02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)
LEGGE NEL CALICE

Decreto vini “dealcolizzati”: in attesa della Conferenza Stato-Regioni, tra critiche e proposte

Città del Vino: “non si usi vino, ma bevanda ottenuta da uve”. Assodistil: “sull’alcol il decreto non può derogare ad alcuna legge dello Stato”
ASSODISTIL, CITTÀ DEL VINO, CONFCOOPERATIVE, DEALCOLATI, DECRETO, FEDERVINI, MINISTERO DELL'AGRICOLTURA, UIV, VINI DEALCOLIZZATI, Italia
Decreto vini “dealcolizzati”, tra critiche e proposte

Dopo il plauso della maggioranza delle più importanti organizzazioni della filiera del vino, da Federvini ad Unione Italiana Vini - Uiv (come abbiamo riportato qui, con il teso della bozza, ndr), il decreto per produrre i vini “dealcolizzati” in Italia attende il via libera, nella sua versione definitiva, nella prossima Conferenza Stato Regioni, prevista a metà dicembre. E se c’è un accordo di massima, come emerso nelle ore dopo la riunione tra Ministero dell’Agricoltura e filiera, inizia ad arrivare qualche “distinguo”, su alcuni aspetti, dall’etichettatura alla gestione dell’alcol e delle acque derivanti dai processi di produzione. Alla bozza dell’articolo 5 del decreto, che recepisce peraltro il Regolamento Ue in materia, si legge che “nell’etichettatura dei prodotti ottenuti a seguito del processo di dealcolizzazione totale o parziale è riportata la dicitura “dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato” di seguito alla relativa categoria e le altre indicazioni di cui all’articolo 40 del regolamento (Ue) 2019/33. La categoria e il termine “dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato” appaiono in etichetta in un testo omogeneo con caratteri di pari rilievo grafico”.
Eppure, proprio sul nome, se chiamare questo prodotto “vino” o meno, si è concentrato molto del dibattito dei mesi scorsi, con il Ministro Francesco Lollobrigida che, peraltro, non ha mai fatto mistero di non essere d’accordo con la dicitura vino. Eppure, anche se la strada è evidentemente tracciata, a tornare sul tema sono anche le Città del Vino: “in etichetta non si faccia riferimento alla parola “vino”, ma si introduca la dicitura “bevanda ottenuta da uve” potendo specificare se monovitigno o meno, come può essere indicato per i vini Dop e Igp”. Questa, in sintesi la proposta di Città del Vino sul vino dealcolizzato. “una richiesta di difficile accoglimento, considerato che per l’Europa è già prevista la dicitura “vino”, ma quanto mai opportuna a tutela delle aziende e dei consumatori”, ammette l’Associazione. “Prendiamo atto delle novità introdotte dal decreto del Ministero dell’Agricoltura che regola la produzione dei cosiddetti “vini dealcolati” - sottolinea il presidente Città del Vino, Angelo Radica - ma vogliamo proporre alcune riflessioni per eventuali modifiche che possano in futuro migliorare la normativa che ne scaturirà. Intanto va sottolineato in modo positivo il fatto che il decreto consentirà anche ai produttori italiani di produrre vini dealcolati, praticando la dealcolizzazione parziale o totale, considerato che all’estero la pratica è già consentita. Questo - aggiunge Radica - permetterà ai produttori italiani di competere alla pari con quelli degli altri Paesi, ad esempio per la diffusione di certi prodotti in nuovi mercati dove abitualmente non è praticato il consumo di alcol anche per motivi religiosi”. Inoltre, secondo Città del Vino, che ritiene “che il decreto sia una equilibrata mediazione per rispondere alle nuove esigenze di mercato, mantenendo al contempo l’eccellenza e la tradizione dei vini italiani grazie al divieto di dealcolazione per i vini Dop e Igp, al fine di preservarne l’autenticità”, in etichetta “dovrebbe comunque sempre essere indicata la provenienza territoriale del prodotto dealcolizzato, per non perdere il legame con il territorio. E proponiamo di scrivere la dicitura “bevanda ottenuta da uve” anziché vino”.
