Dopo l’investimento del gruppo Lvmh, che nei giorni scorsi ha concluso l’acquisto di Clos des Lambrays (http://www.winenews.it/news/34822/dopo-lapertura-di-credito-al-vino-italiano-con-boroli-il-colosso-del-lusso-lvmh-aggiunge-un-altro-asso-di-prestigio-al-suo-portafogli-vino-clos-des-lambrays-tra-i-pi-antichi-grand-cru-del-territorio-pi-prestigioso-al-mondo-la-borgogna), uno dei grand cru più grandi e importanti della Regione, in Borgogna è allarme speculazione. Che non fosse un acquisto come qualsiasi altro si era capito subito, perché da queste parti un ettaro di vigna costa circa 3,8 milioni di euro ad ettaro, e il timore dei vigneron del territorio, è che nel giro di qualche anno i grandi gruppi imprenditoriali decidano di investire proprio in Borgogna, mettendo fine ad una storia secolare di famiglie di vignaioli, “annacquando”, è proprio il caso di dirlo, il concetto stesso di Borgogna, una terra di grandi vini, più da bere che su cui speculare.
Il rischio, infatti, è che si allarghi ulteriormente la forbice tra il valore delle terre e la loro reale produttività, già oggi decisamente ampia, sull’onda di quanto sta succedendo nelle aste internazionali, dove in un solo anno, il 2013, i vini di Domaine de la Romanée-Conti hanno raccolto la cifra monstre di 7,2 milioni di dollari. Senza dimenticare che anche in Borgogna, come del resto in tanti territori del vino del Belpaese, esiste un problema importante di ricambio generazionale alla guida delle aziende, acuito, in Francia, dalle tasse di successione, talmente alte da spingere molti alla vendita, anche ai grandi gruppi internazionali ...
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