
Un tesoro dentro ad un tesoro, ma anche una storia dentro la Storia, quella con la “S” maiuscola. Dai muretti a secco della Valpolicella, che qui come altrove hanno segnato e reso unico, da secoli, il profilo paesaggistico e vitivinicolo del Belpaese, tanto da meritare il riconoscimento a patrimonio Unesco, spunta un’antica stele di epoca Romana che, in barba al territorio in cui è stata nascosta per anni, indicava, probabilmente, una sorgente. Un ritrovamento archeologico di assoluto rilievo, in una zona dove della presenza Romana è rimasto ben poco, del tutto casuale, avvenuto durante una lezione pratica del corso di recupero delle murature in pietra a secco in Valpolicella, organizzato dall’Istituto Salesiano San Zeno - Scuola del marmo di Sant’Ambrogio della Valpolicella, sostenuto da Cantina Valpolicella Negrar - La Scuola nel Vigneto: il frammento di epigrafe, che porta incisa la parola “Aqua”, si trovava tra le pietre che componevano un tratto di muro a secco crollato.
Come spiega l’architetto Michele Moserle, coordinatore e docente del corso, “dopo le analisi preliminari dell’Università di Verona e della Soprintendenza, dal tipo di iscrizione possiamo presumere che la stele servisse a indicare un luogo in cui si trovava dell’acqua, oppure che potesse indicare la proprietà della sorgente, lo sapremo meglio dopo che gli studiosi l’avranno analizzata”. “I muretti a secco della Valpolicella sono secolari e, a saperli leggere, rivelano la storia di un territorio e della sua gente. Un tempo si riutilizzava tutto e dunque anche la preziosa stele romana è servita a comporre un pezzo di muretto a secco”, aggiunge Anna Trevisani, dell’Istituto Salesiano San Zeno e docente del corso. Che rivela come il recente riconoscimento a patrimonio immateriale dell’umanità Unesco dell’arte costruttiva dei muretti a secco abbia acceso l’interesse non solo di agricoltori e appassionati, ma anche di giovani edili, che vogliono in questo modo aumentare la loro professionalità.
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