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INDAGINE WINENEWS

Coronavirus, boom del delivery anche nel vino, ma solo per le realtà specializzate in e-commerce

Anche le enoteche puntano sull’on-line. Che cresce, ma non compensa il calo dei clienti tradizionali. E c’è chi, grande o piccolo, decide di fermarsi

Se ristoranti e bar sono tra le categorie più colpite dalla crisi Coronavirus, tra il grande calo dei consumi prima e la chiusura per decreto poi, anche le enoteche, presidio economico e culturale del vino nelle città e nei borghi d’Italia, come tutti, vivono una fase di grandi difficoltà. Luoghi che possono stare aperti, come previsto dall’ultimo Decreto del Governo dell’11 marzo 2020, poiché rientrano nei negozi di generi alimentari, rispondono in maniera diversa alla crisi. Fermate ovviamente, per legge, le attività di mescita e consumo nei locali, c’è chi ha deciso di chiudere del tutto, anche prima del decreto, e chi cerca di resistere grazie alle vendite on line e alle consegne a domicilio, in molti casi senza limiti di quantità e con spedizione gratuita. Ma se per le realtà specializzate nelle diverse forme di e-commerce si registrano crescita importanti (a livello generale da più parti si segnala un boom della spesa on line, con casi del 400% come raccontato da Coop Italia e da altri grandi catene, o addirittura del +3.000% per realtà come Eataly, come raccontato da Oscar Farinetti a WineNews, segno che c’è chi non rinuncia, anche in questi giorni critici, al cibo e al vino di qualità), per le enoteche tradizionali, il canale on line è più uno strumento per resistere, e sebbene qualche aumento lo registrino in tanti, non riesce a compensare la scomparsa temporanea dei clienti in negozio, delle degustazioni nei locali e così via. È il quadro che emerge dalla ricognizioni di WineNews tra enoteche di tutta Italia, da Milano a Napoli, e operatori specializzati nell’on-line. Che sono quelli che, in questo momento, registrano le crescite più importanti. L’app milanese Wine Livery, per esempio, fa sapere che nelle ultime due settimane si è registrato un +25% generale sulle vendite, percentuale che raddoppia nelle città del centro-nord (Milano, Torino, Bologna) dove l’emergenza e la paura per gli effetti del coronavirus è aumentata giorno dopo giorno. Il wine-delivery, insomma, vede incrementare gli ordini, spinti dalle circostanze della situazione attuale. A confermarlo, a WineNews, anche Andrea Bianchi (Enosocial), app che mette in contatto direttamente le cantine ed i clienti finali. “Noi siamo nati per il turista del vino, per far acquistare il vino in cantina, e da novembre possiamo spedire anche all’estero, questo è il nostro core business. E su questo c’è preoccupazione perchè ovviamente ci sono ripercussioni importanti. Ma, intanto, è esploso l’ecommerce: i nostri dati, fino al 9 marzo, ci dicono di una crescita degli ordini del +173% sullo stesso periodo 2019, addirittura di un +594% di bottiglie vendute, è +170% di fatturato. È trend esponenziale che vedevamo già nei mesi scorsi, e che chiaramente si è rafforzato con questo problema de Coronavirus. Anche perchè molte cantine hanno capito che ora, in questo momento è l’unico modo o quasi per vendere vino, e noi diamo una soluzione chiavi in mano a costo zero, perchè riceviamo la commissione solo quando la bottiglia viene venduta. Loro devono solo imballare il vino, poi passano i nostri corrieri che lo prendono e lo consegnano a domicilio, anche all’estero dove possibile”.
Un trend di crescita, quello dell’e-commerce e del delivery (non solo di vino), che ci conferma anche Peck, una delle enogastronomie simbolo di quella Milano colpita da prima, ed in maniera durissima, dall’epidemia.
“Abbiamo tenuto aperto il punto vendita storico di via Spadari e quello a Porta Venezia, mentre quello a CityLife è chiuso. Abbiamo rafforzato il servizio di delivery - spiegano da Peck - rendendolo gratuito per tutte le consegne di importi superiori a 50 euro sulla città di Milano. C’è un trend importante di crescita su questo, ma è difficile quantificarlo, e vale tanto per la gastronomia, per la tavola calda come per il vino. Di certo c’è maggiore complessità nella gestione degli ordini, che sono molti di più rispetto alla norma, e nelle consegne, ma tutto procede abbastanza regolarmente”.
