Da luglio (dopo, cioè, le approvazioni dei Liquor Control Boards dei vari Stati), sul primo mercato del mondo, quello Usa, opererà The Winebow Group, un “colosso” da 1.200 dipendenti e 600 milioni di dollari di fatturato, frutto di una fusione, avvenuta ieri, tra Winebow e The Vintner Group, due nomi importanti, rispettivamente nell’importazione e nella distribuzione di vini italiani negli Usa. The Winebow Group sarà l’unica azienda di importazione di vini italiani a distribuire direttamente con la propria forza vendita in ben 15 Stati (New York, New Jersey, Massachusetts, Connecticut, Washington District of Columbia, Maryland, Pennsylvania, Illinois, Virginia, West Virginia, North Carolina, South Carolina, Florida, Georgia, Delaware); 15 Stati che rappresentano più del 50% dei consumi di vino negli Usa. A capo di The Winebow Group, come Chairman Emeritus, Leonardo LoCascio, fondatore di Winebow, uno dei pionieri della promozione di vini italiani di pregio negli Usa, una vera e propria autorità nell’importazione di vini italiani negli States, e come Amministratore Delegato, David Townsend, che ha portato con successo The Vintner Group ai livelli attuali.
Un accordo importante per il vino italiano negli Usa perché apre degli scenari importanti e nuovi nell’importazione, nella distribuzione e nella promozione dei vini italiani nel mercato di riferimento obbligato per capacità e dimensione della spesa oltre che per qualità della domanda. Ma, da sempre, anche un mercato dal difficile “American Wine System”, dove si ritrovano tanti retaggi del Proibizionismo (che, dal 1920 al 1933, comportarono il divieto di produrre, di distribuire e di vendere gli alcolici, vino compreso, ndr) ed effetti che resistono tuttora, e che mettono in difficoltà gli importatori.
Del resto, la cultura e la mentalità proibizionista, presente in ampi strati della società americana, non sono mai cessate completamente. Insomma, prima che una bottiglia di vino (italiano, francese, spagnolo ...) riesca ad arrivare, osservando tutte le regole di una filiera lunga e costosa ed assai diversa da quella europea, dal produttore al consumatore finale, è costretta ad almeno tre passaggi obbligati: importatore, distributore e retailer (ristoranti e enoteche), con i passaggi che ogni volta fanno lievitare i costi (tasse, trasporti, magazzino …) e, quindi, con effetti dannosi nel consumo di vino.
La strozzatura più evidente del sistema americano sta proprio nella distribuzione che, negli ultimi anni, ha subito una concentrazione: negli anni Novanta, i grossisti erano 10.000, a fronte di 400.000 retailers di vario tipo (ristoratori, enoteche ...); oggi i grossisti, tra grandi e piccoli, sono 700 (e da soli, i cinque grossisti rappresentano il 48% del volume di affari, anche se la loro attenzione è rivolta ai liquori), a fronte di 550.000 retailers.
Oggi, con questo accordo, per le oltre 50 aziende italiane di The Winebow Group (da Altesino ad Argiolas, da Castellare a Ceretto, da Di Majo Norante a Falesco, da Fazi Battaglia a Gianfranco Fino, da Galardi a De Castris, da Librandi a Maculan, da Mastroberardino a Montevetrano, da Princic a Roberto Voerzio, da San Polo a Tasca d’Almerita, da Tua Rita a Valdipiatta, da Valle Reale a Zenato), si apre un nuovo scenario nel mercato Usa, che attualmente consuma più del 16% di vino del mondo (15% Francia, 13% Italia, 12% Germania).
Focus - Le piccole “case histories” nel commercio di vino negli Usa
I primi ad essere penalizzati dalle limitazioni nel commercio di vino sono i consumatori americani, i quali, da Stato a Stato, sono sottoposti a delle rigide prescrizioni, che vanno dal divieto di farsi spedire il vino a casa all’impossibilità di acquistarlo nei negozi di alimentari o non di domenica ... Già perché ogni Stato ha una propria autonoma legislazione in materia, e ciò vuol dire 50 modi diversi, quanti sono gli Stati Usa.
Il vino, in generale, negli Usa, si può consumare al ristorante, oppure si può acquistare in enoteca o nelle cantine, mentre i ristoratori e gli enotecari possono comprarlo solo da distributori domiciliati nello Stato. L’importatore, a sua volta, non può vendere direttamente né ai consumatori né ai ristoratori né agli enotecari, ma solo ai distributori.
Le vendite di vino via Internet sono un campo in evoluzione - riguarda soprattutto le enoteche di alcuni Stati dove vengono tollerate - ma in ogni caso sono inibite sia agli importatori sia ai distributori.
Il sito Wine-Searcher, per esempio, ha in lista quasi 950 New York Wine Stores dove si possono trovare e ordinare i vini; da qualche tempo, poi, i produttori di vino di New York State, possono vendere le proprie bottiglie anche sulle strade vicine alla propria azienda e ai propri vigneti e lo stesso si apprestano a fare anche i loro colleghi di Long Island.
Focus - Winebow: nel 2012, l’operazione con il fondo Brazos Equity Partner (con 2 miliardi di dollari in portafoglio)
Il vino italiano è uno dei simboli del life style “made in Italy” tanto apprezzato nel mondo, e il suo appeal non conosce crisi, neanche nell’interesse dei grandi fondi di investimento. Perché è anche un investimento nel vino italiano quello che ha portato Brazos Equity Partners, fondo privato americano (1,4 miliardi di dollari di capitale in gestione e 715 milioni di dollari di “liquidità”, e che controlla 55 marchi top in settori che vanno dai servizi alla sanità, dall’industria alla finanza, dal food & beverage alla distribuzione, ndr), a diventare primo azionista di Winebow, uno dei più importanti importatori e distributori di vini italiani (e non solo) degli Stati Uniti, fondato da Leonardo LoCascio, che oggi ha in portafoglio 122 brand da tutto il mondo, Italia in primis. Brazos ha rilevato, nel 2012, il pacchetto azionario di Freeman Spogli (che, tra i suoi fondatori, vede anche l’ex ambasciatore Usa in Italia Ronald P. Spogli, grande appassionato di vini italiani). L’obiettivo dell’operazione (di cui non si hanno i dati economici) è “supportare la continua crescita di Winebow e fornire liquidità agli azionisti”, si legge sul sito del fondo di investimento di Dallas.
Focus - Le cantine italiane di The Winebow Group
Le griffe italiane, importate da The Winebow group, sono Altesino, Argiolas, Bera, Bisceglia, Botromagno, Castellare, Castello di Bossi, Castello di Neive, Castelluccio, Ceretto, Di Majo Norante, Falesco, Fattoria Resta, Fattoria Le Pupille, Fazi Battaglia, Fino Gianfranco, Galardi, Giuseppe Cortese, Kris, La Carraia, Le Pupille, Leone de Castris, Librandi, Livernano, Maculan, Mastroberardino, Monastero, Montevetrano, Monti, Monchiero Carbone, Morgante, Palladio, Poggio Scalette, Pratesi, Princic, Roberto Voerzio, San Polo, San Quirico, Sansonina, Stella, Sut, Tasca d’Almerita, Tenuta di Fessina, Tenuta La Marchesa, Tenimenti Luigi D’Alessandro, Tiefenbrunner, Tramin, Tua Rita, Valdipiatta, Valle Reale, Villa Remotti, Zardetto, Zèfiro, Zenato.
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