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Dalla Mosella (Germania) a Marlborough (Nuova Zelanda), passando per Svizzera, Inghilterra e Champagne: ecco i terroir top dei climi freddi, protagonisti dell’“International Cool Climate Wine Symposium”, in Inghilterra dal 26 al 28 maggio

Se la viticoltura, così come la conosciamo oggi, è destinata a reinventarsi, per adattarsi ai cambiamenti climatici che fanno registrare aumenti medi delle temperature praticamente ovunque, puntare su vitigni diversi, adeguandosi a stagioni più calde, potrebbe non bastare. E allora, può tornare utile rivolgere lo sguardo a quei terroir che oggi rappresentano la punta di diamante della produzione enoica nei climi più rigidi, messi in fila, in base alle temperature medie registrate tra aprile e settembre nell’emisfero Nord e tra ottobre ed aprile nell’emisfero Sud, dal magazine Uk “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com), a poche settimane dal’“International Cool Climate Wine Symposium” (www.iccws2016.com), di scena a Brighton, in Inghilterra, dal 26 al 28 maggio.

Si parte, un po’ a sorpresa, dai 23.200 ettari vitati di Marlborough, in Nuova Zelanda, dove le temperature medie sono di 15,4 gradi, e si coltivano principalmente Sauvignon Blanc (77%), Pinot Nero (11%) e Chardonnay (5%). Fa un po’ più freddo nella Valle del Reno (con una media di 15,2 gradi ed elevati rischi di gelate), in Germania, una delle zone d’elezione del Riesling, che nei 3.200 ettari del terroir tedesco più conosciuto, la fa da padrone, con il 79% dei filari, seguito dal Pinot Nero (12%). Tra il 50° ed il 49° parallelo si estendono invece i 3.500 ettari della Okanagan Valley, British Columbia, Canada: temperatura media di 15,1 gradi, con l’omonimo lago Okanagan che difende i filari di Merlot, Pinot Grigio, Chardonnay e Pinot Nero dal rischio gelate. Si scende sotto i 15 gradi, a 14,9, ma rimanendo sulle sponde di un lago, solo, nel cuore dell’Europa: è intorno al lago Léman che troviamo una costellazione di microclimi che rappresentano al meglio, con i loro 14.800 ettari, la viticoltura della Svizzera, tra Pinot Nero (29%), Chasselas/Gutedal (26%) e Gamay (9%).

Quindi si torna in Nuova Zelanda, tra i filari di Central Otago, 1.950 ettari a Pinot Nero (77%), Pinot Grigio (12%) e Riesling (4%), ad una temperatura media di 14,8 gradi, non molto diverse dalla Champagne, anche se qui le concentrazioni zuccherine raggiunte dalle uve sono decisamente superiori. Fa leggermente più freddo, 14,7 gradi, a Kremstal, in Austria, tra i 2.400 ettari di Gruner Veltliner (50%), Zweigelt (13%) e Riesling (11%), temperatura media identica a quella che si registra nella più nobile delle regioni fredde, la Champagne che, con i suoi 35.000 ettari a Pinot Nero (38%), Pinot Meunier (32%) e Chardonnay (30%), non ha certo bisogno di presentazioni, anche se il global warming si fa sentire, con un accorciamento del ciclo produttivo da 100 a 96 giorni negli ultimi 20 anni.

Sul podio delle regioni viticole più fredde va la Tasmania, con i suoi 1.800 ettari a Pinot Nero (44%), Chardonnay (23%) e Sauvignon Blanc (12%), ed una media, durante il ciclo produttivo, di 14,4 gradi, preceduta dai 1.500 ettari dell’emergente Inghilterra, a maggioranza Chardonnay (21%) e Pinot Nero (19%), dove le temperature si attestano sui 14,1 gradi, e dall’ancor più fredda valle del Ruwer, in Germania, che include la Mosella: 13,8 gradi di temperatura media, 8.800 ettari, regno del Riesling, che ricopre il 60% delle superfici vitate, seguito da Muller-Thurgau (12%) ed Elbing (6%)

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