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Dietro ai punteggi di chi giudica i vini, non c’è niente di scientifico, né di coerente. Potremmo riassumere così, in maniera tranchant, le conclusioni di anni ed anni di studi di Robert Hodgson, piccolo vigneron californiano ed esperto di statistica

Italia
Robert Hodgson

Dietro ai punteggi di chi giudica i vini, non c’è praticamente niente di scientifico, e a mala pena di coerente. Potremmo riassumere così, in maniera forse un po’ troppo tranchant, le conclusioni di anni ed anni di studi di Robert Hodgson, piccolo vigneron californiano, oceanografo in pensione ed esperto di statistica, che per anni ha portato i suoi vini in giro per i concorsi enoici del Paese, notando come, alla base dei giudizi, non ci sia quasi alcuna coerenza, ed un vino stroncato da un giudice magari viene osannato da un altro, dando così risultati sorprendentemente inconsistenti.
Nei decenni, come racconta il quotidiano britannico “The Guardian” (www.theguardian.com), Hodgson si è incuriosito sempre di più all’argomento, perché giudicare un vino è un’attività per sua natura soggettiva, ma i premi sembravano distribuiti più che altro in modo casuale. Così, attingendo al suo background di statistica, nel 2005 ha proposto agli organizzatori della California State Fair wine competition, il concorso più antico del Nord America, di fare un esperimento nei giorni delle sessioni annuali di degustazione del concorso. Ad ogni panel di quattro giudici sono stati portati, come sempre, gli assaggi di vino, rigorosamente alla cieca, ma qualche etichetta è stata riproposta anche tre volte nel corso della degustazione, proprio per capire la scientificità dell’assaggio. Le conclusioni di Hodgson, dopo l’ultimo esperimento di qualche mese fa, hanno stupito l’intero settore del vino: anche i più allenati dei palati professionali possono rivelarsi pessimi giudici.
“I risultati sono inquietanti - dice Hodgson - solo il 10% dei giudici si è dimostrato coerente con i propri giudizi, e quei giudici che sono stati coerenti un anno, si sono poi rivelati incoerenti l’anno successivo”.
I risultati dei primi 4 anni di esperimenti, pubblicati sul “Journal of Wine Economics”, hanno dimostrato che i punteggi di un giudice, mediamente, variavano di 4 punti nel corso di tre degustazioni alla cieca: un vino considerato come un buon 90, potrebbe essere classificato come un accettabile 86 dallo stesso giudice solo pochi minuti più tardi, o come un eccellente 94. Alcuni dei giudici, ovviamente, sono migliori di altri, ma nel complesso una variazione del genere può compromettere in maniera importante le fortune di un vino ad un concorso, ecco perché, alla fine, è la casualità a vincere.
Lo studio di Hodgson, che riconosce comunque, “la grande capacità di tanti professionisti, quasi impossibile da replicare su centinaia di vini assaggiati in un solo giorno”, ha scatenato diverse polemiche, qualcuna particolarmente risentita, ma non è certo il primo studio arrivato a confutare la scientificità della degustazione enoica, influenzata da una gran quantità di variabili, e troppo soggetta, per sua stessa natura, al gusto personale.

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