Insomma, l’e-commerce e le consegne a domicilio crescono, ma per le enoteche tradizionali, in questo momento, sono, in genere, poco più che uno strumento per dare un servizio ed un segnale, che per compensare le perdite.
“Si sta aperti, vediamo di garantire un minimo di sostegno alle città, per dire noi ci siamo - spiega Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, l’associazione che riunisce oltre 100 enoteche di tutta Italia - ma anche se siamo a pieno nel diritto di stare aperti come negozi di generi alimentari, ognuno ha agito secondo le proprie condizioni e la propria coscienza. Qualcuno ha chiuso il punto vendita e fa solo consegne, molti si sono adeguati implementando la consegna a domicilio. Ovviamente non si pensa a fare il business, conviene quasi tenere chiuso, però vogliamo dare un segnale, ed è naturale che la consegna a domicilio cresca molto rispetto alla norma, ma di certo non basta. In generale, chi ha la licenza di asporto va avanti a lavorare, chi ha la mescita e basta ovviamente è fermo. Ma c’è grande solidarietà, ogni giorno con i colleghi di tutta Italia ci sentiamo, ci si supporta e ci si da coraggio a vicenda, in attesa che tutto passi”.
Simile la testimonianza di Francesco Bonfio, presidente Aepi, l’Associazione degli Enotecari Professionisti Italiani: “all’inizio dell’emergenza avevamo preso iniziative, come per esempio cancellare le penali per chi disdiceva prenotazioni di degustazioni ed eventi fino al giorno prima, anche se sono arrivate disdette addirittura per ottobre e novembre. Poi gli eventi hanno preso il sopravvento e la situazione è quella che è. Sul fronte e-commerce, qualche collega mi ha parlato di un leggero aumento, ma niente che possa compensare la vendita tradizionale, d’altro canto chi era abituato a comprare on-line non ha smesso ma non ha aumentato, chi si è spostato sull’on-line almeno per ora, ha portato una crescita marginale. D’altronde, c’è anche il fatto che il vino è condivisione e convivialità, e nello stato attuale è praticamente impossibile condividere una buona bottiglia con gli amici. Ma guardiamo il bicchiere mezzo pieno: quando usciremo da questo ci sarà più voglia di buono, di piacere, e le cose ripartiranno”.
Insomma, si respira la voglia di guardare avanti, seppur la situazione sia quanto mai incerta e difficilissima, come racconta da Roma Francesco Trimani, alla guida di una delle enoteche più famose e storiche della Capitale: “la situazione è drammatica. Siamo nel centro di Roma, le comunicazioni del Governo sono poco chiare, perchè si dice che si chiude l’italia poi è aperto tutto, a parte ristoranti, bar e abbigliamento, in sostanza. Io sono contrario a chiudere, noi siamo aperti con tutte le norme di legge, distanza di un metro, disinfezioni, guanti e mascherine. Il negozio è vuoto, ma pensare di chiudere non rientra in quello che io penso del commercio, che è un servizio, una presenza nella città. Anche noi cerchiamo di resistere con il web. Abbiamo lanciato una campagna social e on line, facciamo il 20% di sconto sui nostri prodotti, con consegna in tutta Italia, senza spese di spedizioni, e senza limiti di ordine, è l’unica attività che c’è rimasta da fare per non vedere morire le nostre attività in questo periodo. E per i corrieri ora è più facile: non c’è traffico, non c’è problema di parcheggio, di varchi attivi e chiusi, e trovi tutti a casa” - sdrammatizza un po’ Trimani, che però sottolinea che - “non è che così si fa business, è un segnale che vogliamo dare. Di certo questa crisi sarà uno sconquasso, penso anche al turismo, secondo me avremo un buco di uno-due anni, che inciderà fortemente anche sul vino, sia sui consumi in Italia che nell’export. Ma dovremmo farci trovare pronti per quando le cose ripartiranno”.