In ogni caso, l’iter va avanti, ed il decreto piace anche alla Cooperazione, che produce oltre la metà di tutto il vino italiano in volume. “Apprezziamo l’impegno del Ministro Francesco Lollobrigida così come il lavoro svolto dagli uffici ministeriali preposti, nel voler arrivare alla definizione del decreto che regolamenta la produzione dei vini dealcolati anche in Italia, già entro la fine del 2024. Un segmento di mercato ancora di nicchia, ma che sta vivendo, nel nostro Paese così come nel resto del mondo, un trend di crescita rilevante”, commentano Agci Agrital, Confcooperative FedagriPesca e Legacoop Agroalimentare, componenti l’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.
“È importante - continuano le centrali cooperative - offrire al sistema vino nazionale parità di condizioni operative che consentano anche alle nostre cantine di esplorare nuove opportunità e di poter essere competitive anche in questo nuovo segmento di mercato, al pari di altri Paesi competitor europei. Con il decreto sui vini dealcolati, si gettano le basi per esplorare nuovi ambiti commerciali in cui, ci auguriamo, anche le cantine cooperative e le distillerie italiane potranno essere protagoniste, con ricadute positive sui soci viticoltori e su tutto il comparto in generale”, spiega la cooperazione.
Resta, però, il nodo alcol, come ha sottolineato nelle scorse ore Assodistil, che pur plaudendo al testo e al lavoro del Ministero, torna a sottolineare come, “tuttavia, vi sono alcuni aspetti sui quali non è possibile derogare, primo tra tutti quello del corretto inquadramento fiscale cui sottoporre le miscele idroalcoliche ottenute dal processo di dealcolizzazione, nel rispetto del Testo Unico Accise, al quale chiunque produca alcole etilico deve conseguentemente attenersi”, ha detto Antonio Emaldi, presidente della maggior associazione di distillatori italiani, durante l’incontro avvenuto al Ministero. Assodistil, riporta l’agenzia AskaNews, ha nuovamente sottolineato che un decreto “non può derogare ad alcuna legge dello Stato, in particolare se prevede che ogni produzione di soluzioni alcoliche con grado superiore a 1,2% sia effettuata esclusivamente in regime di deposito fiscale di alcole, preventivamente autorizzato dall’Autorità competente: l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”. Solo così, secondo l’associazione, “si potrà legittimamente produrre e commercializzare l’alcole ottenuto, prevendendone magari l’impiego esclusivo per usi energetici o industriali così da evitare turbative nei mercati alimentari, seguendo la stessa ratio che il legislatore comunitario ha voluto imporre per la distillazione di crisi del vino”. Per AssoDistil, anche il proposto inquadramento del liquido idroalcolico tra i cosiddetti “prodotti intermedi”, “risulta impreciso, poiché la vigente normativa individua tra questi solo il vino, il Vermouth ed i sidri di frutta, che nulla hanno a che fare con l’alcole etilico ottenuto dal processo. Né varrebbe - precisa l’associazione dei distillatori - ad evitare l’imposizione di accisa, la previsione di trattare il liquido idroalcolico come rifiuto, invece che come alcol, con il risultato che causerebbe solo oneri in capo al produttore di vino dealcolizzato, che si troverebbe a dovere pagare per lo smaltimento anziché ottenere un ricavo dalla vendita dell’alcol legittimamente prodotto, così come avviene negli altri Paesi della Ue dove tale pratica è già operativa”. AssoDistil, rimarca anche che il processo di dealcolizzazione “oggi più utilizzato in Europa è quello a membrane, che prevede l’ottenimento di 10 litri di acqua con un basso titolo alcolico per ogni litro di vino trattato. Secondo le ultime previsioni, il vino dealcolizzato potrebbe conquistare subito una quota di mercato dello 0,5% con una crescita stimata dalla Commissione Ue del 15% all’anno: è per il momento una nicchia di mercato, ma se rapportata alla produzione media di vino in Italia, si tratterrebbe comunque di 22,5 milioni di litri all’anno di vino dealcolizzato e quindi di avviare allo smaltimento 225 milioni di litri di acqua”. Infine AssoDistil ha sollevato il tema del divieto della detenzione di alcole negli stabilimenti enologici e quindi della necessità di “adeguare la normativa perché qualsiasi soggetto possa accedere a tale attività nel pieno rispetto delle leggi”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli