Oggi il “preConsiglio” dei Ministri, per definire gli ultimi dettagli. Domani potrebbe arrivare il via libera ufficiale nel Consiglio dei Ministri vero e proprio: il decreto “Campo Libero”, annunciato dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, sta per vedere la luce. E da una bozza piuttosto aggiornata che WineNews ha potuto leggere in anteprima, ci sono anche tante novità per il mondo del vino, in attesa del “testo unico” che rivedrà in maniera organica la disciplina di Bacco.
E se non sono poche le note positive di “Campo Libero” (anche in materia ambientale) per la vitivinicoltura del Belpaese (si va da un piano di controlli coordinato alla dematerializzazione del registro dei prodotti vinicoli, alla cancellazione della diffida per infrazioni minori, per fare degli esempi), c’è una norma che, se confermata, farà discutere.
Ovvero l’introduzione della possibilità, per i Consorzi, di richiedere l’obbligo di utilizzo di fascette e contrassegni di Stato anche per i vini a Igt (in media sui 13-14 milioni di ettolitri all’anno, oltre il 25% del vino prodotto in Italia, ndr), che, secondo molti, mal si sposa con l’obiettivo semplificazione del decreto stesso, e che va a modificare il comma 4 dell’articolo 19 della Legge n. 61 del 2010, la “legge quadro” ad ora in vigore nel mondo del vino.
“Una norma che proprio non ci piace - spiega a WineNews Rolando Chiossi, vice presidente del colosso Gruppo Italiano Vini (Giv) - prima di tutto perchè in sede di discussione sul “testo unico”, con le varie organizzazioni di filiera, esclusa Coldiretti che non ha mai voluto partecipare, non avendo trovato un punto di incontro, era stato deciso di ripensarci più avanti, e invece qualcuno ha fatto rientrare la cosa dalla finestra in quest’altro decreto. Inoltre, complica la burocrazia e la gestione delle aziende, senza contare i costi: noi imbottigliamo sui 100 milioni di bottiglie di vini Igt, facendo due conti è un costo ulteriore di 2-3 milioni di euro. Senza contare - aggiunge Chiossi - che potrebbe creare confusione nel consumatore, che vede tutto con la fascetta, dai vini Igt, che non dimentichiamo che fino a qualche anno fa erano vini da tavola, ai Doc e Docg. E, aggiungo, il sistema dei controlli sui vini Igt, che è in vigore da poco più di un anno, deve essere ancora valutato nella sua efficacia. Affrettare così le cose su questa materia è una cosa incomprensibile”.
“Sono contrario per vari motivi - gli fa eco Sandro Boscaini, alla guida della griffe veneta Masi, e presidente in pectore (salvo sorprese) di Federvini - in primis perchè usare la fascetta dappertutto è come non usarla, banalizza una garanzia che era appannaggio delle Docg. Già l’abbiamo messa in forma non obbligatoria su certe Doc, facendo una prima “volgarizzazione” di questo strumento. Se ora la mettiamo anche sulle l’Igt nessuno ci farà più caso, e banalizzeremo uno strumento che si è dimostrato anche positivo, e che ha 50 anni di storia. E poi questo renderebbe ancor più burocratico, complicato e farraginoso il sistema dell’imbottigliamento e della messa in commercio di una massa enorme di vino che è l’Igt, che è un prodotto di largo consumo e produzione, ed è una possibilità fantastica che ha l’Italia, ma sul quale si deve lasciare un po’ più libero l’operatore serio, sempre chiaramente nel rispetto delle regole”.
Diversa la posizione di Federdoc, l’organizzazione che rappresenta oltre l’80% dei Consorzi di tutela del vino italiano: “tengo a precisare che la proposta non arriva da noi - sottolinea il presidente Riccardo Ricci Curbastro, che è anche produttore con l’omonima firma del Franciacorta - e che innanzitutto si parla di possibilità e non di obbligo. E dal momento che i consorzi sono espressione dei produttori e del territorio, è una scelta che può essere fatta o meno, come è già successo, in alcuni casi, per i vini Doc. E poi la fascetta di per sé non certifica la qualità o la bontà di un vino, ma il rispetto delle regole di un disciplinare, e quindi non vediamo perché non si può pensare ad utilizzarla per i vini ad Indicazione Geografica. Ci sono produttori, per esempio, che ci hanno manifestato di gradire la cosa. Magari trovando, come per altro prevede il decreto, il modo di far costare di meno, in generale, tutte le fascette”.
Ma se questo è un elemento su cui, evidentemente, si discuterà molto in fase di conversione del decreto, non mancano, come detto, aspetti decisamente positivi e ampiamente graditi, per il mondo del vino e non solo: si va dal coordinamento degli organi di vigilanza sul fronte dei controlli ispettivi, con tanto di istituzione di un registro unico presso il Ministero delle Politiche Agricole, per evitare il più possibile sovrapposizioni e duplicazioni di documentazione che le aziende devono produrre, alla dematerializzazione dei registri dei prodotti vinicoli, che saranno realizzati nel Sian (Sistema Informativo Agricolo Nazionale), e con ulteriori agevolazioni previste per le aziende vitivinicole che producono meno di 1.000 ettolitri di vino all’anno prevalentemente con uve proprie, per esempio. Ma vengono semplificate di molto anche le norme sulla detenzione di prodotti igienici nelle cantine, e in parte il sistema sanzionatorio, che vede di fatto sparire lo strumento della diffida (e tutta la trafila burocratica che ne consegue) per le infrazioni minore, ovvero quelle per cui la sanzione amministrativa minima edittale è inferiore ai 500 euro.
E ancora, non mancano misure che potrebbero rivelarsi determinanti per lo sviluppo del settore e dell’agricoltura tutta, sul fronte della competitività, come la possibilità di utilizzare credito di imposta in misura del 40% (e, comunque, non superiore ai 50.000 euro) per la realizzazione di infrastrutture internet e di e-commerce, e (in misura non superiore ai 400.000 euro) per la costruzione di reti di impresa in grado di investire in ricerca, nuovi prodotti e così via.
E importanti sono anche i provvedimenti per incentivare l’occupazione giovanile, con incentivi per chi assume persone tra i 18 ed i 35 anni (a tempo indeterminato o determinato con contratti non inferiori ai tre anni), grazie ad un fondo del Ministero delle Politiche Agricole che avrà una dotazione di 1 milione di euro nel 2014, che crescerà di altri 25 milioni di euro nel 2015, e di ulteriori 9 nel 2016. Senza contare le misure per i giovani imprenditori (fino a 40 anni), con mutui agevolati a tasso zero e fino al 75% della spesa complessiva per una durata massima di 10 anni. Il tutto, chiaramente, se la bozza sarà confermata, senza stravolgimenti, in fase di revisione in Consiglio dei Ministri.
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