed artigiani. Il vaccino e la sua diffusione sarà fondamentale per tornare alla normalità, so che dopo aver rispettato i protocolli dell’estate siete rimasti delusi dalla nuova stretta - dice il Premier rivolgendosi al mondo della ristorazione - ma i numeri ci avrebbero travolto. E questo vale per voi come per chiunque altro. Certe innovazioni potrebbero rimanere, come lo smart working, per cui questa situazione ci pone davanti a sfide significative, ad un cambiamento che ci troveremo necessariamente ad affrontare. Ognuno, per creare le premesse per il rilancio, deve fare la sua parte con responsabilità, in un dialogo trasparente e costante”.

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