In Gran Bretagna le imposte sugli alcolici pesano come in nessun altro Paese d’Europa: per una bottiglia di un qualsiasi superalcolico, mediamente, il 79% del costo va a finire in tasse, percentuale che scende al 57% quando si parla di vino. Colpa di una legge introdotta dal Governo Brown nel 2008, per cui la pressione fiscale sulle bevande alcoliche subisce scatti annuali del 2% al netto dell’inflazione, una “scala mobile” che porterà le imposte, nel 2014, all’80 ed al 60%. Una escalation che molti deputati combattono da anni, ritenendo che si tratti di un “regime punitivo”, visto che nel 2012 il settore ha pagato, complessivamente, qualcosa come 14,5 miliardi di sterline di tasse. Adesso, però, il movimento che appoggia la campagna “Call Time on Duty”, promossa dalla The Wine and Spirit Trade Association, conta sull’appoggio esplicito di decine di parlamentari, sulla scia dei successi ottenuti dalla “Tax Payers’ Alliance”, che riuscì ad ottenere l’abolizione della”scala mobile” per la birra ed i carburanti.
Il blocco degli aumenti automatici delle tasse per il settore, come spiega la ricerca indipendente di Ernst & Young, consentirebbe alle aziende di tornare ad investire e crescere, aprendo le porte a nuovi lavoratori (circa 6.000) e facendo crescere le entrate fiscali di almeno 230 milioni di sterline. Insomma, come ha spiegato bene l’amministratore delegato della “Tax Payers’ Alliance, rivolgendosi al Cancelliere inglese, “la scala mobile, per sua stessa natura, è un regime fiscale vessatorio che colpisce soprattutto i più poveri, e gli effetti di un suo superamento si sono viti con la birra, che ha ripreso a vendere creando vantaggi sia per il settore che per le casse dello Stato. Senza considerare che quando un bene non è più conveniente sui mercati ufficiali, si ricorre al mercato nero, e questo vuol dire minori introiti per le casse pubbliche, e maggiori pericoli per la salute”.
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