Tornando in Lombardia, ed in particolare a Legnano, vira in negativo la testimonianza di Paola Longo, che cura l’enoteca del gruppo, tra i leader in Italia soprattutto nella regalistica enogastronomica: “la situazione è angosciante, qui a Legnano, noi poi siamo in pieno trasferimento dell’enoteca da un locale all’altro, quindi siamo aperti in ottica di servizio ma in un clima che qui è bruttissimo. Noi sull’on line non abbiamo mai lavorato tanto, ma siamo attivi per fare le consegne a domicilio, e qualche cliente affezionato ancora viene in negozio, ma pochissimi, perchè non si deve uscire, come è giusto che sia”.
Le cose, per ora, sembrano andare meglio al Sud, dove l’emergenza Coronavirus è molto più contenuta, al di là dell’aspetto normativo che accomuna tutta Italia. “Noi stiamo aprendo mezza giornata, solo la mattina - spiega Adolfo Cianciulli della celebre Enoteca Cianciulli di Ottaviano (Napoli), una delle enoteche a più alta densità di grandissime etichette di vino del mondo - e su prenotazione ricevo un cliente alla volta, c’è chi viene a rifornirsi, facendo scorte in vista di una eventuale quarantena, fino ad oggi abbiamo lavorato quasi normalmente. Io on line faccio vendite su siti specializzati, e ancora ricevo ordini, e tutto scorre, è un canale che è sempre stato importante, e non ci sono flessioni. E, ad oggi, non si registrano particolari problemi con i corrieri. In ogni caso il periodo non è semplice, ma non ci fermiamo, soprattutto sul vino che non è un bene deperibile. E poi trattando prodotti di fascia alta come Sassicaia o Romanée-Conti, solo per fare due esempi, che sono dati su assegnazioni annuali, non vogliamo perdere queste assegnazioni, magari anche a costo di esporci un po’ economicamente”.
Se questo è il quadro che emerge nelle grandi città ed aree urbane, le cose non vanno meglio nei piccoli borghi “capitale” del vino, come Montalcino, terra del Brunello. “La situazione è difficilissima ovviamente - commenta Fabio Tassi, produttore di vino e ma anche proprietario dell’Enoteca La Fortezza e di altri locali “a vocazione enoica” - l’unica cosa che un minimo funziona è quello del commercio on line, che facciamo a prescindere, e su cui ora a maggior ragione ci concentriamo. È chiaro che non basta neanche a coprire i costi di personale, la situazione è difficile e poco chiara del futuro, ma si cerca di resistere. Certo che se le cose si protrarranno così a lungo, diventerà davvero complicato capire che fare”.
Ma in un quadro straordinario, in cui qualunque scelta è legittima e fatta, fino a che non usciranno misure di sostegno e provvedimenti del Governo, a proprio rischio da parte delle imprese, c’è anche chi ha deciso di sospendere l’attività tout court, da piccole enoteche a grandi catene. “Noi abbiamo deciso di chiudere tutto, sia i punti di Milano da subito, e poi tutto il resto d’Italia - spiega, a WineNews, Luca Pizzighella, alla guida di Signorvino, l’unica enocatena del Belpaese, con oltre 17 punti vendita in tutto il Paese - e da sempre facciamo spedizioni gratuite ai nostri clienti che vengono in negozio e comprano; tra luglio e settembre 2020, lanceremo il nostro servizio on line che, però, sarà sempre integrato con i negozi fisici, ma ora in questa fase, a tutela di tutti, abbiamo deciso di fermarci”.
Decisione che ha preso, per esempio, anche Bruno Dalmazio, alla guida di diverse enoteche (con punti vendita a Siena e a Montalcino, ma anche creatore di wine list per tantissimi ristoranti di tutta Italia): “tutti a casa per la nostra sicurezza, punto e basta. È stata la nostra decisione. Anche perchè anche se decidi di lavorare con l’on-line, qualcuno presente ci deve essere sempre, a prendere gli ordini, a preparare le spedizioni, a fare le consegne. Io credo che sia meglio fermarsi del tutto per fermarsi di meno e uscire prima da questa situazione”.
Esempi e testimonianze, alcune tra le mille possibile, di un settore che, come tanti altri, si trova a fronteggiare una crisi impossibile da prevedere poche settimane fa e che tutti sperano che passi il prima possibile.

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