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Crisi, crollo del petrolio e sanzioni frenano l’importazione di vino italiano in Russia. Nel 2015 -20% in volume e -19% in valore, (-39% per la Francia. Ma si scommette sulla ripresa e sul futuro. Da Vinitaly parla “Simple”, leader del mercato russo

La crisi economica, dovuta anche al crollo del prezzo del petrolio, la debolezza del rublo il cui valore si è dimezzato sull’euro (raddoppiando, di fatto, il prezzo dei prodotti importati), l’embargo sull’importazione dei prodotti agroalimentari italiani (anche se il vino ne è escluso) e le sanzioni su alcuni prodotti che ne hanno provocato l’aumento dei prezzi: sono molteplici i fattori che stanno pesando sull’importazione e sul consumo di vino in Russia. Per la prima volta, infatti, la quota di vino importato nel Paese, nel complesso, è diminuita del 26% in volume e del 40% in valore. La più colpita è stata la Francia che ha perso il 39% del valore sui vini fermi di fascia bassa e il 36% per quelli premium. Meno peggio è andata all’Italia dove il calo dei vini fermi di si è attestato all’11% e del 29% per la soglia dei premium. Il Belpaese sta reggendo dunque meglio degli altri, aspetto importante per quando il mercato tornerà a ripartire. Nel 2015, è stato ancora ricordato, l’importazione di vino italiano in Russia è calata, nel complesso, del 20% in volume, scendendo a 30 milioni di litri sui 37 del 2014, e del 19% in valore scendendo a quota 101 milioni di euro sui 125 dell’anno precedente.

In particolare tale decremento è risultato maggiore per le bollicine, che in un anno hanno perso sul terreno il 33% del volume (scendendo da 39 a 26 milioni di litri) e il 39% del valore (passando da 122 milioni di euro del 2014 a 74 milioni).

Allo stesso tempo è in aumento il consumo di birra, considerata alla stregua di una bevanda dai consumatori russi, mentre è in calo quello della vodka.

A dirlo, a Vinitaly, i dati di “Simple”, tra i più grandi distributori di vini di alta qualità nel Paese, in un seminario in partnership con la realtà leader del Brunello di Montalcino, Castello Banfi. Secondo cui le richieste di vino italiano nel mercato russo sono state tradizionalmente determinate dall’influenza di due fattori: il turismo e la cucina italiana. La crisi del 2015 e lo sfavorevole rapporto di cambio tra le valute hanno inciso pesantemente su questi fattori, con una radicale diminuzione del flusso di turisti verso il Belpaese (circa il 40% in meno in base al numero di visti rilasciati), e uno stravolgimento delle preferenze dei consumatori nella scelta dei prodotti alimentari italiani. Dovuto anche alle sanzioni, con il ritorno in voga della cucina russa a scapito di quella italiana. L’Italia ha visto così diminuire lo spazio dedicato ai suoi prodotti sugli scaffali dei negozi e nelle carte dei vini dei ristoranti.

Il consumatore ha iniziato a sostituire i prodotti di importazione non più disponibili con quelli locali. A pesare anche il fattore psicologico che ha avuto un grande peso poiché i consumatori sono stati condizionati da una forte propaganda fondata sul recupero dello spirito patriotico anche nei consumi. Tale tendenza dei consumi può tuttavia essere considerata come una contingenza temporanea, e si può pensare che l’Italia sia stata colpita meno di altri, anche grazie alle strategie nelle relazioni estere del Belpaese, e alle attività degli istituti italiani e dei consorzi che non hanno cessato di alimentare con costanza l’interesse verso i prodotti made in Italy. A questo si aggiunge la previsione di un sensibile aumento di attrattività verso il mercato del vino dovuto alla crescente volontà dello stato russo di sviluppare tale settore per sostituire i tradizionali superalcolici con bevande più leggere come prevenzione della salute dal consumo di alcol.

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