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PREOCCUPAZIONE TRE LE AZIENDE

Dazi Usa sul vino Ue: il 13 gennaio si avvicina, ma le istituzioni italiane ed europee tacciono

Mentre nel mondo ci si schiera contro quella che sarebbe una catastrofe anche per gli americani, in Italia i produttori lanciano una petizione on line
DAZI USA, ITALIA, vino, Mondo
Dazi Usa sul vino Ue: il 13 gennaio si avvicina

Manca una settimana esatta al 13 gennaio, giorno in cui si chiuderà la consultazione pubblica lanciata dallo Ustr (United States Trade Representative), che influenzerà la decisione del Dipartimento del Commercio Usa sull’applicare o meno una nuova ondata di dazi, fino al 100%, su praticamente tutti i vini europei. Una minaccia che si è manifestata ormai da quasi un mese, da quando Federvini tra le organizzazioni di categoria, e WineNews tra i media, hanno dato notizia dell’iniziativa dell’amministrazione Trump, e che, come ci hanno testimoniato tanti messaggi e telefonate arrivati da nomi importanti del vino italiano, desta una preoccupazione forte e tangibile, almeno tra le imprese del Belpaese. Da allora, se diversi player della critica internazionale e del commercio enoico in Usa si sono mossi, con prese di posizione, appelli, lettere aperte e petizioni, contro quello che sarebbe un danno importante per tutto il settore negli stessi Stati Uniti, l’Italia, per cui una perdita di mercato negli States sarebbe una catastrofe, così come la stessa Europa enoica, che ha negli Usa un partner imprescindibile, sembrano limitarsi a guardare ed a sperare che i dazi non arrivino.
Non un presa di posizione netta ed ufficiale da parte delle istituzioni, se non qualche dichiarazione estrapolata da altri contesti, ne iniziative che, nel limite del possibile, possano influenzare una decisione cruciale per un settore che, solo in Italia, muove un fatturato complessivo superiore ai 12 milioni di euro alla produzione, e anima il lavoro di migliaia di cantine e viticoltori in tutto il Belpaese. Fa eccezione la petizione lanciata on line, sulla piattaforma Change.org, da un centinaio di vignaioli italiani “capitanati” da Antonio Fino, produttore e docente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che, in pochi giorni, ha messo insieme quasi 3.000 firme, per chiedere alle istituzioni italiane (in particolare il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova e quello degli Affari Esteri Luigi Di Maio, oltre che al presidente della Commissione Agricoltura alla Camara dei Deputati, Filippo Gallinella) ed europee (dal presidente dell’Europarlamento David Sassoli al Commissario Ue all’Agricoltura Janus Wojciechowski, a quello all’Economia Paolo Gentiloni), a “farsi carico del problema che non ha precedenti ed è senza eguali, per pericolosità e conseguenze negative”. Una chiamata alle armi che, speriamo, seppur in modo tardivo, venga raccolta immediatamente e tradotta in azioni diplomatiche, nei limiti del possibile, quanto più efficaci.
Intanto, tra i tanti nomi importanti del settore, da Antonio Galloni con Vinous a Marvin Shanken con Wine Spectator, passando per Jancis Robinson, solo per citarne alcuni, ieri sulle pagine del prestigioso “The New York Times” si è espresso anche Eric Asimov, firma enoica del giornale, che ha sottolineato come “dazi di questa dimensione sarebbero catastrofici anche per gli Americani che lavorano nel settore del beverage e della ristorazione”. Secondo alcune stime riportate dalla stessa Jancis Robinson, gli operatori Usa, da dazi di tale portata, potrebbero perdere ricavi per una cifra come 2 miliardi di dollari, mettendo a rischio oltre 10.000 posti di lavoro. Secondo la Us National Association of Wine Retailers, ancora, dazi del 100% porterebbero ad un rincaro dei prezzi al consumo intorno al 150%, con un danno che, così, sarebbe sicuramente a carico dei produttori europei, ma anche dei consumatori americani. Uno schok per il mercato enoico che, peraltro, è bene ricordarlo, ufficialmente deriva dalla disputa tra Usa e Ue sulla querelle nata tra i due colosso dell’industria degli aerei Boeing e Airbus, e che ha già portato, in ottobre, ad una prima ondata di dazi su tanti prodotti europei, dai formaggi ai liquori italiani ad alcuni vini francesi e non solo. Ma la seconda ondata, come in uno tsunami, potrebbe essere decisamente più devastante.

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