La risposta all’overtourism l’Italia ce l’ha già: è nei 40,1 miliardi di euro di impatto economico e sociale con i quali il turismo enogastronomico italiano ha contribuito all’economia italiana nel 2023, di cui 9,2 diretti, 17,2 indiretti e 13,7 di indotto, con un rapporto benefici/costi pari a 6,9, confermandosi importante per l’economia italiana, con un forte potenziale di crescita, e con un ruolo non secondario nell’occupazione e nella distribuzione del reddito. E questo grazie al fatto che la crescita del fenomeno continua a doppia cifra, con un +12% sul 2023 di coloro che sono andati in vacanza con vino (considerato il prodotto più rappresentativo dell’Italia, con il 38,1% delle preferenze), cibo, olio e altri prodotti tipici come motivazione primaria. Perché in questo momento storico non semplice, tra crisi internazionali e dei consumi, i territori del cibo e del vino italiano si confermano la spina dorsale del Belpaese - con la crescita dei borghi rurali e delle mete minori come destinazioni, degli eventi come motivazione di viaggio, del passaparola sui social e delle serie tv per avere ispirazione - rappresentando un asset strategico nel turismo mondiale che rende unica l’Italia, ma anche la carta da giocare per le aziende italiane che, differenziando la propria offerta, con la capacità e la professionalità che contraddistinguono l’accoglienza italiana, possono incrementare la propria redditività. Ma anche perché l’enogastronomia rappresenta un’esperienza “multi-prodotto e multi-sensoriale” da vivere in ogni viaggio e, da tempo, l’enoturismo si è ormai destagionalizzato, grazie anche al fatto che i ristoranti degli hotel sono sempre di più ambasciatori del loro territorio e le aziende iniziano a restare aperte anche per le feste. E, proprio alla vigilia di Natale e Capodanno, a dirlo è il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2024 a cura di Roberta Garibaldi e realizzato da Aite-Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, all’edizione n. 7 presentata, oggi, a Parma, “capitale” della Food Valley italiana, e che, per la prima volta ha calcolato il valore economico del settore in collaborazione con Economics Living Lab, spin-off dell’Università di Verona. Un’edizione che, registrando i principali trend da tenere sott’occhio nel 2025, traccia anche l’identikit delle nuove “tribù” enogastronomiche: dai “Ricercatori” (42,1%), che viaggiano per provare nuove esperienze enogastronomiche, entrare in contatto con la comunità locale ed immergersi nella cultura della meta visitata, ai “Festaioli” (23%), che si avvicinano con una certa “leggerezza” all’enogastronomia, vista come una “scusa” per stare in compagnia e divertirsi; dagli “Intellettuali” (19%), il cui motto è “viaggiare per arricchire il proprio bagaglio culturale”, ai “Figli dei Fiori” (11,5%), che vedono nel viaggio enogastronomico un’occasione per pensare al proprio benessere psico-fisico e volersi bene, senza dimenticare gli “Edonisti” (4,3%), che decidono di compiere un viaggio enogastronomico per concedersi un lusso. La loro meta preferita? La Toscana, mentre Napoli continua ad essere la città del cuore degli stranieri.
Il Rapporto 2024 ha posto l’accento sulle azioni necessarie per trasformare un business già consolidato in uno strumento strategico nazionale per lo sviluppo armonico del territorio, rivitalizzando i borghi e le aree rurali. Se, infatti, in generale nel comparto turistico post Covid si evidenziano, in particolare tra i turisti italiani, i primi segnali di flessione, c’è una specifica categoria che continua a crescere e lo fa a doppia cifra: si tratta proprio del turismo enogastronomico. I dati certificano che si è ulteriormente consolidato il legame tra gli italiani e il viaggio alla ricerca di cibo, vino, olio e tutte le altre tipicità agroalimentari del territorio italiano. Il 70% degli intervistati dichiara infatti di aver svolto almeno una vacanza negli ultimi tre anni con questa motivazione primaria: le risposte evidenziano un +12% sul 2023 e +49% sul 2016. E mentre il turismo domestico generalista ha segnato un calo nel corso dell’ultima stagione estiva, quello enogastronomico non ha deluso, anzi: c’è un ampio bacino di domanda, stimato in 14,5 milioni di potenziali turisti del gusto, che opta prevalentemente per mete domestiche (64%). La destinazione preferita tra gli italiani, sia per i viaggi passati (39,3%) che per quelli futuri (33,9%), è la Toscana; a seguire troviamo Emilia-Romagna e Puglia, che s’invertono nell’ordine se consideriamo le intenzioni di viaggio, e, a completare la “top 5”, Sicilia e Campania.
