Forzare la mano alla natura, in campo o in laboratorio, per salvare il futuro della viticultura, non è un peccato. E neanche una novità, visto che la ricerca, in questo senso, è iniziata tanti anni fa, arrivando a risultati considerevoli, cloni resistenti alle malattie della vite e alle irregolarità climatiche con cui la vite, come l’uomo, è costretta a fare i conti. A volte, come ci continuano ad insegnare le sempre più frequenti gelate primaverili, senza riuscire ad adattarsi, e perendo. Questi cloni, però, spesso e volentieri restano confinati in parcelle sperimentali, mettendosi solo di rado alla prova del mercato. Come accaduto, almeno sin qui, tra i tanti, al “Merlese”, frutto di un matrimonio tra due genitori importanti - il Sangiovese e il Merlot - brevettato nel 1983 dall’Università di Bologna.
Una varietà nata anche grazie alla lunga collaborazione dell’Ateneo bolognese con la griffe del vino emiliano Umberto Cesari, che più di ogni altra azienda enoica ha puntato sul Merlese, più tollerante agli stress ambientali rispetto ai genitori (sopporta meglio di Merlot la siccità e resiste meglio di Sangiovese alle piogge tardive), che è stata abbinata a pratiche agronomiche innovative e sostenibili, nell’intento di ottenere quella resilienza che sta diventando condizione necessaria per la viticoltura di oggi. Il risultato di anni di sperimentazioni sono diversi ettari di Merlese, non certo una parcella, da cui è nato il primo vino 100% Merlese: “Solo”.
“Questa è la nostra risposta alla domanda di vitigni resistenti, capaci di adattarsi al clima che cambia e alle sfide del futuro. Ne abbiamo piantati diversi ettari, ed altri ne pianteremo, perché ci crediamo fortemente”, racconta, a WineNews, Gianmaria Cesari, alla guida dell’azienda fondata dal padre Umberto. “Siamo felici di essere i primi ad aver imbottigliato Merlese, una cosa che non aveva mai fatto nessuno. Il nostro è un progetto commerciale, è questo che lo rende rilevante, perché gli esperimenti di laboratorio, senza il confronto con il mercato, rimangono dei bellissimi esperimenti. Credo invece che averlo piantato, vinificato, imbottigliato e adesso presentato, sia la cifra di quanto crediamo a questo vitigno: tantissimo. Il mercato è il giudice ultimo, ma a livello gustativo è davvero molto interessante, perché ha il meglio dei due genitori: l’eleganza e la raffinatezza del Sangiovese e il bouquet del Merlot. È un’uva resiliente, quella che ha risposto meglio alle tragedie climatiche degli ultimi anni: primavere siccitose, estati ventose, bombe d’acqua. È un’uva di grande forza, nel bicchiere e a livello agronomico, destinata a diventare molto interessante negli anni a venire”, conclude Gianmaria Cesari.
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