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Dopo i record individuali nelle esportazioni enoiche di Italia, Francia e Spagna, nel 2015 è arrivato anche quello dell’Ue: 9,8 miliardi di euro (+8,9% sul 2014) per 21,9 milioni di ettolitri (3%). Così il Comité Européen des Entreprises Vins (Ceev)

Era facile immaginare che nel 2015, visti i record nelle esportazioni assolute dei tre più importanti Paesi produttori, Italia (5,4 miliardi di euro, +6% sul 2014), Francia (7,9 miliardi, +6,7%) e Spagna (2,62 miliardi di euro, +7,5%), anche l’Ue nell’aggregato toccasse il suo massimo storico nelle spedizioni di vino fuori dai propri confini. A certificarlo è stata il Ceev (Comité Européen des Entreprises Vins, www.ceev.eu) che mette insieme oltre 7.000 imprese di 23 Paesi europei che pesano per oltre il 90% dell’export di vino comunitario, secondo cui nel 2015 sono andati fuori dall’Unione 21,9 milioni di ettolitri di vino (+3% sul 2014) per un valore di 9,8 miliardi di euro (+8,9%), “con l’Ue che si conferma il più importante esportatore di vino nel mondo, e torna a crescere dopo tre anni di sostanziale stabilità - ha detto il presidente Ceev Jean-Marie Barillère - con un record assoluto nell’export, che visto lo strutturale calo dei consumi interni rimane elemento chiave per la sostenibilità a lungo termine del settore del vino in Ue”.
Nel complesso, sottolinea il Ceev, il 96% dell’export europeo è fatto da vino imbottigliato, con i vini a Denominazione di Origine che rappresentano il 67% a volume ed il 90% in valore. Con lo sfuso ormai relegato ad un ruolo marginale: è solo il 3% in valore, nonostante pesi per il 17% in quantità, con un prezzo medio di 0,85 euro al litro.
Il mercato più importante in assoluto per il vino europeo rimane quello degli Stati Uniti, che vale da solo oltre un terzo (il 32%) del totale, con 3,157 miliardi di dollari, ed è cresciuto del 18% in valore sul 2015. Ed è anche quello dove finisce il vino europeo di maggior valore, visto che il prezzo al litro del vino che finisce negli States è di 5,61 euro, su una media di 4,47 euro, e questo anche grazie alla sostanziale parità raggiunta tra Euro e Dollaro, dopo anni in cui la valuta Ue è stata nettamente superiore a quella americana. Anche se il mercato Extra Ue che è cresciuto di più è stato quello della Cina, +26% in valore e +29%, a quota 819 milioni di euro (l’8,3% del totale). Per oltre la metà realizzati dalla sola Francia, che pesa per 556 milioni di euro, sui 113 della Spagna, gli 89 dell’Italia, i 22 della Germania ed i 14 del Portogallo, i primi cinque esportatori Ue. Un Paese, la Cina, che sul fronte del prezzo presenta criticità e curiosità: il valore medio di un litro di vino europeo che arriva oltre la “Grande Muraglia” è di 2,88 euro, ma il Paese che ha la performance migliore, in questo caso, è la Germania con 4,22 euro al litro, davanti a Francia (3,39 euro), Italia (3,31 euro), Portogallo (2,17 euro) e Spagna (1,48 euro).
Cina che è il partner numero tre del vino europeo, perchè prima viene la vicina Svizzera, con 8,93 milioni di euro (9,1% del totale), e poi a seguire Canada con 780 milioni di euro (7,9%), Giappone con 757 (7,7%) ed Hong Kong con 671 (6,8%), mentre tutto il resto del mondo, in aggregato, vale 2,7 miliardi di euro (il 28% del totale).
Numeri importanti, nel complesso, per consolidare i quali però il Ceev chiede più impegno alla politica europea sul fronte dei trattati internazionali: “la Commissione Europea deve chiudere al più presto in negoziati con Usa e Giappone e avviarli quanto prima con la Cina. Inoltre, c’è il caso del Canada che è particolarmente “doloroso”, visto che l’accordo commerciale si è chiuso nel 2013, ma ancora non è stato ratificato”, ha sottolineato il segretario generale Ceev, Ignacio Sánchez Recarte.
Che ha aggiunto: “stiamo facendo grandi cose ma, in un contesto di estrema competizione a livello mondiale, sarà difficile mantenere questi livelli di export, perchè oggi i nostri competitor si stanno muovendo più velocemente della diplomazia europea”.
Un messaggio che guarda soprattutto alle prospettive di crescita che ci sono in Asia. “Ma per coglierle - ha concluso il presidente Jean-Marie Barillère - l’Ue deve essere più intraprendente per ottenere condizioni di accesso a quei mercati almeno equivalenti a quelle dei nostri competitor, che sono molto attivi in questo senso”. Il riferimento implicito, guardando alla Cina in particolare, è agli accordi vantaggiosi strappati a Pechino da Cile e Australia, che in uno dei mercati più importanti del futuro stanno crescendo a ritmi vertiginosi.

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