Come nei semestri passati, l’enogastronomia si conferma fra le esperienze più desiderate anche per i turisti europei: il 15,3% della popolazione del Vecchio Continente (circa 20,6 milioni di potenziali turisti) ha intenzione di affrontarle nei viaggi in programma per questa stagione invernale, a prescindere dalla tipologia di viaggio (mare, city break, culturali e outdoor). Ed è alto anche l’interesse per le mete e le attrazioni a tema cibo dei mercati long-haul: in particolare svettano le destinazioni del Far East (Giappone, Corea del Sud, Cina) e il Brasile.
Il vino (con il 38,1% delle preferenze) è considerato il prodotto più rappresentativo dell’Italia in ambito agroalimentare. Seguono nell’immaginario collettivo nazionale delle icone enogastronomiche del Belpaese l’olio extravergine di oliva (24%), la pizza (22%), la pasta (15%) e i formaggi (11%). A questa ricchezza si unisce la percezione di un patrimonio unico, genuino, di qualità e diffuso sull’intero territorio. Grazie alla collaborazione con The Fork, il Rapporto 2024 ha mappato le cucine regionali più diffuse. In Italia spicca quella toscana (17,3% dei ristoranti della piattaforma), seguita dalla cucina piemontese e da quella siciliana, mentre all’estero emerge la forza della cucina campana/napoletana.
Per sfruttare pienamente il potenziale del turismo enogastronomico, il Rapporto 2024 si conclude con una parte propositiva, la più corposa e completa nella storia ormai settennale dello studio ideato da Roberta Garibaldi. Dieci sono le azioni proposte, a partire dalle modifiche normative per facilitare le imprese produttive nella realizzazione di un’offerta enogastronomica efficace e qualificata: occorre consentire alle imprese agricole e produttive di esercitare le attività turistiche a 360 gradi senza ostacoli burocratici (semplificazione) e approvare norme che agevolino la collaborazione flessibile con figure professionali specializzate, disponibili a chiamata, per supportare le imprese nella gestione turistica e nella creazione di esperienze e percorsi di rete; la realizzazione di infrastrutture e attrazioni dedicate: occorre creare musei nazionali del cibo, dedicati a eccellenze italiane come il vino, l’olio, la pizza e altri prodotti tipici; migliorare l’accessibilità e i collegamenti verso le aree rurali e interne, con soluzioni innovative e sostenibili; sviluppare regolamentazioni che facilitino il trasporto alternativo nelle aree interne, permettendo agli agricoltori o ai residenti di accompagnare i turisti, soprattutto in assenza di mezzi pubblici o taxi; l’investimento in formazione e innovazione tecnologica: è necessario formare professionisti capaci di mettere in rete i produttori, creare percorsi turistici e supportare le aziende nella commercializzazione delle esperienze e favorire l’uso dell’intelligenza artificiale per migliorare la gestione turistica, garantendo supporto ai piccoli produttori per superare eventuali divari tecnologici; un nuovo modello di governance, attraverso la creazione di un soggetto inclusivo per condividere le azioni tra gli attori coinvolti (assessorati, Camere di Commercio, Dmo, Strade del Vino, Consorzi di produttori, Distretti del Cibo) per pianificare strategie e azioni di promozione comuni, razionalizzando le competenze tra i soggetti attualmente coinvolti per evitare sovrapposizioni e inefficienze; per ultima, ma non ultima, la realizzazione di un piano nazionale di comunicazione e promozione: è necessario sviluppare un sito nazionale dedicato all’enogastronomia, partendo dall’enoturismo, sul modello di quanto già realizzato in Francia e Portogallo, e creare un ufficio stampa internazionale dedicato alla gastronomia italiana, con il compito di organizzare media tour e valorizzare le eccellenze locali, nonché potenziare la presenza dell’Italia nei circuiti di eventi internazionali, come avverrà il prossimo anno a Torino con la presenza dei “The World 50 Best Restaurants” e promuovere l’organizzazione di fiere e saloni b2b dedicati al turismo enogastronomico.
“Queste azioni - conclude Roberta Garibaldi, docente all’Università di Bergamo e presidente Aite, autrice del Rapporto con il supporto di Visit Emilia e Valdichiana Living, il patrocinio di Federturismo, Fondazione Qualivita, Iter Vitis Les Chemins de la Vigne en Europe, e la collaborazione dell’Università di Bergamo, Economics Living Lab e TheFork - rappresentano i pilastri per trasformare il turismo enogastronomico in un volano di crescita sostenibile, capace di esaltare le identità territoriali, promuovere l’innovazione e garantire benefici economici, sociali e ambientali. Il successo di queste iniziative richiederà una stretta collaborazione tra istituzioni, operatori e comunità locali, ponendo il turismo enogastronomico italiano come modello di eccellenza a livello internazionale”.
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